4 giugno 2012

A frusto a frusto (22)




Il volgare del (e val la pena di dire l'italiano?) è lingua viva perché è lingua della vita, cioè del lusso e dell'obbligo dell'umana nobiltà.

4 commenti:

  1. Mauro Lena8/6/12 21:22

    Noto un po' stupito che da tempo mancano i commenti. E i lettori? Io ho fino ad ora commentato solo una volta, ma leggo da tempo e sempre con piacere.

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  2. Grazie della testimonianza, premuroso Lettore. Apollonio si sente di rassicurarLa: non è rimasto il solo. Fa sempre parte d'una sceltissima pattuglia, è vero. Se segue il blog da tempo, ricorderà: sul principio, le speranze di Apollonio si attestavano sul limite del due. Poi, visto il successo, si spinsero addirittura su quello del cinque. E i cinque ancora ci sono: forse non son sempre i medesimi ma ci sono. Tacciono. Col silenzio, amano forse la chiarezza. Qual è maggiore di quella del non-detto, del non-scritto? Ma la parola che, talvolta volgare come quella di Apollonio, rompe il silenzio e turba la chiarezza capita pure sia segno di umana compassione (se non di affetto). Perciò, di nuovo, grazie della Sua.

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  3. Raccolgo ogni frustolo, ogni truciolo, li esamino, cerco di sottometterli ad un assetto "mio" e così lo ri-ordino, li ri-penso (non si vorrà mica che abbiano residuo ontologico al di fuori del loro valore correlativo?) e li ri-porto agli scritti dell'alter ego con gratitudine intensa per le direttive di pensiero, di quelle che dirigono solo perchè sono accettate liberamente e sempre nella loro provvisorietà fondante. Quanto all'affetto ed all'ammirazione per la nobiltà, fra maschi meridionali è di rigore restringerli all'implicito.

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  4. Sesto Sereno13/6/12 20:13

    Per essere viva è viva, la lingua. Però, per come suona in certi luoghi, più che il volgare del sì sembra essere diventata la lingua del sì volgare.
    Blak

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