Gustave Flaubert - è noto - non fu tenero con il suo tempo né, in genere, con l'umanità. Del resto, fra i tratti caratteristici della modernità c'è il paradosso d'essere considerata spregevole in essenza dai suoi massimi campioni. Come se, a differenza di quella di altre epoche meno contraddittorie, l'intelligenza moderna, dopo i suoi primi gloriosi fasti (Galileo, Diderot e pochi altri), non abbia mai potuto esercitarsi nel suo valore meta-storico di sostantivo senza spregiare l'attributo con cui la storia, invidiosa e quasi a rivalersene, le ha imposto di accompagnarsi da tre, quattro secoli.
A Flaubert l'intelligenza del suo secolo e degli esseri umani non faceva certo difetto e lo scrittore fu ed è appunto esemplare, come moderno. In una lettera all'amico Louis Bouilhet datata 14 novembre 1850 e spedita da Costantinopoli (una delle tappe del suo celebre viaggio in Oriente), egli scrisse: "De temps à autre, dans les villes, j'ouvre un journal. Il me semble que nous allons rondement. Nous dansons non pas sur un volcan, mais sur la planche d'une latrine qui m'a l'air passablement pourrie. La société prochainement ira se noyer dans la merde de dix-neuf siècles, et l'on gueulera raide".
Or sono diversi decenni, queste parole passarono sotto gli occhi di Apollonio, cui è capitato di vivere più di un secolo dopo la loro lucida previsione. Da quel momento, gli fu chiara la ragione del persistente fetore che offendeva e sempre più offende le sue narici (certamente non solo le sue) e che conta tra le moderne pene di un vivere che vanamente tenta d'essere inodore, se non profumato.
Qualcuno, come per esempio Primo Levi, l'ha messo in chiaro ma la piena consapevolezza è ben lungi dall'essersi generalizzata (del resto, generalizzarsi forse non potrà mai): il putrido asse della latrina sul quale Flaubert vedeva già danzare il suo secolo si è frattanto rotto. E se l'epoca che è conseguentemente precipitata nella merda non vi è annegata, come lo scrittore francese preconizzava, forse per ottimismo, è solo perché, assuefattasi rapidamente, ha appreso a nuotare in tale habitat che, come qualche decennio fa ha acutamente osservato Zigmunt Bauman, offre a chi vi sguazza il vantaggio di diventare diarroicamente sempre più liquido.
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