Una storia straordinaria alle spalle, l'italiano è oggi come ieri una lingua non comune. Lo è perché in esso ha preso forma un mondo di idee, di sogni, di esperienze, di fantasie, di realizzazioni che ha pochi eguali nella vicenda umana sulla terra. Italiana è l'espressione non solo di poeti e scrittori di valore ma anche di grandissimi scienziati, architetti, pittori, scultori, musicisti, artisti di ogni arte, nelle cui opere, nelle cui scoperte, nelle cui invenzioni spira sempre l'anima di una lingua tanto nobile quanto fragile.
L'italiano è d'altra parte non comune per un equilibrio prezioso: lingua di una ristretta casta di cólti, ma solo per uno dei suoi molti aspetti, e al tempo stesso punto ideale di incontro, proiezione sistematica di una molteplicità infinita di variazioni. Dialetti? Certo, ma dialetti capaci di dare voce autentica a una innumerevole gamma di esperienze umane. Una realtà linguistica mutevole e vivace, che si nutre dell'idioma nazionale e continua a nutrirlo, a tutti i livelli.
E l'italiano è non comune anche nel suo valore di lingua che supera i confini della nazione linguistica italiana (dal Gottardo a Lampedusa). Altre lingue, oggi più fortunate, sono tali (e lo si dimentica) perché si sono diffuse o stanno diffondendosi con la violenza e con l'arbitrio: sono state e sono ancora, insomma, anche delle armi.
Per la gran parte della sua storia, l'italiano ha viaggiato invece per il mondo sulle ali di enti gentili (le arti) e ambiguamente angelici (come il danaro) o sulle gambe di una enorme e pacifica diaspora umana che, con l'emigrazione, l'ha portato nel cuore dell'Europa continentale come in America del Sud, in Australia come negli Stati Uniti.
Se l'italiano è una lingua non comune, ancora meno comune è continuare a farne oggi un'esperienza di vita al meglio che si può e in ogni campo della cultura e della conoscenza. Nella sua modesta area di competenza, questo diario ci prova.
A parte qualche piccola sfrangiatura colonialistica, concordo
RispondiEliminaSì, Lettore o Lettrice senza nome, ci furono nel corso della prima metà del Novecento brutali avventure colonialistiche, ma oggi si vede bene quanto esse abbiamo contato poco sul destino dell'italiano. Grazie del Suo conforto.
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