Sul principio del breve Dialogo della Moda e della Morte di Giacomo Leopardi, la Moda richiama l'attenzione della Morte: "Madama Morte, madama Morte". Ne riceve una sgraziata risposta: "Aspetta che sia l'ora, e verrò senza che tu mi chiami". E la Moda: "Come se io non fossi immortale". La Morte, allora: "Immortale? Passato è già più che 'l millesim'anno che sono finiti i tempi degl'immortali". La dotta citazione dalle rime del poeta del Trionfo della Morte porge il destro all'ironia della Moda, definitiva: "Anche Madama petrarcheggia come fosse un lirico italiano del cinque o dell'ottocento?".
L'espressione della Morte s'adegua a una maniera, contingente realizzazione della Moda, immortale: la Morte "petrarcheggia". E Leopardi medesimo, come la Morte, consapevolmente, da lirico italiano dell'Ottocento, petrarcheggia.
C'è ironia umana (non si sta parlando del suo surrogato caporalesco), c'è ironia umana che non sia alla fine fondamentalmente riflessiva? C'è parola autentica (e l'ironia è autentica) che non sia parola per se stesso? Come potrebbe giungere agli altri ancora vera, se non esponendo il suo proferitore come il suo bersaglio?
Apollonio non conosce nessun altro senso nobile di comunicare. Comunicare la propria espressione.
[Mirabile risorsa lessico-sintattica dell'italiano, giuntale, attraverso il latino, dal greco antico: prendere un non-verbo, nel caso in questione un nome, e per giunta proprio (ma non di necessità), e farne un verbo in -eggiare. La creatività rispetta una sistematicità rigorosa. Tra le varie classi e per menzionarne solo un paio anche culturalmente molto rilevanti, quella dei verbi che rimontano a processi di antonomasia e quella dei verbi generati da una metonimia: catoneggiare, da un lato, dall'altro, petrarcheggiare. Da qualche anno, l'alter ego di Apollonio s'è dato ad esplorarle, senza erudizione (del resto, non saprebbe come costruirsela) e risalendo invece verso la sorgente linguistica da cui verbi del genere sgorgano incessantemente: un ottimo pretesto per esprimere, comunicandola, la sua natura di perdigiorno].
...(ri)vien da pensare che i «limiti professionali del grammatico e del rettorico, cioè dell'analista, strutturale o storico, di lingua e di stile» (per dir con un Maestro)
RispondiEliminaper noi badalucchi e lingueggianti tutt'altro che profondi, dunque confinati tra estemporanee brachilogie e incerti parlari (oltre che inadatti a ricever troppo dotti ammaestramenti) e passeggianti la via maestra dell'incompetenza e della precarietà, costituiscono occasione e motivo di combattere il tuono della nostra frivolezza, insieme nutrendo la (fittizia) speranza di sentir crescere l'erba nei campi della lingua (per usare un'espressione d'altra magistrale mente) cioè della vita...
Emi
Non è possibile ockhameggiare e unificare le due classi, quella dei verbi che rimontano a processi antonomastici e quella dei verbi generati da metonimia? X-eggiare "agire come X".
RispondiEliminaCome glossa, fedele Lettore, la Sua proposta è certo un modo, ockhameggiando, di unificare le due classi. Senza molto darlo a vedere e come effetto di sue antiche frequentazioni, l'alter ego di Apollonio però harriseggia. Sa quelle vecchie storie delle parafrasi e delle trasformazioni? Queste ultime, certo, non nel senso che poi diede loro il primo Chomsky. E, in termini di parafrasi effettiva (harriseggiando, la metalingua è nella lingua!), egli osserva allora che a catoneggiare corrisponde fare il Catone (o il catone, poco importa): ecco venir fuori l'antonomasia. Al petrarcheggiare di Leopardi (e della Morte) non corrisponde invece fare il Petrarca (tanto meno il petrarca. Piuttosto ed eventualmente, rifare il Petrarca. Ma quale Petrarca? Ecco venir fuori la metonimia. Ciò qualcosa vale. Anzi, trattandosi di relazioni e di differenze, saussureggiando, vale molto, se non quasi tutto. Per una più ampia (e certo ancora più noiosa) discussione, il rinvio è a lavori già pubblicati del menzionato perdigiorno. Lavori che, suppone Apollonio, egli sarebbe felice di fornirLe se Lei glieli chiedesse.
RispondiEliminaCordiale Discolo, i due meccanismi illustrati sono chiarissimi. La mia proposta unificante muoveva dal sospetto che talvolta nelle scienze del linguaggio assurga a principio esplicativo, con tutti i crismi della plausibilità, la mera reificazione delle parafrasi. Sarei lieto di approfondire la questione, anche perché, tra i lavori del suo harriseggiante alter ego, non ho avuto il privilegio di leggere quelli dedicati al benemerito, antico e moderno, suffisso -eggiare.
RispondiEliminaIl sospetto che muoveva la Sua proposta, fedele Lettore, è molto ben giustificato, a parere di Apollonio. La procedura che Lei stigmatizza ha larghissima fortuna in linguistica (anche perché prende origine dal modo di condursi dei grammatici tradizionali, che i linguisti moderni non hanno mai completamente dismesso). Mandi per le vie private, se vuole, un Suo recapito all'alter ego di Apollonio. Il perdigiorno promette di inviarLe rinvii più precisi e, nel caso di deficienze bibliotecarie nei Suoi paraggi o di altre possibili difficoltà, copie elettroniche dei lavori in questione.
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