"Anche se la creazione di nuove teorie è una realizzazione di pochi dotati, lungo gran parte della storia umana è stato possibile ad altri, di minor talento, comprendere e apprezzare ciò che era stato compiuto".
Il valore etico e teoretico di questa affermazione (in ogni caso, discutibile) muta in funzione dell'opinione di sé che, con riferimento a essa, ha chi l'ha dettata: i due lettori di Apollonio ne converranno.
Sotto la penna di uno che si crede tra coloro "di minor talento", essa è ancora tollerabile.
È anzitutto una sesquipedale volgarità, invece, tale da suscitare nel lettore una risata, se a scriverla è stato chi pensa di sé "e io sono uno dei pochi dotati" e la propone inoltre come conclusivo argomento a sostegno del valore di ciò che sta spacciando per "nuova teoria".
In questo secondo caso, essa deve poi essere motivo di preoccupazione, nell'ambiente in cui è stata enunciata. E, per chi riconosce nel suo enunciatore la propria autorità di riferimento, una buona ragione per interrogarsi sul ruolo che la commedia gli assegna.
In quelle parole si intravedono infatti arroganza, millenarismo, pregiudiziale rifiuto della critica, odio per la scepsi, propensione ai giudizi assoluti e ai comportamenti improntati a visioni totalitarie. Insomma, vi si legge ciò che è l'opposto dello spirito aperto, possibilista, tollerante e naturalmente ironico della scienza: un atteggiamento di spregio per l'umanità comune dei presunti meno dotati, possibilmente ammessi, da devoti, a "comprendere e apprezzare" l'opera degli eletti, dei "pochi dotati", che, anche dal punto di vista aspettuale, vi è presentata come perfetta: "creazione... compiuta".
Abbia (avuto) un individuo che pensa una cosa del genere e che si ritiene una tale divinità il potere di nuocere (anche solo intellettualmente), lo abbiano eletto a capo di una setta la stupidità, la pecoraggine, la malafede e il calcolo meschino di trarne vantaggi personali socialmente rilevanti, i risultati possono essere stati solo quelli che la storia anche recente dell'umanità dovrebbe avere insegnato a fuggire.
Tra tutti, e il più pericoloso, il conformismo: nella Modernità (e in quella marcia ancora di più), esso ha preso a camuffarsi, pubblicitariamente, da innovazione continua, da rivoluzione o da evoluzione permanente. Ma la storia, com'è noto, non insegna nulla.
Ah! Apollonio stava per dimenticare il riferimento: N. A. Chomsky, "Linguaggio", in Enciclopedia, vol. VIII, Einaudi, Torino 1979, p. 395. Niente paura, dunque, e solo da ridere. Grazie al cielo, tutto resta nell'aia della linguistica, dove anche le massime corbellerie e l'opera instancabile degli innumerevoli Giandomenico Fracchia che ci credono o fanno finta di crederci hanno conseguenze meno che marginali per le sorti dell'umanità.
[Tra coloro che vivono di accademia, se ne incontra parecchia di gente che, per aver fatto anche molto meno di Chomsky, è pronta a pensare, a dire e a scrivere cose simili. E lo ha fatto, magari con parole diverse e adducendo meriti, competenze e professionalità. E va su tutte le furie se i malcapitati che la incontrano, scrollano il capo e si allontanano disgustati. Quanto ai Giandomenico Fracchia, se ne trovano complementarmente legioni. I due lettori di Apollonio lo sanno e, dandosi di gomito, staranno già facendosi nomi degli uni e degli altri: al prossimo incontro, glieli sussurreranno in privato all'orecchio].
Sotto la penna di uno che si crede tra coloro "di minor talento", essa è ancora tollerabile.
È anzitutto una sesquipedale volgarità, invece, tale da suscitare nel lettore una risata, se a scriverla è stato chi pensa di sé "e io sono uno dei pochi dotati" e la propone inoltre come conclusivo argomento a sostegno del valore di ciò che sta spacciando per "nuova teoria".
In questo secondo caso, essa deve poi essere motivo di preoccupazione, nell'ambiente in cui è stata enunciata. E, per chi riconosce nel suo enunciatore la propria autorità di riferimento, una buona ragione per interrogarsi sul ruolo che la commedia gli assegna.
In quelle parole si intravedono infatti arroganza, millenarismo, pregiudiziale rifiuto della critica, odio per la scepsi, propensione ai giudizi assoluti e ai comportamenti improntati a visioni totalitarie. Insomma, vi si legge ciò che è l'opposto dello spirito aperto, possibilista, tollerante e naturalmente ironico della scienza: un atteggiamento di spregio per l'umanità comune dei presunti meno dotati, possibilmente ammessi, da devoti, a "comprendere e apprezzare" l'opera degli eletti, dei "pochi dotati", che, anche dal punto di vista aspettuale, vi è presentata come perfetta: "creazione... compiuta".
Abbia (avuto) un individuo che pensa una cosa del genere e che si ritiene una tale divinità il potere di nuocere (anche solo intellettualmente), lo abbiano eletto a capo di una setta la stupidità, la pecoraggine, la malafede e il calcolo meschino di trarne vantaggi personali socialmente rilevanti, i risultati possono essere stati solo quelli che la storia anche recente dell'umanità dovrebbe avere insegnato a fuggire.
Tra tutti, e il più pericoloso, il conformismo: nella Modernità (e in quella marcia ancora di più), esso ha preso a camuffarsi, pubblicitariamente, da innovazione continua, da rivoluzione o da evoluzione permanente. Ma la storia, com'è noto, non insegna nulla.
Ah! Apollonio stava per dimenticare il riferimento: N. A. Chomsky, "Linguaggio", in Enciclopedia, vol. VIII, Einaudi, Torino 1979, p. 395. Niente paura, dunque, e solo da ridere. Grazie al cielo, tutto resta nell'aia della linguistica, dove anche le massime corbellerie e l'opera instancabile degli innumerevoli Giandomenico Fracchia che ci credono o fanno finta di crederci hanno conseguenze meno che marginali per le sorti dell'umanità.
[Tra coloro che vivono di accademia, se ne incontra parecchia di gente che, per aver fatto anche molto meno di Chomsky, è pronta a pensare, a dire e a scrivere cose simili. E lo ha fatto, magari con parole diverse e adducendo meriti, competenze e professionalità. E va su tutte le furie se i malcapitati che la incontrano, scrollano il capo e si allontanano disgustati. Quanto ai Giandomenico Fracchia, se ne trovano complementarmente legioni. I due lettori di Apollonio lo sanno e, dandosi di gomito, staranno già facendosi nomi degli uni e degli altri: al prossimo incontro, glieli sussurreranno in privato all'orecchio].
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