24 maggio 2012

Monterzuolo. Pardon! Montezemolo

"Non siamo interessati ad alleanze gattopardesche né a fare da paravento a operazioni di finto rinnovamento che siano ispirate alla filosofia del «tutto cambi affinché niente cambi»": è un passaggio della lettera che a un importante quotidiano ha inviato un personaggio pubblico, dal nome tripartito e di antica famiglia piemontese, come chiarimento delle prospettive di una sua eventuale futura presenza nell'agone politico nazionale. 
Come si vede, il passo non lesina i riferimenti al Gattopardo del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Nello spirito di Apollonio ("per una di quelle involontarie associazioni di idee che sono la croce delle nature come la sua"), risuona di conseguenza l'eco di consonanze concettuali. "«Questo stato di cose non durerà; la nostra amministrazione, nuova, agile, moderna cambierà tutto»", pensa in un cruciale snodo del romanzo un personaggio minore ma rilevante, il cui nome scatena per altri versi il sorprendente cortocircuito di un'assonanza onomastica e di una coincidente provenienza geografica.
In calce alla lettera pubblicata dal quotidiano, per un momento, l'intontito Apollonio legge allora la firma, piemontese e tripartita, di quel personaggio romanzesco: "Aimone Chevalley di Monterzuolo". Poi ovviamente si riscuote, torna alla realtà e compita: "Luca Cordero di Montezemolo".
Ad Apollonio è ormai preclusa però la via alla formazione, a proposito della lettera e dei suoi contenuti, di un ragionevole e ponderato giudizio. Nel suo caso, il danno è minimo, del resto. Nel caso dei cinque lettori di questo blog, nullo. Ammesso che di un giudizio del genere su materie tanto rilevanti e delicate Apollonio fosse stato in ogni caso capace, c'è infatti da dubitare che esso avrebbe avuto qualche interesse per loro.
"Diavolo di uno spettro di quel maledetto principe - esplode rabbioso, tuttavia, tra sé e sé -. Anche stavolta sei stato evocato, è vero. Ma con le tue premonizioni financo onomasticamente allusive, con la tua insinuante socioantropologia nazionale precisa fino al dettaglio topologico, insomma con tutte queste apparizioni incongrue, sistematiche e sonnolente, quando la smetterai di avvelenare la mia voglia di assaporare i periodici fasti delle veglie sempre più vigili della felice nazione italiana?"

18 maggio 2012

A frusto a frusto (19)




Sul rapido precipitare della gioventù spira, per ambiguo paradosso, lo zefiro d'eternità che lascia credere perenni gioie e dolori. Ciò spiega il felice perpetuarsi della specie e, con esso, molti altri atti umani irreparabili.

A frusto a frusto (18)



L'ottimista corre sull'orlo del certo e tetro abisso dal fondo del quale il pessimista non alza mai lo sguardo verso l'indefettibile luminosità del cielo.

17 maggio 2012

La santa Valutazione

I modi sono insinuanti. Solo apparentemente cortesi. In realtà spicci e, almeno allusivamente, violenti: "Sei libero, come ben sai, di fare esattamente come ti si dice di fare". 
Son i modi che impone l'attuale fase di putrefazione del Moderno alle contrade del mondo un dì definito appunto libero, per opposizione. C'era ovviamente involontaria ironia in tale definizione e ora che la maschera si fa più trasparente e meglio si intravede il volto, con modi del genere la Valutazione prende, pian piano e farsescamente, il ruolo che, prima del Moderno, fu tragicamente dell'Inquisizione. 
Lo prende ovunque, nella società, ma a questo blog (ed è un suo limite) son più presenti le futili aree del cosiddetto pensiero e dei tentativi della sua condivisione, come scuola e università. Con la Valutazione, vi riappaiono forme nuove, comicamente degradate, dell'Indice. E sul fondamento di liste preparate da istituite congregazioni di dotti (che devono essersi presi molto sul serio: si spera per loro, solo per dovere d'ufficio), si sono fissate quali sono le vie che destinano un'opera dell'ingegno alla gloria del Paradiso, alla penitenza del Purgatorio o alla dannazione dell'Inferno. Tutti criteri "oggettivi", ci mancherebbe. 
Del resto, e per menzionare, come oppositivo paragone con l'attuale grottesco, una vicenda del tragico culmine del Moderno, le vittime delle Purghe staliniane non erano "oggettivamente" complici dei nemici della Rivoluzione? E non si voleva, processandole, che esse medesime se ne rendessero conto e, arrendendosi all'evidenza, l'ammettessero?
L'"oggettività" ha questo di buono. Basta che qualcosa sia fatto passare per "oggettivo" e, di botto e miracolosamente, termina ogni discussione: "Più chiaro di così, cosa vuoi?". Per chi è a corto di idee (e di metodi), ognuno lo capisce, un'autentica benedizione.
Apollonio (ben lo sanno i suoi cinque lettori) è un inguaribile ottimista. Starebbe altrimenti qui a rimestare in pubblico le quattro sciocche parole che gli frullano di continuo per il capo? Pensa di conseguenza che, come l'Inquisizione, anche la santa Valutazione e i suoi Indici prima o poi passeranno. Del resto, tutto passa.
Prima che la Valutazione sarà passata, però, se ne saranno imbastiti, come fu per l'Inquisizione, i conseguenti processi, tutti da celebrare col crisma della menzionata "oggettività". Sottili, sono già partite infatti le relative torture: chi non ne è già stato vittima? 
Apollonio consiglia, come fuga dal dolore, un'implorazione: "Mi si dica subito, vi prego, cosa si vuole io dica. Mi si suggeriscano i modi della mia parola. Guai non fossero quelli giusti e dispiacessero perciò alla globale Stupidità, somma autorità umana del mondo, che chiede con ragione a tutti e anche a me, chiamato a questo giudizio, di esserle adeguatamente conforme e, certo, più conforme di come son stato fin qui capace di esserle, per via di limiti di cui è bene io faccia fin da adesso completa e contrita ammenda, smettendo altresì di condurmi in modi di cui amaramente mi dolgo e mi pento".

A frusto a frusto (17)


Al deficiente, ça va sans dire, manca sempre qualcosa. Da deficiente, la brama. E capita che, come un deficiente, se la prenda.

13 maggio 2012

Lingua nel pallone (4): Gianni Agnelli, Alessandro Del Piero e le antonomasie

Come ognuno sa, Giovanni (detto Gianni) Agnelli fu titolare, in Italia, di un'antonomasia tra le più note e radicate della seconda metà del Novecento. Senza avere ufficialmente il titolo (pare) né aver mai praticato la relativa professione, per tutti egli era l'Avvocato.
C'è dell'ironia, talvolta, anche nelle antonomasie e, sotto l'apparenza di voler magnificare e finendo in ogni caso per farlo, un'antonomasia può nascere in realtà come deminutio. Il nonno di Gianni Agnelli e quel Vittorio Valletta cui, per la morte prematura e tragica del padre Edoardo, era stata frattanto affidata la reggenza della casa (automobilistica) erano stati senatori. A tratti, il primo era stato sfiorato dalla relativa designazione antonomastica.
Quanto a valore sociale, tra le antonomasie il Senatore e l'Avvocato non c'è partita, come s'usa dire adesso. Facile, forse errato, in ogni caso lecito il sospetto che l'antonomasia toccata in sorte a Giovannino (così lo si chiamava da ragazzo, per distinguerlo dal grande nonno, omonimo) avesse in origine più di un retrogusto amarognolo. 
Cosa poi ciascuno sia capace di fare con la propria antonomasia, esattamente come col proprio nome, è tutt'altro affare. E Gianni Agnelli (in vecchiaia sarebbe divenuto anche lui senatore ma evidentemente troppo tardi) fece certo abbastanza per dare qualche lustro alla sua, in origine modesta.
Di antonomasie, di conseguenza, non si può dire che l'Avvocato non fosse un esperto. Non per studi, magari, ma per intima esperienza di vita. 
Si dice poi egli fosse anche un grande intenditore di arte e di calcio. E Apollonio inclina a crederci, per l'inezia di ragioni personali che specificare qui sarebbe ozioso e farebbe sorridere. Certo, ne vide un segno quando seppe, or sono quasi venti anni, che l'Avvocato s'era fatto esplicito promotore di un paragone per parlare delle qualità e dei limiti d'un giovane atleta, Alessandro Del Piero. Questi cominciava allora a farsi luce nella squadra del suo cuore, titolare anch'essa, nell'ambiente, di una nutrita serie di antonomasie, peraltro non tutte elogiative: Madama, la Fidanzata d'Italia, la "Goeba".
Qui si fa ricorso, come si può, alla memoria di interviste apparse in effimere pagine sportive dell'epoca. In esse, Gianni Agnelli mostrava un temperato entusiasmo per il calciatore. Per essere chiaro (senza appunto essere esplicito), per dare distacco alla lode e per addolcire la critica, in Alessandro Del Piero, il cui nome (si osservi) pare echeggiare quello d'un artista del Rinascimento, diceva di vedere non tanto un Raffaello Sanzio (l'Urbinate) del pallone quanto un Pinturicchio.
Il Pinturicchio era l'antonomasia che (valendo, più o meno, come "il Pittorucolo") aveva designato cinque secoli prima Bernardino di Betto, artista perugino. Un altro titolare di antonomasia, Pietro di Cristoforo Vannucci, appunto il Perugino, aveva tenuto a bottega Bernardino, come aveva tenuto Raffaello. E nel campo dell'arte, non solo a giudizio dell'Avvocato, tra Raffaello e Bernardino, per riprendere la formula sopra adoperata, non c'era mai stata partita.
Sul principio, documentatisi frattanto gli straniti cronisti sportivi che avevano raccolto le curiose confidenze, la cosa risultò sufficientemente perspicua. E quando, sulla stampa, il paragone si trasformò, per riciclaggio, in una nuova antonomasia (come certo l'Avvocato aveva prefigurato e anche pregustato), quando Alessandro Del Piero cominciò insomma a essere menzionato, per antonomasia, come (il) Pinturicchio, l'ironia celata nell'apparente apprezzamento non sfuggiva: i gesti atletici di Alessandro Del Piero, per quanto notevoli, non erano degni di un Raffaello e restavano al livello di un Pinturicchio. 
Il tempo ha però oscurato la malizia, complice la grossolanità della comunicazione pubblica cui è ovviamente impossibile confidare la conservazione di simili futili sottigliezze. E anche tra chi, per ruolo intellettuale, forse conservarle dovrebbe, se ne è a quanto pare persa memoria. Pinturicchio, il paragone antonomastico applicato, per opera dell'Avvocato, al calciatore della Juventus, non rivela un'iperbole. Nasconde invece una litote.
Alla luce di tale litote, tanto più meritevole appare, ora che sembra smetterà di calpestare l'erba degli stadi italiani, la figura di Alessandro Del Piero, capace sin da ragazzo di reggere il peso dell'ambiguo dono dell'Avvocato: un'antonomasia che, esaltandoti, ti deprime. Capace di farne ciò che egli, con l'implicita chiarezza della sua carriera di atleta, è stato capace di fare.

Una celebre rete di Alessandro Del Piero e la corsa da cui nasce.

A frusto a frusto (16)

Esser chiaro senza essere esplicito. Virtuoso esercizio dell'espressione che, procurando gioie intime a chi lo pratica, gli dà la certezza assoluta che sarà frainteso.

9 maggio 2012

Francesco, Giacomo, la Moda e la Morte

Sul principio del breve Dialogo della Moda e della Morte di Giacomo Leopardi, la Moda richiama l'attenzione della Morte: "Madama Morte, madama Morte". Ne riceve una sgraziata risposta: "Aspetta che sia l'ora, e verrò senza che tu mi chiami". E la Moda: "Come se io non fossi immortale". La Morte, allora: "Immortale? Passato è già più che 'l millesim'anno che sono finiti i tempi degl'immortali". La dotta citazione dalle rime del poeta del Trionfo della Morte porge il destro all'ironia della Moda, definitiva: "Anche Madama petrarcheggia come fosse un lirico italiano del cinque o dell'ottocento?". 
L'espressione della Morte s'adegua a una maniera, contingente realizzazione della Moda, immortale: la Morte "petrarcheggia". E Leopardi medesimo, come la Morte, consapevolmente, da lirico italiano dell'Ottocento, petrarcheggia. 
C'è ironia umana (non si sta parlando del suo surrogato caporalesco), c'è ironia umana che non sia alla fine fondamentalmente riflessiva? C'è parola autentica (e l'ironia è autentica) che non sia parola per se stesso? Come potrebbe giungere agli altri ancora vera, se non esponendo il suo proferitore come il suo bersaglio?
Apollonio non conosce nessun altro senso nobile di comunicare. Comunicare la propria espressione. 

[Mirabile risorsa lessico-sintattica dell'italiano, giuntale, attraverso il latino, dal greco antico: prendere un non-verbo, nel caso in questione un nome, e per giunta proprio (ma non di necessità), e farne un verbo in -eggiare. La creatività rispetta una sistematicità rigorosa. Tra le varie classi e per menzionarne solo un paio anche culturalmente molto rilevanti, quella dei verbi che rimontano a processi di antonomasia e quella dei verbi generati da una metonimia: catoneggiare, da un lato, dall'altro, petrarcheggiare. Da qualche anno, l'alter ego di Apollonio s'è dato ad esplorarle, senza erudizione (del resto, non saprebbe come costruirsela) e risalendo invece verso la sorgente linguistica da cui verbi del genere sgorgano incessantemente: un ottimo pretesto per esprimere, comunicandola, la sua natura di perdigiorno].

5 maggio 2012

A frusto a frusto (15)

Nel prologo dell'Agamennone: "A chi sa, parlo. A chi non sa, taccio", come premessa d'ogni espressione che, inesorabilmente ironica, non sia ciarla.