24 ottobre 2012

Linguistica da strapazzo (4): Un panino è triste...

e Una padella - come, del resto, una bomba - è intelligente. Una volta o l'altra, in questo blog si verrà sul tratto semantico 'umano' di cui, in linguistica, si fa un uso che Apollonio direbbe, sulla scia d'un tedesco non privo di spirito, troppo umano. Ma qui non di umanità di tratta. Piuttosto di cose e processi, un'articolazione, all'interno della categoria nominale, cui aveva prestato la sua attenzione (per citare uno che forse non ci si aspetterebbe di trovare nominato qui) anche Hugo Schuchardt. Un'articolazione oppositiva che travalica largamente il modo con cui si trova a essere trattata in manuali e opere di riferimento (oltre che in molti saggi specialistici).
Quante volte, durante dimesse pause-pranzo, capita di pensare (o di dire o di sentir dire) Un panino è triste? In questione, ovviamente, non è la tristezza di ciò che si sta mestamente addentando ma dell'evento, del processo di addentarlo. Quindi, del rito del processo di addentarlo: accompagnandolo con la solita bibita, da soli o, sovente peggio, coi colleghi, sopra un banchetto con la prospettiva di un muro. 
"Dai, beviamo un veloce caffè, che c'è da correre in aula": e naturalmente il caffè non si muoverà dalla tazza fin quando qualcuno non se lo verserà sulle papille gustative. Eppure, eccolo qualificato come veloce.
A sentir parlare di significati, a sentir parlare di referenti delle parole, come lo fanno le persone ordinate e perbene, ad Apollonio, lo confessa, vien da pensare alla tristezza del panino, alla velocità del caffè e alla beata intelligenza delle padelle. E, discolo come è, gli scappa da ridere. 

1 commento:

  1. Gentile Apollonio,
    e infatti benissimo lo si vede quando triste lo si dice appunto degli umani. Che capita non siano tristi proprio perché inconsapevoli di quanto siano tristi. O a volte sono tristi, ma soggettivamente chissà di che e spesso non per la consapevolezza di esserlo. Molte grazie.

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