26 dicembre 2012

Note per una fenomenologia del punto esclamativo

Il punto esclamativo ha un'aria da manganello espressivo. Poco da stupirsi, di conseguenza, se esso si sia associato, come emblema, a momenti non troppo fausti dell'espressione pubblica italiana, nell'ultimo secolo, marcati appunto da un uso indegno del manganello. Nell'epoca in questione, del punto esclamativo si fece abuso. 
Come segno d'interpunzione, esso non è del resto mai stato troppo fine: sempre in riferimento alla medesima epoca, non c'è bisogno di ricordare Gadda e il suo Eros e Priapo per intendere come l'area evocativa del punto esclamativo comprendesse anche altro, allora. Di nuovo, con pretesto di un largo impiego, c'è da dire; ma con lecito sospetto, stavolta, di millanteria. Nel campo semantico, evocazioni frequenti, più che come affermazioni positive di valore, si prestano infatti a essere perlomeno interpretate come manifestazioni di insicurezza. 
Forse esemplare in proposito il famigerato "Vincere! E vinceremo!", proferito (c'è da scommetterci) sotto l'influenza della speranza (se non della convinzione) che dall'evocazione all'atto non si sarebbe mai passati; che alla prova non si sarebbe mai arrivati; che, insomma, i semplici punti esclamativi sarebbero stati sufficienti a ingravidare la storia. Si vide poi, tragicamente, che la speranza era stata vana, la convinzione rovinosa e che, a esibire punti esclamativi, si corre il grave rischio che qualcuno voglia poi verificarne tenuta e fondatezza.
Oggi, grazie al Cielo, il clima è molto mutato. E, sotto tutti i rispetti, non c'è che da rallegrarsene. Ciò non significa però che il punto esclamativo non continui a vivere i suoi fasti: rilevante indizio del fatto che in esso si cela forse un tratto dell'incoercibile volgarità umana. Tale tratto coglie poi le occasioni più diverse, per venire alla luce, al di là degli accidenti storici. 
Il punto esclamativo ha infatti occupato spazi nuovi. Anzitutto, molti contesti espressivi privati, oltre ai pubblici soliti (in politica) o rinnovati (nella comunicazione pubblicitaria). Di conseguenza, esso gode forse nella scrittura d'oggi del massimo corso nella sua storia secolare. Per usura sociale del punto fermo, lo si lo adopera sovente e in modo reiterato per marcare una sorta di definitiva perentorietà di quanto si esprime per iscritto. 
Si è giunti al punto che persino la chiusura di una banalissima lettera elettronica vede ricorrere l'un tempo improbabilissimo (anche perché sentito come oltraggioso) "Saluti!". 
L'aria del tempo induce a escludere che, come certo è accaduto un dì, chi usa con larghezza il punto esclamativo abbia un Priapo nell'orizzonte di riferimento della propria identità. Si tratti di donne o di uomini e prescindendo quindi dal genere, sembra piuttosto che tale orizzonte contenga una Petronilla. 
Per coloro che felici ragioni d'età rendono in proposito ignari si dirà che si tratta della protagonista, col marito Arcibaldo, di una vecchia striscia americana, onomasticamente adattata all'Italia e a lungo presente sul Corriere dei Piccoli. La memoria infantile inganna forse Apollonio. Gli pare però di ricordare che proprio a Petronilla (e al suo autoritarismo volto al meglio, vano e volgare) il caustico e preveggente autore della striscia avesse assegnato l'attributo caratterizzante di un matterello. 
Come dire, ancora una volta, di un punto esclamativo. Valuti chi legge, sotto questa nuova fattispecie, quanto ignobile, quanto ridicolo.

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