2 agosto 2012

Popper, la lingua e la mente

Esce in versione italiana (e sotto forma di libretto) Three Worlds di Karl Popper, testimonianza divulgativa che alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, per un pubblico americano, il filosofo viennese diede della finezza grossolana e generosa del suo pensiero. Forse più chiaramente d'altre, essa mostra come la riflessione popperiana si attesti proprio sulla soglia della lingua. O, piuttosto, vi si arresti, per mancanza di strumenti di sperimentazione e di comprensione che, senza iattanza, il linguista potrebbe pure dire elementari: si vedano, in proposito, i ripetuti e cruciali appelli argomentativi a un fantasioso "contenuto" o le approssimazioni e i luoghi comuni con cui ci si accosta a più riprese al problema della "traduzione".
Tra i tanti passaggi meritevoli di commento (e talvolta di adesione), Apollonio vuole però attirare l'attenzione dei suoi cinque lettori sul seguente, posto nei pressi dell'esordio: "Per Mondo 3 intendo il mondo dei prodotti della mente umana, come i linguaggi [ovviamente languages, in originale, che in italiano si sarebbe reso forse meglio con lingue], i racconti, le storie e i miti religiosi; o ancora, le congetture e le teorie scientifiche, e le costruzioni matematiche; oppure le canzoni e le sinfonie, i dipinti e le sculture. Ma persino gli aeroplani e gli aeroporti, o altre prodezze ingegneristiche". 
La panoplia è d'effetto e ispira certo molta simpatia per la sua scanzonata serietà, tratto caratteristico del resto della prosa popperiana, che a qualcuno può dare ai nervi, a qualcuno può piacere. 
Nella costituzione del dominio sperimentale relativo al Mondo 3, di cui Popper si proponeva, nel lavoro, di argomentare l'esistenza, essa mette però nel medesimo mucchio ciò che nessuno dubiterebbe siano "prodotti della mente umana" (come gli aeroporti e le sinfonie) e ciò che rende tutto il resto possibile e identifica la mente umana medesima (ammesso che una mente umana esista): le lingue e ciò di cui esse sono storicamente funzione, la lingua. 
In modo falsificabile, chi potrebbe infatti affermare che, della mente umana, la lingua sia un prodotto? Ne è forse la forma, ma nel valore che a forma attribuiva Wilhelm von Humboldt: ciò che alla mente umana (si ribadisce, ammesso che essa esista) dà forma.

2 commenti:

  1. Sesto Sereno3/8/12 08:54

    "en archè en o Lògos"?
    Blak

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  2. A prima lettura di questo frustolo, vien da dire che non pare si possa meglio far giustizia e definitivamente (per così dire, tenendosi nell'area dell'auspicio) del 'popperismo', ormai ridotto ad una fastidiosa sicumera scientista e distogliente (una delle tante secrezioni di questa specie, per la verità), pur con il dovuto rispetto per l'ispiratore. Poi si scorge che vi è ben altro e si è condotti molto oltre i limiti d'un ammissibile commento.

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