Questo annuncio deliziosamente malizioso è teletrasmesso dalle reti svizzere, con scopi apertamente edificanti. Con esso, l'onomastica evocata in conclusione ha poco da spartire, se non la letteraria, come appunto si vedrà rapidamente in questo frustolo.
Tra tutte le creature che vi appaiono, di una sola non vi viene pronunciato il nome proprio: è la creatura che, con un saluto, ciao, che si vuole confidenziale (e che si scopre provocatorio), appella come Pietro (guarda caso) il contadino-pastore. Con la palese espressione di ebete beatitudine di chi si trova in un paradiso, questi è intento a snocciolare i nomi propri di caprette tenere e candidissime; nomi propri tutti d'una qualche ricercatezza e tutti femminili, malgrado qualche barbetta: ma animula vagula blandula...
La creatura priva di nome si allontana, mentre Pietro, in imbarazzo, passa dal ciao della prima, irriflessiva risposta a un circospetto salve, meno compromettente quanto ai reciproci rapporti. E allontanandosi, mentre spinge lo strumento che le permette rapide apparizioni e altrettanto rapide fughe, la creatura lascia dietro di sé la macchia rossa della camicia che indossa e la fiamma, di un rosso più scuro, della coda. Sullo sfondo, sempre sui toni del rosso, delle apparenti sbarre, in disordine, rispetto al cosmo ordinato dell'ovile di Pietro.
Il nome proprio di quella creatura, Pietro magari non lo conosce. È noto, tra contadini e pastori, che la creatura può prenderne mutevolmente innumerevoli, alla bisogna. Pietro ne immagina certo il comune e, di lì, l'antonomastico. Ma, appunto, è anch'esso un tabù: proferirlo non si deve e nemmeno si può. La creatura, insomma, è l'innominabile.
Restano, con la pensierosa perplessità di Pietro, i candidi belati delle caprette, incosapevoli della pericolosa epifania, e, nel silenzio sospeso e misterioso di una solitudine montana, il bucolico suono delle loro campanelle.
[L'incongruo die dell'intestazione su YouTube dice dell'opera, nella messa on line, di un correttore automatico: del resto, la versione italiana dell'annuncio si prospetta come scoperto apografo di quella tedesca.]
Tra tutte le creature che vi appaiono, di una sola non vi viene pronunciato il nome proprio: è la creatura che, con un saluto, ciao, che si vuole confidenziale (e che si scopre provocatorio), appella come Pietro (guarda caso) il contadino-pastore. Con la palese espressione di ebete beatitudine di chi si trova in un paradiso, questi è intento a snocciolare i nomi propri di caprette tenere e candidissime; nomi propri tutti d'una qualche ricercatezza e tutti femminili, malgrado qualche barbetta: ma animula vagula blandula...
La creatura priva di nome si allontana, mentre Pietro, in imbarazzo, passa dal ciao della prima, irriflessiva risposta a un circospetto salve, meno compromettente quanto ai reciproci rapporti. E allontanandosi, mentre spinge lo strumento che le permette rapide apparizioni e altrettanto rapide fughe, la creatura lascia dietro di sé la macchia rossa della camicia che indossa e la fiamma, di un rosso più scuro, della coda. Sullo sfondo, sempre sui toni del rosso, delle apparenti sbarre, in disordine, rispetto al cosmo ordinato dell'ovile di Pietro.
Il nome proprio di quella creatura, Pietro magari non lo conosce. È noto, tra contadini e pastori, che la creatura può prenderne mutevolmente innumerevoli, alla bisogna. Pietro ne immagina certo il comune e, di lì, l'antonomastico. Ma, appunto, è anch'esso un tabù: proferirlo non si deve e nemmeno si può. La creatura, insomma, è l'innominabile.
Restano, con la pensierosa perplessità di Pietro, i candidi belati delle caprette, incosapevoli della pericolosa epifania, e, nel silenzio sospeso e misterioso di una solitudine montana, il bucolico suono delle loro campanelle.
[L'incongruo die dell'intestazione su YouTube dice dell'opera, nella messa on line, di un correttore automatico: del resto, la versione italiana dell'annuncio si prospetta come scoperto apografo di quella tedesca.]
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