"Possiamo dire che il linguaggio è la facoltà di associare il contenuto all'espressione allo scopo di manifestarlo". Professoreggia così oggi il docente di linguistica dalla sua prestigiosa cattedra, in una delle sue prime lezioni.
Seduto all'ultimo banco, ponendo la massima attenzione a non farsi notare troppo, perché è sempre stato l'ultimo della classe, il buon Nando lo ascolta.
Del resto, ciò che il professore sta dicendo è quanto sta testualmente scritto sul principio del suo manuale: un manuale fondamentale. E su quello bisognerà studiare, per passare l'esame: Nando lo sa.
Se io mi prefiggo lo scopo di manifestare uno specifico contenuto - pensa però Nando - non posso che possedere già tale contenuto e possederlo consapevolmente. E come faccio a sapere che lo possiedo, se esso è ancora contenuto senza espressione e l'espressione devo ancora trovargliela? Come me lo sono detto, quel contenuto? Come do contenuto alla mia intenzione?
Ma - continua a pensare Nando - io sono solo l'ultimo della classe e sono anche un po' scemo. Che sto a chiedermi?
Per essere diventato professore, il professore, ai suoi tempi, sarà certo stato il primo della classe e se dice così, lo dice perché sa ciò che dice. Significa che ai primi della classe e ai professori capita così: hanno nella testa contenuti. E lo sanno. E viene loro voglia di vestirli di un'espressione, per manifestarli magari ai poveri cristi come me.
Agli ultimi della classe, invece, i contenuti vengono sempre associati ad espressioni e le espressioni associate a contenuti. Ed è chiaramente per questa ragione - conclude - che sono gli ultimi della classe: e io con loro.
Abbassa ancor di più la testa, il buon Nando, e continua ad ascoltare il professore: "...questa definizione può essere illustrata con esempi di diversa natura..."
[Ancora una nuova rubrica - se Apollonio ce la fa -, dedicata non solo ai manuali di linguistica ma, in genere, a chi sta in cattedra]