L'ora è tarda e Apollonio enuncia qui, solennemente, un principio al tempo stesso critico e meta-critico, quanto all'opera di Lampedusa.
Non c'è scritto sul Gattopardo e non c'è forse lettura dell'opera in cui non si riconosca come artefice, sistematicamente, un personaggio del romanzo medesimo.
Questo si caratterizza del resto come il caso, rarissimo, di un testo che ha precisamente prefigurato, per classi allegoriche, ogni suo lettore (o sua lettrice) e ogni suo critico (o sua critica). A ciascuno, a ciascuna il compito di riconoscervisi, guardandosi allo specchio.
Questo si caratterizza del resto come il caso, rarissimo, di un testo che ha precisamente prefigurato, per classi allegoriche, ogni suo lettore (o sua lettrice) e ogni suo critico (o sua critica). A ciascuno, a ciascuna il compito di riconoscervisi, guardandosi allo specchio.
Inquadrato appropriatamente il sistema dell'opera, chi s'addentra nella foresta della letteratura critica e para-critica sul Gattopardo non tarda infatti ad accorgersi che l'hanno letto Tancredi e Angelica. Ed è quasi superfluo che lo si dica. Che l'hanno letto Sedara e il colonnello Pallavicino. Che l'ha letto Cavriaghi (l'alter ego di Apollonio l'ha scritto: il contino lombardo non solo ha letto Il Gattopardo ma ci ha girato sopra un film) e che l'ha letto, con i suoi amici, il soprastante Russo. Che l'hanno letto Maria Stella e Malvica. Che l'hanno letto Tassoni e don Ciccio Ferrara. Che l'ha letto Padre Pirrone, ovviamente, e che lo ha letto Ciccio Tumeo (Apollonio lo sa bene). Che l'ha letto da lontano Giovanni, in modo certo più amaro di quanto l'abbiano letto lo sciocco Paolo e, distrattamente e in velocità, Francesco Paolo. Che l'hanno letto, tetramente inconsapevoli, Carolina, Caterina e (come un'ombra) Chiara. Che l'hanno letto 'Ncilina, Sarina e Vincenzino, con Turi e Santino Pirrone. Che l'hanno letto Re Ferdinando e don Pietrino, l'erbuario: tra i tanti, questi non è certo quello che ci ha capito di meno. Che l'hanno letto i Ponteleone e le "bertucce crinolinate". Che l'hanno letto Monsignor Vicario e Chevalley. Che l'hanno letto, in collaborazione, il Cardinale di Palermo e don Pacchiotti. Che forse l'ha letto Fabrizio, rumorosamente ed esplicitamente, e che, implicitamente, deve averlo letto Concetta, ma appunto lasciando pochissimi segni. S'accorge che c'è persino la lettura di donna Rosa, a caccia di reliquie da vendere, in più di una versione: l'internazionale e la paesana. Chi è donna Rosa?
"Carolina era stata la vera creatrice di questa raccolta: aveva scovato donna Rosa, una grassissima vecchia, per metà monaca, che possedeva relazioni fruttuose in tutte le chiese, tutti i conventi e tutte le opere pie di Palermo e dintorni. Era stata questa donna Rosa a portare a villa Salina ogni paio di mesi una reliquia di santi avvolta in carta velina. Era riuscita, diceva, a strapparla ad una parrocchia disagiata o a un casato in decadenza. Se il nome del venditore non era fatto era soltanto a cagione di una comprensibile, anzi encomiabile, discrezione; e d'altronde le prove di autenticità che essa recava e consegnava sempre erano lì chiare come il sole, scritte com'erano in latino o in caratteri misteriosi che venivano detti greci o siriaci. Concetta, amministratrice e tesoriera, pagava. Dopo vi era la ricerca e l'adattamento delle cornici. E di nuovo l'impassibile Concetta pagava. Vi fu un momento, un paio d'anni durò, durante il quale la smania collezionista turbò financo i sogni di Carolina e Caterina; al mattino si raccontavano l'un l'altra i loro sogni di miracolosi ritrovamenti, e speravano si realizzassero come talvolta avveniva dopo che i sogni erano stati confidati a donna Rosa. Quel che sognasse Concetta non lo sapeva nessuno. Poi donna Rosa morì e l'afflusso delle reliquie cessò quasi del tutto; del resto era sopravvenuta una certa sazietà".
Apollonio ha d'altra parte deciso. Come il suo alter ego ha già fatto con don Pietrino, si servirà di donna Rosa come cartina di tornasole. Letture, interpretazioni, saggi critici, rivisitazioni d'ogni sorta che abbiano o abbiano avuto fin qui per tema Il Gattopardo, anche prodotte da penne che passano per straordinariamente acute e informate o da gente che divise i pasti con l'autore e, a sera, gli rimboccò le coperte, saranno tenute da lui per irrilevanti e dilettantesche se insensibili al personaggio di donna Rosa o inadatte a inquadrarlo nell'equilibrio generale dell'opera.
Non potendo - per limiti di natura - essere Svelto, mi attribuisco il nome di Teresina.
RispondiEliminaAl Lettore, anzi alla Lettrice dallo spirito arguto che, evidentemente fedele alla lettura del Gattopardo, così si battezza, giunga da Apollonio un grato "benvenuta".
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