Si svolgerà tra poche settimane a Verona l'annuale congresso della Società di Linguistica Italiana sul tema "I luoghi della traduzione": il valore metaforico di luoghi nel nesso è lampante (peraltro esso è ampiamente argomentato nella presentazione del convegno). La metafora localista, in linguistica, ha spalle larghe e tradizioni più che illustri: può sopportare bene la nuova estensione.
Del resto, traduzione è anch'essa creazione su base metaforica localista (e non si dovrà dire la medesima cosa di metafora?). La coscienza che con traduzione si stia maneggiando una metafora è naturalmente sbiadita. Si può quindi dire che, come il collo (della bottiglia) e la gamba (del tavolo), la traduzione (linguistica) sia una catacresi.
Combinare tuttavia una metafora localista con una catacresi localista produce una bizzarra reazione: sono gli scherzi della lingua, che è sempre combinazione (cioè sintassi) e mette sempre a rischio gli esseri umani di far figura da apprendisti stregoni.
La metafora di luoghi smaschera, per così dire, la catacresi di traduzione. Traduzione ne viene come riportata al suo grado zero e, per il contraccolpo, anche l'interpretazione di luoghi torna alla sua non-marcatezza. I luoghi della traduzione: la maionese impazzisce; tutto torna alla sua piatta normalità; tutto ridiventa d'improvviso stupidamente luminoso.
L'effetto interpretativo, con la sua ambiguità, è spettacolare e c'è da credere che chi ha proposto un titolo del genere per un congresso di studiosi della lingua abbia le doti di finezza e di umorismo che si attribuiscono di norma ai poeti (e che non dovrebbero ovviamente mancare ai linguisti).
"La tradotta che parte da Torino / a Milano non si ferma più / ma la va diretta al Piave, / ma la va diretta al Piave" cantavano gli Alpini, parlando appunto dei tragici luoghi di epocali traduzioni.
"Il luogo della mia traduzione? Auschwitz", avrebbe forse risposto Primo Levi a chi l'avesse interrogato in proposito, subito dopo il suo ritorno. Ohibò! la nuova Babele, la sede dell'infernale confusione delle lingue. Il cerchio si chiude.
Che la stupidità luminosa del grado zero, in linguistica, sia più rivelatrice dell'intelligente metafora?
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