16 agosto 2019

Testi meccanici e testi (post-)umani

Macchine che producono testi, sul fondamento di sterminate banche dati. E, affermano credibilmente coloro che sono coinvolti nel gigantesco affare e lo pubblicizzano sui relativi mercati, testi che nella stragrande maggioranza dei casi sono indistinguibili da quelli prodotti da esseri umani. È il protocollo della prova-principe dei risultati della ricerca nel campo dell'intelligenza artificiale, sin dai suoi moderni albori, come si sa. Performance umana? Meccanica? Se non si può decidere, il successo è massimo.  
Sull'indubbio risultato, ancora un dubbio, ma procedurale: successo raggiunto perché si stanno progressivamente sviluppando macchine sempre più simili agli esseri umani o perché, seguitando l'esplicito e plurisecolare programma della civiltà moderna, si stanno progressivamente riducendo gli esseri umani a macchine e i testi che costoro producono, considerati ancora umani per inerzia ideologica, sono in realtà testi già post-umani?
A sciogliere il dubbio, un'ipotesi: ragionevolmente, alacri lavori sono in corso su ambedui i versanti, come appunto accade quando ci si impegna nella realizzazione di un tunnel. Nel caso specifico, un tunnel tutt'altro che metaforico, in cui, malgrado possa parere il contrario, la post-umanizzazione ha fin qui progredito più della produzione di macchine presentabili come intelligenti. Insomma, già oggi e non da ieri, il mondo conta forse più esseri umani quasi-meccanici che macchine quasi-umane. È questo, allo stato dei fatti, il più rilevante e chiaro esito del contraddittorio umanesimo moderno, dalla storia a tratti comica, a tratti, e più frequentemente, tragica.
Difficile nutrire la speranza che, una volta che quel tunnel sarà stato compiuto, sempre ammesso ci si riesca, da tale immane sua opera sarà ancora capace di immaginare una via di fuga un'umanità che, al culmine del suo paradossale successo, non sarà più tale perché finalmente e felicemente indistinguibile dalle macchine. Più probabilmente vi si perderà, trovandovi così la sua sepoltura. Degnamente post-umana e, a quel punto, indubitabilmente illacrimata. 

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