"Considérée à n'importe quel point de vue, la langue ne consiste pas en un ensemble de valeurs positives mais dans un ensemble de valeurs négatives ou de valeurs relatives n'ayant d'existence que par le fait de leur opposition".
Per la linguistica, sono parole aforistiche. Proprio nel senso di definitive. Proprio nel senso che ne tracciano l'orizzonte.
Caveat lector, tuttavia. Questo frustolo si apre con parole di Ferdinand de Saussure, ma esula dalla saussurologia. La saussurologia è una bizzarra e ancora innominata disciplina cresciuta come una muffa (e come una fuffa?) intorno al linguista ginevrino. Nell'anno in corso, anno centenario del Cours de linguistique générale, essa sta rinnovando i suoi fasti.
A questo frustolo è invece estranea l'enigmatica figura di nobiluomo e di professore di università sulla quale, in un secolo, si è scritto a fiumi; di recente, persino da una prospettiva psicoanalitica. Non vi si evoca il geniale indoeuropeista, rapidamente incapace (anche forse per delusioni accademiche) di tenere fede alle promesse di un esordio fulminante. Non ci si accosta, d'altra parte, all'introverso ma affascinante maestro della scolaresca dai cui appunti sorse l'apocrifo diffusore del suo nome in giro per il mondo. Si trascura l'ermetico teoreta il cui pensiero è oggetto di attenzione da parte di filosofi, storici e grammatici. Si tace infine sullo scrittore "intransitivo" della montagna di carte frammentarie e private le cui cave alimentano nuove e controverse pubblicazioni.
Questo frustolo, insomma, non ha per protagonista Saussure. È dedicato invece al secret sharer del piccolo e personale laboratorio di ricerca (di sé?) che chi scrive manda avanti da nove lustri. Qual sia il suo vero nome, nel laboratorio, non si sa. Vi passa per Ferdinand e così accetta di buon grado d'essere chiamato. I non pochi anni di consuetudine hanno del resto reso da tempo non inappropriato un reciproco tu.
Ferdinand è taciturno. Osserva discreto ciò che si fa nel laboratorio. Di chi è intento all'opra in quell'officina, pare gli interessi anzitutto "ce qu'il fait". Non si tira mai indietro, però, quando gli si chiede consiglio. Tiene in una modestissima saccoccia qualche utensile sintagmatico e paradigmatico. Se lo vede necessario, lo mette generosamente a disposizione, senza perdersi in chiacchiere. Del resto, il suo tratto è amabilmente semplice. Come le sue idee: rapporto, differenza, sistema.
È insomma un delizioso compagno segreto, Ferdinand. Apollonio non lo cambierebbe con nessun altro. D'altra parte, dopo tanti anni, del suo silenzioso conforto, del suo distante calore non saprebbe più fare a meno.