"In particolare, in caso di sottomissione/aggiornamento di un prodotto, è consigliato popolare i seguenti campi...": ad Apollonio, il suo alter ego passa questo minuscolo brano di prosa burocratica. Lo fa con una smorfia amara e pensando di sbigottirlo.
Esso è contenuto, afferma, in una comunicazione inviatagli dall'istituzione accademica italiana presso la quale presta il suo servizio. Questa vuol giustamente sapere cosa, quanto a ricerca scientifica, egli abbia combinato negli ultimi anni. E vuol saperlo, com'è ormai consuetudine, nei modi e secondo un formato compatibile con le macchine.
Lungi dal dirsene turbato, Apollonio invece sorride, anche dello sconcerto del suo alter ego. Prende inoltre al balzo l'occasione per dare un modesto segno di vita ai suoi due lettori, mettendoli a parte di osservazioni estemporanee e peregrine occorse nel séguito del privatissimo confronto.
Di produzione scientifica, Apollonio ha letto e ha sentito parlare da quando appunto l'alter ego (che è ormai un presbitero quasi in uscita) cominciò a frequentare l'angusto ambiente in cui ha trascorso l'intera sua vita attiva (se tale si può dire), prima come novizio, poi come professo. Di conseguenza, trova coerente prodotto. È vero: olezza grevemente di azienda e non si capisce perché, in società libere e complesse (come si millanta siano le migliori attuali), tutto deve essere o parere conforme al modello aziendale. Ma, per via di un pensiero non solo unico ma globale, non da oggi a nidori siffatti si sono dovute accostumare le narici di chi da giovane pensava d'essersi votato alle silenziose polveri delle biblioteche, agli acri effluvi dei laboratori, ai freschi zefiri dei siti archeologici e così via.
Non meno gustoso, anche se sopra una scala locale, è il caso di sottomissione. Nel modo più pacifico, meglio, da imbelle, Apollonio si dichiara anzitutto irriducibilmente renitente o, per dirla con una parola francese che casca a fagiolo, insoumis. Ma ci si pensi: parole diverse come, da un lato, proposta (o presentazione, o ancora, nel caso specifico, inserimento), dall'altro, sottomissione rendono da tempo agli italiani il loro buon servizio, distinguendo atti e attitudini diverse. Essere in grado di fare differenze è sempre stato segno, se non di ricchezza, certo di nobiltà: una nobiltà minore, magari, ma sempre una nobiltà. Ci si sta rinunciando, involgarendosi, a vantaggio di un calco dell'inglese submission. Di submission, si sta importando anche la polisemia. Si è insomma presa la via del meno e abbandonata quella del più. Il gesto è di lampante sottomissione, nello stretto valore che la parola ha ancora in italiano e non in quello esteso che le si sta servilmente imponendo.
Sotto popolare (come verbo, si badi bene, non come aggettivo), c'è infine populate, verbo inglese del gergo informatico, evidentemente sortito, con il suo valore specialistico, da una metafora. Apollonio non è ferrato in materia ma, dagli usi che ne ha udito fare, gli è parso di intendere si riferisca al riflesso che, compilando delle tabelle elettroniche, l'inserimento di un valore in una casella ha sull'automatico riempimento di (numerose) altre caselle correlate, per via di un calcolo. L'effetto visivo rende facile conto della metafora: spazi vuoti si colmano, d'improvviso e come per vegetazione spontanea. Popolare è dunque anch'esso un calco, con questo valore, e suona sottilmente comico. Ma, nel caso specifico, non è ciò che importa. Maggiore rilievo ha il fatto che, con la sua aria da (indispensabile) tecnicismo, popolare stia prendendo il posto di verbi comuni e appropriati, come compilare e riempire, evidentemente non più percepiti come tali. I "campi" che andrebbero "popolati" e cui il destinatario della comunicazione è invitato a prestare la sua attenzione (e si osservi il minacciosamente eufemistico è consigliato: questo, ragionevolmente, di stretta produzione locale) non sono certo tra quelli che, inserito un valore in una casella, dovrebbero "popolarsi" automaticamente. In uno di essi, per esempio, del "prodotto" "sottomesso" va inserito l'abstract: una sintesi, un riassunto. Quindi, in linea di principio, un testo variabile né esito di un calcolo.
Un'osservazione del genere, come capita sovente alle pedanti, rischia però d'essere poco penetrante e di non cogliere il vero valore del dato. Forse, dietro quell'uso di popolare c'è infatti più di una sciatteria lessicale e di un'estensione inappropriata. C'è l'insinuante idea che i "prodotti" ideali da "sottomettere" debbano essere talmente prevedibili, talmente meccanici e ripetitivi, che, fatto il riassunto di uno, il medesimo riassunto potrà "popolare" automaticamente la casella del riassunto di ogni altro.
Ecco. Talvolta, a dire a qual punto sia la notte, basta una sola frase, meglio se meramente accidentale. Anzi, è quasi sempre così, come con il lapsus. Per sorriderne, sorridendo di se stessi (perché nessuno allo stato della notte in cui si trova può dirsi estraneo), è indispensabile non illudersi che, a qualsiasi punto sia la notte, a essa seguirà un'alba. E questo monito morale è venuto finalmente utile ad Apollonio per consolare, licenziandolo, il suo fin lì sconfortato alter ego.
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