Una metropoli dell'Italia insulare. A un tiro di schioppo, che meraviglia!, "Riserva
naturale...". Periodici cartelli, sul percorso, ne informano i visitatori.
Sulla breve via che, dal tracciato principale, conduce al mare, in piazzole riarse, sacchetti della spesa colmi di suppellettile da picnic impacchettata con cura e lasciati a marcire e a lacerarsi, per l'opera di qualche bestia, sotto il sole; resti di fuochi e poi fittissime costellazioni, autentiche miriadi di fazzolettini, accartocciati. Qui e là, qualche preservativo: "usato", per citare il secondino archivista che ne restituisce, soddisfatto ma con qualche cautela, un esemplare a Jake Blues, al momento del di lui momentaneo congedo dalle carceri dello stato dell'Illinois.
Quando si giunge finalmente tra gli scogli, talvolta opportunamente celati tra gli anfratti, contenitori e confezioni di vari generi di conforto, yogurt, merendine, patatine, e bottiglie di bevande d'ogni tipo, quelle in vetro eventualmente frantumate.
Come un Fantozzi lì condotto dal ragionier Filini dell'occasione, Apollonio fa il bagno, prende il sole e se ne va meditando sulla natura umana e sulla sua locale declinazione.
Menare scandalo? Che conformistica sciocchezza! Tutto ciò che accade nel mondo ha le sue buone ragioni per accadere. E inoltre quello che ci si trova a vivere, non bisogna mai dimenticarlo, è il migliore dei mondi possibile. E dunque?
Gli abituali frequentatori della "Riserva naturale", pensa, sono evidentemente a pieno titolo parte della fauna protetta, insieme con la stanziale. Di conseguenza, nel loro ambiente naturale, si comportano in modo per loro naturale. E chi oserà contestarne il diritto? Portar via una bottiglia di plastica da lì, sottrarre il segno di qualche trascorso pasto o di qualche trascorsa copula (appunto, attività naturali esemplari dei viventi, come insegnano, tra l'altro, ben note trasmissioni televisive) significherebbe avere in spregio la natura. Significherebbe modificare il delicato equilibrio di un contesto naturale, che si offre invece così nel suo pieno e intatto rigoglio all'osservatore. Questi ha da essere delicatissimo, con le sue osservazioni, per non turbarlo. Altro che impancarsi a censore! Censore di che? Della natura (umana)?
Apollonio è quindi grato al suo ragionier Filini: "ragioniere", appunto, non senza ragione. Con l'occasione banale di un banale bagno a due passi da una banalissima metropoli dell'Italia insulare, è inciampato in una particolare piega dell'eterna questione umana della natura. Per un momento, ha intuito il contatto tra Dio e la parola. Ha colto una balenante deroga all'arbitrarietà del segno, un'evenienza preziosa e per una volta trasparente di motivazione. Come invitano a fare tutti coloro che se ne intendono, ha colto il "senso". Il mitico "senso", se non della vita e del suo modesto essere nel cosmo, almeno di naturale. Chiude gli occhi e, per quanto lo consentono gli scomodi scogli, riposa, beato.