27 giugno 2024

Linguistica candida (68): Un vettore del mutamento di norma negletto

Perché una tendenza linguistica (soltanto linguistica?) prevalga, che sia cretina è pressoché indispensabile. La cretineria è assicurazione di successo nella società dei parlanti (solo dei parlanti?).
Non si creda però che la cretineria non prevalga anche individualmente in chiunque parli. Ciò accade non solo perché, fuori del tempo, essa è dote personale universalmente umana, ma anche perché, se è intelligente o, meglio, se tale si giudica, non c'è essere umano che non tenga non tanto a mettersi linguisticamente al pari con la società, quanto a farle addirittura da avanguardia. 
Il moderno ceto intellettuale è in proposito esemplare. Da esso emanano appunto le innovazioni: per fare solo un esempio, nelle sue chiacchiere, raccontare dilaga e sommerge il modesto e referenziale dire, lo specifico e diversamente impegnativo spiegare e altre eventuali scelte. 
È così che, con il mutamento linguistico, a quel (raramente simpatico) pasticcione che è appunto l'essere umano e che, sine ira et studio, sarebbe forse da definire un quasi perfetto cretino, non manca mai l'occasione per un rinnovato esercizio della sua principale dote, sulla via indefinita della sua storia. Infinita, la storia, non la si può certo dire: come ogni individuo che ne fa parte, un giorno anche la specie perirà. Dove andrà allora la lingua, nessuno lo sa. Come la vita, tornerà donde è venuta?
E, per concludere un frustolo che (inutile pensare di nasconderlo) è esso stesso prova della fondatezza del suo argomento, è così che il mutamento linguistico (solo il linguistico?) va guardato come ineluttabile: con animo compassionevole e, al tempo stesso, ammirato. Mai con lo spocchioso timore che porti verso il peggio, come fanno non tanto i conservatori, quanto i reazionari, mai con la violenta illusione che porti verso il meglio, come fanno i progressisti entusiasti. 
Che poi tale criterio valga soltanto per la lingua e i suoi mutamenti, come si è visto, qui non lo si giura.

19 giugno 2024

"Colorless green ideas sleep furiously"

Non mancherà ai due lettori di Apollonio la conoscenza di quanto, nella comunicazione globale, è successo ieri. Sono accidenti che, di norma, non portano male al soggetto che ne viene investito e, al contrario, capita diventino auguri di permanenza in vita. 
Noam Chomsky non ha forse al momento la lucidità di spirito per reagire come fece Mark Twain quando qualificò come esagerata la notizia della sua morte, in un telegramma inviato all'agenzia giornalistica che l'aveva diffusa.
Frattanto, le reti sociali hanno prodotto un numero imprecisato di perle. Una è particolarmente gustosa, se riferita a colui che coniò, per suo uso e consumo, la proverbiale espressione menzionata del titolo del frustolo. Eccola: "Morto all'età di 95 anni Noam Chomsky, il maggior linguista vivente..."

10 giugno 2024

Sommessi commenti sull'Ultra-Moderno (5): Adeguare la lingua

Il sole sorge
, il sole tramonta anche dopo Copernico. E, come formula, Dio non voglia continua ad affiorare sulle labbra di mortali ben convinti e convinte dell'ormai plurisecolare morte di Dio. Di Dio nessuno si è ancora azzardato a precisare d'altra parte se è proprio morto o solo clinicamente morto, che, come si sa, significa in realtà che qualcuno è ancora sufficientemente vivo da potere donare un organo. E di farlo (farlo? Anche qui, qualche dubbio sarà lecito) senza essere in grado di proferire un fatidico Prendi il mio cuore: è tutto tuo. Aspetti dell'ideologia, della vita e di qualche suo correlato non di poco momento, come si comprende.
Invece, "la lingua ha da adeguarsi alla nuova realtà", si sente dire. Da qualche secolo, appunto, c'è sempre una voce, pronta a ispirare un coro, che si alza ad affermarlo con fare (spesso inutilmente e rabbiosamente) impositivo. 
Gente che, poverina, crede che le proprie piccole convinzioni, con il corredo di norme linguistiche all'uopo artificialmente e localmente cogitate, siano la realtà: la realtà che conta!
La voce di costoro ha un suono stridulo e sinistro e conviene non prestarle orecchio. Da qualsiasi fonte provenga: destra, manca, sopra, sotto, davanti, dietro. Dovunque essa echeggi: tribuna, aula, pulpito, cattedra, piazza, assemblea. Di qualsivoglia lingua si tratti: quotidiana, letteraria, locale, nazionale, pubblica, privata. E qualunque sia la realtà di cui proclama la novità: materiale, spirituale, personale, sociale, etica, teoretica.  
I conti con la realtà, la lingua li fa, li ha sempre fatti da sé e, nel mutare delle epoche, delle credenze, delle ideologie, i programmi umani che pretendono di determinare tali conti non ne producono la conformità, suo tratto necessario e permanente. Ne producono invece un transeunte conformismo, talvolta drammatico, sempre ridicolo.