27 settembre 2019

"...se solo si avesse commesso l'errore..."

Sabato 21 settembre 2019, a pagina 23 di Robinson. L'isola che c'è, supplemento settimanale consacrato alla cultura di un quotidiano nazionale maggiore. Se solo non vi si fosse commesso un errore, questo ritaglio non sarebbe qui.
Per le costruzioni impersonali col si, lo standard grammaticale italiano vorrebbe ancora, nella funzione di ausiliare, una forma di essere e non di avere. Forme di avere in contesti siffatti sono invece tipiche di molti sub-standard, localmente caratterizzati.
Troppo impegnato nella produzione del congiuntivo, lo spiritoso giornalista culturale, per tenere sotto controllo anche la scelta dell'ausiliare? Più verosimilmente, una sciatteria, anche da parte di chi dovrebbe prima leggere ciò che si appresta a pubblicare, per evitare inoltre che il pubblicato faccia figura di peracottaro.  
Caso mai si fosse mai prima commesso l'errore di sopravvalutare quel supplemento culturale, ecco ancora una buona occasione per riflettere.

22 settembre 2019

A frusto a frusto (122)


C'è da dubitare del senno di chi pretende di governare il procedere del mondo. Ancora di più di chi vaneggia di poterlo fermare. Del valore di ciò che è, meglio, di ciò che incessantemente trascorre da ciò che è a ciò che fu, sempre ammesso che tale valore ci sia, è solo concesso di procurare personale testimonianza, fin che si può, con il certo sacrificio di qualcosa del proprio futuro. O, se più non si potesse, del proprio futuro nella sua interezza.

21 settembre 2019

L'inflazione dei morti celebri

Muore più di una celebrità al giorno, ormai. Anche questa è inflazione. Un fenomeno loquace, se lo si sa ascoltare.
Anzitutto una precisazione: non è qui questione di celebrità come l'intendevano gli antichi. Allora, una celebrità, come molto altro, non si produceva. Semplicemente accadeva. E tale accadimento era raro e singolare: autentica epifania di un sovrumano piegatosi a riscattare  dalla morte chi, per definizione, era un mortale. Naturalmente solo dalla morte morale, considerata appunto l'ineluttabilità della materiale. 
Qui è invece questione di celebrità come esse si caratterizzano a partire da un'epoca in cui sono divenute oggetto di una specifica produzione: prodotti tra i tanti, materiali e no, di un ciclo economico specifico.
Grosso modo, la produzione di celebrità comincia con il Secolo breve ed è correlata con l'affacciarsi sul palcoscenico della storia delle società di massa. Produzione di celebrità e affermazione dell'industria del divertimento (e della distrazione) di massa, come fenomeno economico di grande importanza, andarono di pari passo. E se fino a un certo punto le celebrità vennero prodotte sotto un marchio di eccezionalità e adducendone i relativi pretesti, da un certo momento in avanti, come in molti altri settori commerciali, la produzione mirò a un netto abbassamento dei vecchi standard. All'industria della celebrità ciò fu utile per gettare sul mercato, a ciclo continuo, celebrità di basso o infimo rango, in ogni settore della vita pubblica, pronte a essere continuamente rimpiazzate e fruibili anche ai livelli minimi di competenza dei consumatori e delle consumatrici.
Questo modello di produzione debuttò negli anni Cinquanta del secolo scorso e si mise presto a regime. Negli ultimi decenni, come in altri settori economici, anche il modello industriale della produzione di celebrità di bassa lega è diventato obsoleto e, a produrre in modo incontrollato e incontrollabile celebrità proprio qualsiasi è lo stesso brodo di coltura in cui è immersa la società. Il consumo di celebrità è così divenuto tanto rapido da potere essere definito parossistico: un chiasso seriale che sforna celebrità, rendendone il numero straripante e, in linea teorica, esattamente pari al numero degli esseri umani che continuamente transitano per il mondo, come un acuto osservatore, anticipando i tempi, disse or sono già parecchi decenni.
Abbandonate o no, le numerosissime celebrità create dal momento in cui la produzione e la fruizione si sono semplificate e gli standard si sono abbassati vengono adesso in gran numero verso l'età in cui agli esseri umani capita di dire addio al mondo.  Gli anni passano e se ne vedono gli effetti.  Frotte di (un dì) noti e (un dì) note muoiono. 
Ecco perché giorno dopo giorno c'è chi ne approfitta per fare ancora un po' di chiasso sulla dipartita di qualche persona sulla quale, in anni più o meno lontani, di (sovente irragionevole) chiasso era accaduto se ne fosse già fatto: il costume dell'epoca impone siano peraltro commemorazioni sempre intrise di tenerissime memorie e di stucchevoli sentimentalismi.

[Il giorno dopo. Or sono più di tre anni, il fenomeno che fa da tema o forse da pretesto a questo frustolo era stato colto e finemente analizzato in uno scritto di Stefano Bartezzaghi. Il torpido spirito di Apollonio macina lentamente e grossolanamente le intermittenti impressioni che gli suscitano, nella sua lontana Citera, le espressioni del mondo e spera che la défaillance gli sia perdonata.] 

Cronache dal demo di Colono (61): "Italienistica"


In una rete sociale, in queste ore, un lapsus delizioso. E rivelatore dello stato degli studi. Meglio, dello stato della nazione.