31 ottobre 2012

A futura memoria: c-entrare

"Ma ascolti, avvocato, cosa c'entra quanto sta dicendo col fatto in discussione?" "Può c-entrare".
S'è camuffato un dettaglio ma il resto è autentico. E lo si segnala qui a futura memoria, con una data d'attestazione, perché colto in un contesto della massima pubblicità (se non ufficialità).
Il Cielo ci guardi (lo si è detto più volte) dal menarne scandalo (ne siano avvertiti i cinque lettori). Che c'entra, anzi  'che ci azzecca' lo scandalo con l'espressione umana e con il suo incessante mutamento? Magari l'innovazione naufragherà. Non è da poco, infatti, il numero di equilibri (certo, micro-equilibri) funzionali su cui essa passa sopra come un mezzo pesante. Magari no. In ogni caso, oggi è così. 
Nell'epifenomenica giovinezza d'Apollonio capitava di sentire dire che la rivoluzione non è certo un pranzo di gala. Ed era forse sbagliato come giudizio, quanto alle rivoluzioni politiche: quelle che un acuto austriaco (o tedesco? La memoria di Apollonio fa difetto), e non il solito Gattopardo, disse che si fanno sempre coi mezzi di chi le subisce.
Con il cambiamento linguistico però è proprio così. È tutto fuorché un pranzo di gala, anche se i suoi Sedara capita ci arrivino vestiti con quel malconcepito frac girgentano che, salendo per le scale del palazzo di Donnafugata, fece più impressione a Don Fabrizio, quale segno dei tempi mutati, dello sbarco dei Mille a Marsala.

28 ottobre 2012

Cronache dal demo di Colono (5): Settimana prossima

"Ci vediamo settimana prossima" lancia Fabio Volo non sa bene Apollonio a quale ospite di un suo programma serale.  E, in altra trasmissione televisiva mattutina di cui non si saprebbero qui dare le coordinate, il passaggio viene riproposto all'illustrissimo accademico opportunamente convocato, per la riprovazione di rito. 
Riprovazione che arriva puntuale: "La settimana prossima avrebbe dovuto dire". E ci mancherebbe! Ma è l'andazzo (ed è quindi l'italiano tendenziale), sostenuto da più d'una ragione contestuale, come la pressione di prestigiosi modelli alloglotti. Non c'è italofono/a sotto i cinquanta che, dandosi il caso e per non parere precocemente invecchiato/a, non si esprimerebbe, ahinoi!, come il famoso attore-scrittore. 
Ad Apollonio, che di anni ne ha quasi duemila, settimana prossima dà del resto moderatamente sui nervi, lo ammette. E non ne ha fatto tema di una puntata della rubrica delle sue "Intolleranze" solo per non rendersi ancora più antipatico (ammesso sia possibile) a quel decimo dei suoi lettori che, titolari dell'italiano elvetico, gli mostrano quasi quotidianamente di non avere, in proposito, altra forma di esprimersi. Ma non è questo il punto del presente frustolo.
Non c'è prescrizione d'uso, infatti, che il grammatico normativo ammetta sia o questione di gusto o faccetta di interni ed arbitrari equilibri funzionali del sistema linguistico. Sempre gli si presenta allo spirito, come una Erinni vindice dell'usurpazione che egli compie millantandosi giudice, l'esigenza di giustificare, davanti al mondo, la fondatezza di ciò che pretende di imporre e l'infondatezza di ciò che (impotente) stigmatizza. E quale fondatezza, quale diritto sono maggiori di quelli del perseguimento d'una (presunta) logica, nel dire?
Inseguito da una deliziosa, rossocrinita Erinni, all'accademico vien fatto di argomentare: "...ci vediamo domenica prossima sì, perché domenica è determinato e quindi non necessita dell'articolo determinativo. Non è determinato, invece, settimana prossima e quindi settimana impone l'articolo determinativo". 
Come può (e forse come sa), egli sfiora così (e gliene si sarà in ogni caso grati, vista la sede) il mistero della differenza, nei nomi, tra ciò che è proprio e ciò che è comune. 

24 ottobre 2012

Linguistica da strapazzo (4): Un panino è triste...

e Una padella - come, del resto, una bomba - è intelligente. Una volta o l'altra, in questo blog si verrà sul tratto semantico 'umano' di cui, in linguistica, si fa un uso che Apollonio direbbe, sulla scia d'un tedesco non privo di spirito, troppo umano. Ma qui non di umanità di tratta. Piuttosto di cose e processi, un'articolazione, all'interno della categoria nominale, cui aveva prestato la sua attenzione (per citare uno che forse non ci si aspetterebbe di trovare nominato qui) anche Hugo Schuchardt. Un'articolazione oppositiva che travalica largamente il modo con cui si trova a essere trattata in manuali e opere di riferimento (oltre che in molti saggi specialistici).
Quante volte, durante dimesse pause-pranzo, capita di pensare (o di dire o di sentir dire) Un panino è triste? In questione, ovviamente, non è la tristezza di ciò che si sta mestamente addentando ma dell'evento, del processo di addentarlo. Quindi, del rito del processo di addentarlo: accompagnandolo con la solita bibita, da soli o, sovente peggio, coi colleghi, sopra un banchetto con la prospettiva di un muro. 
"Dai, beviamo un veloce caffè, che c'è da correre in aula": e naturalmente il caffè non si muoverà dalla tazza fin quando qualcuno non se lo verserà sulle papille gustative. Eppure, eccolo qualificato come veloce.
A sentir parlare di significati, a sentir parlare di referenti delle parole, come lo fanno le persone ordinate e perbene, ad Apollonio, lo confessa, vien da pensare alla tristezza del panino, alla velocità del caffè e alla beata intelligenza delle padelle. E, discolo come è, gli scappa da ridere. 

15 ottobre 2012

Cronache dal demo di Colono (4): Me lo merito?

"Se qualcuno vuole darmi qualcosa che non mi pare aver meritato" - sembra dicesse il padre di Umberto Eco, secondo il racconto del figlio - "tanto per cominciare io chiamo i carabinieri". Ammirevole. E, nel presente e poco edificante contesto di vita pubblica nazionale, opportuno e da sottoscrivere l'amorevole ricordo del figlio.
Anche solo per sorridere (se ne spregerà mai l'occasione?) e perché non c'è parola che non inviti alla verifica della sua validità con qualche futile, estremo esperimento di pensiero, ci si fermi però solo un momento a riflettere, al di là dell'effimero della vicenda e delle sue indignate emozioni.
Distribuendo come gli pare (e quindi anche in Piemonte) vita, intelligenza, bellezza, ameni e favorevoli luoghi di nascita, comode condizioni di sopravvivenza, fausti incontri, felici paternità (come peraltro è proprio del caso) e altri piccoli doni, il buon Dio (o, per chi vuole, il Fato), non ha mai per fortuna preso la residenza ed è di conseguenza fuori della giurisdizione della Benemerita.

Cronache dal demo di Colono (3): Incontrarsi



"Ah, signora mia cara, neanche la solitudine è più quella di una volta. Vedrà, dopo i cultori del genere aforistico, presto anche anacoreti e misantropi convocheranno una loro convention". 

12 ottobre 2012

A frusto a frusto (30)





Nessuno è perfetto. Ma grazie al Cielo c'è, di tanto in tanto, qualcuno particolarmente imperfetto. 

11 ottobre 2012

Caratteri (10)




È un rinomato esperto: sul suo soggetto, ha imparato a enunciare con gravità e senza vergogna le banalità che a tutti passano per il capo ma che il pudore impedisce a ogni altro di esprimere.

10 ottobre 2012

Linguistica da strapazzo (3): Dimmi un significato

"Dimmi un significato": al suo giovane e accanito interlocutore, con cui chiacchiera (si pensi un po'!) di semantica, Apollonio getta lì l'esortazione. E vede balenare nei suoi occhi il riflesso maligno di uno di quei rompicapo che, forse, piombarono nello sconforto Ferdinand de Saussure. O lo entusiasmarono, dapprima, per poi metterlo nello sconforto di chi s'accorge d'essere lui solo (o al massimo in compagnia di pochi,  sparutissimi altri) a percepire il problema.
Agli umani, dire (come pensare) un significato è impossibile senza che si istituisca ipso facto una relazione con un significante, con tutte le conseguenze che ciò comporta. 
Una fra tutte (e forse la principale): e se fosse proprio la relazione con quel significante a creare quel significato? E se i significati, come i significanti, non esistessero, né sulla loro bocca né nella loro testa (ammesso ne abbiano una), fuori di quella relazione?
Una gabbia da cui è impossibile uscire. Un limite in cui si è ineluttabilmente gettati e di cui, se si vuol riflettere sulla lingua, se si vuol riflettere sull'uomo, sarebbe bene s'avesse sempre elementare consapevolezza. Un modo di esperire, ad ogni istante, cos'è la condizione umana: ecco cos'è la lingua che la linguistica (certo, una linguistica da strapazzo) crea come suo oggetto.
Per far sembiante di sortire dalla gabbia, e per attribuire ai significati l'esistenza che essi, per se medesimi, non hanno, i discorsi dei dotti, di quelli che, di significato, se ne intendono a fondo (come sono i filosofi, in ispecie quelli che si definiscono del linguaggio), partono allora per la tangente: annotava proprio così, per se stesso, Ferdinand de Saussure.
Più modestamente e fuori delle pompe, la linguistica perbene e che evita di inquietarsi e di risultare inquietante ricorre talvolta a parafrasi ("Il significato di cane è: animale a quattro zampe..."), talaltra a trucchetti grafici ("Il significato di cane è 'cane'"), talaltra ancora a scoperti artifizi metalinguistici ("Il significato di uccidere? Ma è ovvio: CAUSE TO DIE"). 
In certi ambienti, questo modo è oggi generale andazzo e dà luogo alle continue speculazioni cui sempre si prestano i luoghi comuni. Più una cosa è banale, infatti, più banalmente si trova da dirne: e ci potrà mai essere qualcosa di più banale, un luogo comune più luogo comune di un presunto universale semantico? A dirlo nelle lingue appropriate, però, e col contorno di parentesi e freccette, che causare la morte abbia qualcosa da spartire con uccidere, si pensi un po', si passa addirittura per linguisti.
Comunque venduto e sotto la copertura di qualsiasi formalismo, non c'è trucco però che, in fondo, non sia e non si riveli manifestazione di una relazione linguistica che (come diceva Ferdinand de Saussure), se ha un significato, ha un significante. E chi millanta di parlare puramente o fondamentalmente di significati sta sempre anche a parlare largamente di significanti, in modo inconsapevole o imbroglione, quindi, ragionevolmente pericoloso.
Interrogarsi sulla lingua, interrogarsi sull'uomo forse ha un senso (c'è infatti in ogni momento da dubitarne). Ma se lo ha, tale senso è insomma lungi dall'essere appunto un significato.

9 ottobre 2012

Linguistica da strapazzo (2): Arrivooooo!

"Arrivooooo!" grida dalle scale Apollonio al fastidioso affine che, sul portone, continua a scampanellare. E non ha ancora finito di articolare quella lunga "o" che (vizio d'una natura perversa, lo ammette) gli si parano come per incanto davanti le dozzine di pagine di opere diverse del corrente ingegno linguistico globale in cui gli è capitato di leggere della cosiddetta telicità, rappresentata spesso ed esemplarmente da quel verbo di cui sta articolando la prima persona singolare del presente indicativo, per significare che l'evento sarà pure telico ("per natura", succede anche di sentire affermare in modo inquietante) ma lui sta lì linguisticamente acquattato tra gli anfratti espressivi di una sua figurata (e quindi possibile se non proprio necessaria) duratività oppositiva: "...più cose tra il cielo e la terra..."
E giungerà mai al suo punto finale, sarà cioè telica questa parodia, involontaria, o volontaria e solo inconsapevole, o - il Cielo ne guardi dal crederlo - volontaria e consapevole manifestazione di un'epoca crudamente priva della rigorosa fantasia necessaria a (saper) vedere ed ascoltare, senza indeterminatezze, la vita?

5 ottobre 2012

A frusto a frusto (29)



In ogni inizio barbaglia effimera l'eternità. Rasserena perciò e, procedendo, consola la certezza che ciò che comincia finisce. 

2 ottobre 2012

Caratteri (9)

A portarti nei tempi e nei luoghi nei quali hai fin qui speso la tua vita fu, sul principio, passione per questioni futili e forse perciò più disposte di altre a ricevere risposte dalla fantasia. Fu poi brama di impararne ancora e sempre, discorrendone, a farti far sembiante d'avere qualcosa da insegnare a qualcuno, in proposito. 
E te ne rammenti ogni mattina, cominciando così la tua giornata come se fosse con una preghiera che, suoni oggi fastidiosa a chi vuole, merita d'essere detta ad alta voce.     

1 ottobre 2012

Cronache dal demo di Colono (2): (S)valutazione

Tutto un valutare, oggidì. Come le app, hanno le loro stelline trattorie e università, bimbi canterini e chirurghi plastici, battiuova e filologi romanzi. Hanno ovviamente le loro stelline coloro che aspirano a farsi a loro volta assegnatori di stelline. E, come il serpente con Eva, gli ideologi del metodo (che, come si sa, prende a pretesto il merito) blandiscono chiunque perché si unisca all'andazzo, cercano complici in ogni dove, sognano che nessuno si chiami fuori, che non ci sia angolo dell'esperienza umana, anche il più intimo e personale, in cui la prospettiva valutativa e il connesso criterio della "soddisfazione" non prevalgano: "quante stelle daresti al tuo parroco? e (senza che, a prescindere dal genere, si possa escludere si tratti della medesima persona) quante ne daresti alla tua ultima compagnia di letto?".
Come prassi sociale, la valutazione si è già avviata insomma verso la rovinosa svalutazione tipica delle ideologie conformiste e dominanti. Ed è solo per pura generosità che Apollonio, dopo attenta valutazione, delle cinque disponibili, le assegna qui la stellina singola che, per via della mera esistenza, non si negherà mai a nulla e a nessuno.