Saranno passati mille e cinquecento anni (c'è chi dice un po' di più, chi un po' di meno) dal momento in cui, componendo una lista di più di duecento coppie, fortunosamente pervenutaci perché copiata qualche secolo dopo, un oscuro maestro di scuola annotava pignolo "speculum non speclum", "pecten non pectinis", "calida non calda", "viridis non virdis", "socrus non socra". Provava così a mettere un freno alla scomposta espressione di quegli asini dei suoi scolari. Almeno nello scritto, perché, quanto all'orale, a quel momento, difficilmente si può credere che il maestro non si fosse ormai rassegnato a lasciar dire e a dire, lui medesimo, "speclum", "pectinis", "calda", "virdis", "socra". Anzi, a udire e proferire cose anche più nefande, senza più nemmeno rendersene conto. Così fanno ritenere le palesi mostruosità venutene fuori e che, ancora oggi, ci fanno compagnia: verde, specchio, pettine e altre sconcezze romanze comparabili.
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