13 giugno 2009

Lingua loro (13): "odissea"

...ovvero "Torino, Vercelli o addirittura Zurigo".
"Mettete che ci foste anche voi, ieri mattina, sul treno assieme a noi, arrivati a Milano tre ore dopo il previsto (e per fortuna abbiamo perso solo la pazienza e non anche le coincidenze, come è toccato a molti nostri compagni di sventura diretti a Torino, Vercelli o addirittura Zurigo)..."
Il brano è tratto dall'articolo Guasti e 3 ore di ritardo. Odissea sull'Eurostar di Luca Angelini, comparso nell'edizione del Corriere della Sera.it, on-line il 13 giugno 2009. Esso illustra (e meglio non si potrebbe) come tutto sia relativo, lo spazio non meno del tempo, e come sia quindi relativo il concetto di odissea, che discende appunto da un'operina adespota (e solo attribuita) in cui, come è noto, spazio e tempo fecero il loro modesto debutto sulla scena della cultura occidentale.
La vaga Citera di Apollonio, come una deliziosa e leggera île flottante, si è ancorata addirittura a quella città lestrigonia: egli viaggia sovente e sopporta cretinamente (cioè cristianamente, a credere all'etimologia) ritardi italiani e svizzeri (non si creda che non ci siano) e loro conseguenze sulle corrispondenze. Si sente quindi autorizzato a definirsi un ulisside (e non lo sapeva).
Gestisse una società aerea, navale o ferroviaria, chiederebbe però un sovrapprezzo ai viaggiatori che si rivelassero gazzettieri (invece di offrire loro sconti e biglietti gratuiti), come tassa preventiva, in caso di odissea, sulla confezione firmata (e per altri versi, s'immagina, remunerata) delle conseguenti immancabili omeriche sciocchezze (à suivre).

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