12 giugno 2011

Lingua loro (20): Ossimoro

Ossimoro, scrivono Nocentini e Parenti nel loro Etimologico (Milano, 2010), è "un prestito moderno dal greco antico" ed è un nome fatto a partire da un aggettivo "comp[osto] dei due agg[ettivi] di sign[ificato] opposto oxýs nel sign[ificato] di 'acuto, penetrante' e mōrós 'stolto, sprovveduto', assunto come campione di una figura retorica formata da due significati contrastanti". Ne è celebre esempio l'apostrofe che Alfred Hitchcock pare rivolgesse a una delle sue attrici giustamente preferite: hot ice Grace.
"Mercato e ossimori" si legge oggi nell'occhiello dell'articolo di spalla, sulla prima pagina di un quotidiano economico. E Apollonio pensa che nelle piazze finanziarie, per la gioia di sfaccendati poeti e perversi amatori della lingua, si sia cominciato a fare negotium di un otium e si sia così cominciato, per lucida follia, a quotare, a vendere e a comprare concordia discors, eloquente silenzio, sprezzante simpatia e simili differenze.
Invece, legge nel testo: "Le richieste della Commissione europea hanno appena imposto all'Italia, come priorità, oltre al taglio del debito pubblico, il ritorno alla crescita economica. Ma tagli al debito e stimoli per la crescita, insieme, appaiono in verità un ossimoro, nella cui tenaglia si dibatte non solo l'Italia, ma molti paesi dell'Ocse". Insomma, un passo che avrebbe un dì potuto suonare pacificamente come "...tagli al debito e stimoli per la crescita... appaiono in verità misure contraddittorie [o in contraddizione, contrastanti, in conflitto]". E qui la parafrasi di Apollonio si ferma, perché la figura che segue nel passo, la "tenaglia" dell'ossimoro in cui si dibatterebbe l'Italia, l'ha gettato nel buio sconforto di un'illuminante ilarità e, di conseguenza, l'ha fatto scoppiare, come sempre, in una risata dolceamara, sommessamente omerica.
Per carità, come sempre nella lingua, niente di grave o di cui menare scandalo: ossimoro pare stia diventando una metafora, una di quelle che, alla prosa di chi se ne serve, dà un tono di raffinatezza. Si sa, però, come le metafore siano delicate e pronte a usurarsi: il caso di tenaglia è illuminante. E si sa (e qui se ne è detto qualche mese fa) cosa sia accaduto, e da tempo, proprio a metafora. C'è da temere allora che, senza che nulla lo lasciasse prevedere, sulla via della salvifica perdizione e dell'onorevole degrado, il povero ossimoro sia già stato indirizzato a farle compagnia.
Ossimoro corre insomma il rischio di smettere d'essere un ossimoro e anche nel suo caso, come dappertutto e a dispetto dell'etimologia, pare sia prevedibile che l'acutezza arretri e, inarrestabile, prevalga il cretino.

2 commenti:

  1. Sesto Sereno14/6/11 14:58

    Va bene, non c'è niente di cui scandalizzarsi: non tutti possono avere dottrina di Apollonio, questo è vero.
    Ma dai contagiosi professionisti della comunicazione, io umile, se pur sereno, lettore, potrei certo pretendere una più leggera ponderatezza nell'usare il vocabolario, senza scambiarlo per un trampolino da cui lanciarsi in sconsiderati tuffi linguistici di elevata difficoltà.

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  2. Come fenomeno sociale, amabile lettore, la lingua va dove la portano gli sciocchi: e ci sarebbe da stupirsi se, sola tra tutti gli altri fenomeni comparabili, essa andasse altrove. E se ne impipa della dottrina di chicchessia (della quale, quanto ad Apollonio, fortunoso autodidatta, gli creda, non è proprio il caso si parli). Come mai, allora, la lingua non diventa mai soltanto ricetto dell'umana stupidità? Come mai a chi l'ama e le si accosta modesto offre la vista del sopraffino acume della sua architettura, solida e al tempo stesso impalpabile? Come mai è instancabilmente pronta a concedersi commerci con qualsiasi losco figuro o conclamato imbecille e a rinascere subito dopo splendente come non fosse mai stata toccata da interessi meschini o dalla idiozia? Ecco alcune faccette del suo meraviglioso mistero e alcune ragioni per le quali vale la pena, ritiene Apollonio, di dedicarle il proprio tempo, i propri pensieri. Capiterà di parlarne di nuovo.

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