Per parafrasi, si dà immancabilmente ragione a chi si
ritiene, la ragione, l'abbia persa. Raccomandato dalla voce popolare, il comportamento non mira certamente a fare sì che chi ha perso la ragione, visto che gliela si dà, ne ritorni in possesso.
L'osservazione, scherzosa e peregrina, fa da minuscolo esperimento per intendere come, combinandosi con dare o con perdere, ragione vada da una parte o dall'altra in funzione di la: dare ragione, perdere la ragione.
L'articolo determinativo (tale, per la terminologia grammaticale) non ha un significato, ma un valore. Esso sortisce dall'opposizione tra presenza e assenza, come a dire da un mero rapporto paradigmatico. Ed è il valore dell'articolo a dare all'insieme un senso, per dirla come piace a quei molti che forse, senza saperlo, intendono appunto una direzione.
Ti vedo accorto con la terminologia mainstream…😎
RispondiEliminaApollonio è grato della confidenza al Lettore o alla Lettrice senza nome. Gli o le confessa tuttavia di non avere capito il commento. E si scusa di non riuscire a leggere dietro gli occhiali da sole.
EliminaHo spesso sentito e detto il proverbio anche con il "la" ("la ragione si dà ai matti" o "dare la ragione ai matti"), senza che questo alle mie orecchie determini una variazione di senso. Sarà forse che di ragione ce n'è una sola?
RispondiEliminaGrazie dell'integrazione all'anonimo Lettore o all'anonima Lettrice. Del numero delle ragioni, Apollonio non saprebbe dire nulla: faccenda da filosofi. Il frustolo, al volo, segnala un'opposizione espressiva che, per ciascuno dei due termini oppositivi, può naturalmente essere integrata sperimentalmente ma che, a occhio, pare funzionare nei modi della marcatezza. E "ragione" o "la ragione" che si dà non sono appunto, linguisticamente, "la ragione" (marcata) che si perde.
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