È venuto di moda da qualche anno tra i giovani l'aggettivo solare, coi valori metaforici che prende quando è associato a designazioni d'esseri umani o a qualificare loro attitudini o comportamenti.
Non c'è ragazzina che non si dichiari "solare" quanto a indole, soprattutto se opportunamente sollecitata nei contesti pubblici. Non c'è metà d'una coppia d'innamorati che non magnifichi il carattere "solare" dell'altra e la conseguente qualità "solare" del rapporto.
Apollonio non esclude si trovino ricche attestazioni di usi comparabili nella corrente narrativa di cassetta. Ne ha sottomano una (in predicato d'essere ironica?): "alla vista della solare marinaretta che sbarcava saettante dal motoscafo Riva". È tratta dal romanzo di esordio di un giovane e ormai affermato scrittore romano, capace di mettere all'opera tutte le veneri della retorica, come si evince già dal modestissimo lacerto. Non mette conto di farne esplicitamente il nome. La citazione è resa trasparente dalla menzione di un natante di marca, che equivale, in funzione dell'autore, all'apposizione di un sigillo, a una sphragìs. Un motoscafo Riva compare infatti sulla copertina dell'edizione del romanzo da cui Apollonio cita. Necessitano altre prove della topicità del passo in cui solare fa la sua comparsa?
Certo è che, col successo popolare, è venuto al solare in questione un qual inequivocabile tanfo di cattivo gusto. Non è un caso d'altra parte che, correlativamente, anche il motoscafo Riva facesse già qualche anno fa da elemento di contorno di un comunicato commerciale teletrasmesso che vedeva il suo fuoco nella vicenda d'un dettaglio anatomico progressivamente scoperto dallo smagliarsi di un già ridottissimo abitino (qualcuno dei cinque lettori di Apollonio ne serberà magari grata memoria).
Al degrado prima verso il finto lusso di massa, infine verso una piatta e corriva pretenziosità, forse l'aggettivo solare era destinato, poi, se è vero che (a credere ai lessici specializzati) esso ebbe già qualche fasto sotto la penna dannunziana e in prose d'arte correlabili.
Al degrado prima verso il finto lusso di massa, infine verso una piatta e corriva pretenziosità, forse l'aggettivo solare era destinato, poi, se è vero che (a credere ai lessici specializzati) esso ebbe già qualche fasto sotto la penna dannunziana e in prose d'arte correlabili.
Se non si tratta, invece, di un tanfo cimiteriale e cadaverico. Perché inquieta apprendere di una "epidemia dell'aggettivo sonnig (solare)" già in quella che Viktor Klemperer definì, col titolo del suo celebre libro, LTI: Lingua Tertii Imperii, cioè la lingua del Terzo Reich. E inquieta sapere che, secondo la testimonianza del filologo, qualunque ne fosse stata la scaturigine, "a quel tempo solare imperversava negli annunci mortuari" con cui famiglie devote al credo hitleriano annunciavano al mondo il sacrificio, in guerra, dei loro giovani rampolli, definiti appunto sempre, una volta morti, di indole "solare".
Che tutti i solare di oggi ricorrano in realtà come decorazioni dei cippi funerari verbali, di discutibile fattura, sotto cui giacciono giovani morti inconsapevoli? Che siano malcelate autonecrologie le parole di coloro che li proferiscono per qualificarsi moralmente?
Comunque sia, anche quanto a solare, è dato verificare come dica il vero l'incipit di un famoso opuscolo di Marx, secondo il quale ci sono vicende storiche che, presentandosi una prima volta, s'illuminano dei lampi corruschi della tragedia e, presentandosi una seconda, brillano delle ridicole luminarie della farsa.
Che bello!
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