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Ma qui poco ne cale, perché ci si occupa di lingua: e il caso è prezioso. In quell'annuncio si trova infatti la prima attestazione scritta (almeno, la prima nota ad Apollonio) della raggiunta invariabilità formale dell'espressione lectio magistralis.
Nel gergo di quella compagnia di giro, l'espressione è mutuata dal latino accademico ed è supposta fare tanto chic. Per via di evocazione lessicale, essa simula infatti il compimento sulle piazze dei riti esoterici di istituzioni elitarie ormai desuete e prive di funzione (come le università). È insomma un relitto linguistico, tirato apparentemente a lucido e esposto con altra paccottiglia nella scenografia post-moderna di tali "eventi" (altro emblema lessicale dei tempi): eventi radicalmente inautentici, a cominciare dalla lingua di cui si servono.
La raggiunta invariabilità formale di lectio magistralis ne è prova: il latino di cui l'espressione si fregia è puro polistirolo. Consultando il sito del festival in questione, si apprende infatti che, come di "conferenze", di "mostre", di "aperitivi scientifici" e via dicendo, di lectiones magistrales nelle giornate del festival ce ne sarà più d'una (quattro, se Apollonio non si sbaglia). Nell'elenco dell'annuncio, "lectio magistralis" sta quindi per un plurale, proprio come se si trattasse di "spot" o di "slide" o di "gag". Né diversamente poteva essere, a pensarci bene, trattandosi di una lista di nomi privi di articolo. Per chi ha dettato quell'annuncio, "lectio magistralis" è plurale né vale la pena di avere rispetto per il latino (accademico), per i riti esoterici e singolari che l'espressione designava e, complessivamente, per ciò che si dice e si scrive: sublime rivelazione della vera natura di chi affetta modi di raffinatezza culturale e di gentilezza umana.