1 settembre 2009

Piccoli, periodici malanni

Chi ha amore per la lingua ha da subire, come ogni povero cristo, dei piccoli periodici malanni. Glieli impone il fortunato stare a questo mondo, naturalmente, e il ciclico ripresentarsi, a questo mondo, delle tirate pedanti dei Soloni o pedestri degli Antisoloni, ormai sempre più spesso post-accademici e intrufolati nelle pieghe delle comunicazioni di massa. Per entrare coi loro libri in modeste classifiche di vendita, costoro prendono la parola in nome della cosa più silenziosa che ci sia, la lingua, e, col pretesto e vestendosi d'autorità, pretendono di dire cosa in proposito va fatto o non va fatto: complici oggi case editrici un tempo illustri e recensori compiacenti, perché chiaramente venduti all'andazzo.
In questi mesi, per es., pare vada di moda cavalcare la tigre e proclamare la libera uscita per usi che sono già intrinsecamente liberi e che se ne impipano (per dirla con Manzoni) della dotta riprovazione o della demagogica approvazione di chicchessia. Silenziosi come sono e come sono gli eventi naturali, essi domanderebbero forse all'intelligenza solo d'essere conosciuti, amorevolmente interrogati, ove possibile, spiegati.
Ma ai Soloni e agli Antisoloni, del silenzio della lingua e del suo farsi, cosa importa? Non sono uomini, sono caporali. Sanno come ci si comporta in società, con caporalesca finezza, strombazzano precetti o antiprecetti e provano a trarne anche il massimo profitto, facendone cassetta.
Parrucconi vestiti sempre all'ultima moda, si mettono così alla testa della rivolta delle lingue "giuste e vere" contro le presunte "finte e sbagliate", "sbagliate" anche per la pretesa d'essere corrette. E non capiscono che l'unica lingua finta e scorretta è quella in cui loro medesimi scrivono; e forse, per il linguista, per chi ha veramente amore per la lingua, nemmeno quella, perché il suo genio impersonale si fa beffe dell'interessata furbizia di coloro che pensano di abusarne e ne sono invece implacabilmente smascherati.
Piccoli, periodici malanni: finché si starà a questo mondo, passeranno. Poi, li si passerà ad altri.

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