14 ottobre 2016

Cronache dal demo di Colono (46): "But what's a sweetheart like you doin' in a dump like this?"

Per Bob Dylan, Apollonio ha nutrito e ancora nutre una grande ammirazione. È quasi superfluo che lo dichiari. La sua età, i tempi e i luoghi nei quali ha fin qui trascorso la sua vita, insomma, fatti piatti e banali spiegano tale sentimento. Con le ragioni che per brevità si diranno estetiche, esso è stato nutrito (e forse ciò val la pena che sia detto) da una sorta di ragione morale: confermata nei decenni, l'impressione che tratto fondamentale e caratterizzante di Bob Dylan sia una rigorosa serietà. Serietà, certo, come professionista ma anche come essere umano, per quanto ciò si possa dire da tanto lontano e quindi limitandosi - è giusto lo si faccia - alla sfera pubblica.
A mettere a repentaglio tale immagine di costante serietà - è questo oggi il pensiero di Apollonio - interviene adesso il conferimento dell'onorificenza di cui tutti in questi giorni parlano: il premio Nobel per la letteratura. 
Nella vita umana e, specificamente nel campo delle arti e della conoscenza, poche cose come gli onori e le pompe sono stati e sono ridicoli, da sempre. Lo sono vieppiù in una temperie come la presente e Apollonio non vuole tediare qui i suoi due lettori con l'esposizione di uno stato di cose che sta sotto gli occhi di tutti e, di conseguenza, hanno ben presente. 
Sotto consacrazioni, ufficialità, ricerca di oggettività nel giudizio e conseguente imposizione di unanimismi c'è forse qualche chiacchiera ma, così dicendo, si rischia di passare ancora per ottimisti. L'ipotesi più credibile è che non ci sia proprio nulla e che, di vero, se così si può dire, ci siano solo i distintivi.
Qualcosa, Bob Dylan, l'ha fatta, con un impegno autentico, operoso e modesto. Non ha bisogno del premio che gli si vuole dare e l'onorificenza, se egli l'ha accettata (come pare sia ormai successo)*, non gli farà onore e incrinerà per sempre la sua lucida immagine di essere umano che bada al sodo e che prende sul serio ciò che fa.
Apollonio non vuole tuttavia perdere la speranza e sogna (sapendo che è un sogno) che, tra qualche mese, dal palco di Stoccolma, Dylan dichiari che non gli importa nulla del premio Nobel, che possono tenerselo o darlo a un Luzi o a un Baricco. E che poco gli cale dei parrucconi che hanno preteso di darglielo, per farsi belli, come di quelli che si sono scandalizzati apprendendo che glielo davano, sempre per farsi belli, dei critici favorevoli e dei contrari, stupidi gli uni come gli altri, dei letterati togati e di quelli in t-shirt, che sbavano per un alloro qualsiasi. 
E detto questo e imbracciata la sua chitarra, cominci a cantare "But what's a sweetheart like you doin' in a dump like this?"




* Qualche ora dopo. Apollonio era male informato. Pare al contrario non sia successo. La speranza che Dylan non si tradisca resiste.

2 commenti:

  1. 'I miei premi', di Thomas Bernhard, a proposito.

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  2. Apollonio Discolo20/10/16 08:25

    Grazie, gentile Lettore o Lettrice senza nome.

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