4 agosto 2006

Lingua loro (2): Ippomontati, sì. Ma dove? E da quando?


Google consente d'inseguire le facili inezie in ciò che le fa tali: i loro labirintici meandri. Per questo, per simulare un'attività euristica, per far finta di fare ricerca è uno strumento (quasi) perfetto. Esito naturale di tale prassi, al tempo stesso reale e ingenua (quasi fosse un gioco infantile) ma certo non innocente, è l'inconcludente simil-teoresi che va oggidì dilagando. Si tratta in realtà solo dell’ennesima nuova forma sotto cui rivive l'immortale e rugosa larva dell'eterna erudizione, sempre più a buon mercato. Un divertimento a poco prezzo. L’illusione di saper molto (se non proprio tutto), senza la necessità di capire qualcosa. Non concedere qui a tale illusione un momentaneo visto d'ingresso sarebbe atto oltracotante. Del resto, quale migliore occasione di una quaestio equina per la magnanimità di un gesto agostano?
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Ippomontato, naturalmente, oggi dilaga (anche nella forma femminile e nei rispettivi plurali). E se chi scrive ha dovuto attendere l'agosto del 2006 e un cartello nel parco palermitano della Favorita per farsene finalmente motivo d'ilarità la colpa è certo della sua svagatezza (v. il post precedente). Non altrettanto distratti, e pour cause, sono stati a quanto pare Giovanni Adamo e Valeria Della Valle, che sul crepuscolo del 2005 avrebbero registrato ippomontato nel loro 2006 Parole nuove, pubblicato a Milano da Sperling & Kupfer. Scrivo questo post in condizioni temporali e spaziali che renderebbero ardua la consultazione dell'opera (e chi sa d’università e di biblioteche siciliane, per giunta in agosto, intende quell'ardua) . Mi accontento perciò di ciò che ne apprendo in rete.
Come quella di tutte le altre voci della raccolta dei due studiosi, la registrazione di ippomontato sarebbe esito di un'accanita lettura tra il 2003 e il 2005 di grandi quantità di prosa giornalistica.
Sia detto per inciso, gli autori dovrebbero perciò essere esenti dall’invidia di chicchessia. Ma qualcosa, infine, bisogna pur fare per campare, anche leggere il giornale per professione, togliendosi così per sempre il gusto di nasconderlo rapidamente sotto la scrivania all’inopinato passaggio del capo, che oggi invece esclamerà: «Benedetto ragazzo, non mi dica che da quando è arrivato stamattina in ufficio lei ha letto solo un quotidiano! Per favore, tolga dal suo tavolo quei libri, prenda la sua copia di Repubblica e si metta finalmente a lavorare…».
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Ma si torni al tema. Se, come sembra, Adamo e Della Valle hanno pescato solo nei giornali, al lettore di questo blog, quanto a ippomontato, si può offrire infatti altro materiale fresco (insieme con qualche ragione di riflessione).
La rete lascia credere infatti che già nel 1992 ci fosse in giro un ippomontato e che esso occhieggiasse ironico in apertura del testo di presentazione (sincrono con la pubblicazione?) di un libro di ritratti di meticci messicani, curato da Gianni Guadalupi per i raffinati tipi dell’editrice FMR: «Travolto dall’uragano corazzato e ippomontato dei Conquistadores, il Messico azteco fu trasformato nel corso del Cinquecento nella Nuova Spagna, mecca dei missionari, scatenati in battesimi di massa degli sbigottiti indios, e dei minerari esaltati dalle ricchezze inesauribili dei giacimenti d’argento».
Ippomontato comparirebbe così, con questa sua solo presunta origine, in uno spezzone di prosa (non troppo fastidiosamente) immaginifica, indirizzata a un lettore invogliato dalla presenza dalla trasparente metafora dell’uragano all’accettazione (in)consapevole della saporita innovazione formale, dal retrogusto vagamente volgare. E volgari furono appunto i cavalieri di quell’apocalisse: tutt’altro che cavalieri, appunto, al massimo ippomontati. Portatori inoltre di una lingua e di una cultura che, quasi contemporaneamente, avrebbero trovato la loro più alta e ironica espressione nella figura del maggiore cavaliere della letteratura mondiale: Don Chisciotte, in funzione di Ronzinante, l’ippomontato per antonomasia.
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Si tronchino subito però i fili di questa pista, troppo impegnativa filologicamente. A suo tempo, forse, la si potrà riprendere, se non sarà meglio lasciarla come indicazione, non si sa se più preziosa o velenosa, a qualche futuro perdigiorno. Dal 1992, se di 1992 si tratta, al 1998, Google non trova altre tracce di ippomontato. Ma quando sei anni dopo quella che pare la sua prima comparsa la forma riappare, quanto mutata è da sé! E quanto, invece, coerente (anche topologicamente) con il casuale reperto, il cartello stradale del parco della Favorita che ha fornito il pretesto a questo post e al precedente. Cartello che (si scopre) ha lasciato in rete tracce della sua esistenza almeno già dal 2001. In quell'anno lo notò infatti un giovane senese in viaggio d’istruzione, registrandone nel suo diario sotto forma di blog una salienza referenziale, che senza ippomontato sarebbe inspiegabile: «Massimiliano – Stiamo percorrendo il lungo viale presso il parco della Favorita, quello nei pressi del “Nucleo ippomontato” della Polizia…»).
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Nel 1998, niente metafore né prosa immaginifica, niente ironia né straniamento. Del resto, al di là dell'attendibilità di una datazione al 1992 della prima attestazione messa a disposizione dalla rete, c'è sempre uno stupido pronto a prendere alla lettera ciò che un altro stupido, ma di natura diversa, teneva eventualmente, come ogni celia, quale cosa più seria. E' quanto insegna la mille volte iterata vicenda del cattivo maestro.
Certo, è fuori da ogni celia l’Ufficio Stampa del Comune di Palermo quando con e in ippomontato esprime se stesso, servendosene in due comunicati, uno dell’aprile, l’altro dell’ottobre 1998, nel pieno fiorire cioè di una famosa stagione cittadina, la Primavera dell’amministrazione di Leoluca Orlando.
Gustosa testimonianza della labilità e della rapida usura dell'eufemismo (disabili? Ma come si permettono? Diversamente abili!), il testo che fornisce la prima ricorrenza è per altri aspetti banale: «Un'esibizione del gruppo ippomontato della polizia municipale per gli studenti disabili della scuola dell'obbligo. Martedì 14 aprile 1998, alle ore 10, un gruppo di 70 studenti disabili delle scuole dell'obbligo, accompagnati dai familiari, assisteranno, al Campo ostacoli della Favorita, ad un'esibizione del Gruppo Ippomontato della Polizia Municipale. L'iniziativa è promossa dall'Assessorato alle Attività Sociali del Comune di Palermo e coordinata dall'Ufficio H. All'incontro prenderà parte l'Assessore Luciano D'Angelo: "E' consuetudine - dice l'Assessore - in occasione delle festività natalizie e pasquali organizzare delle attività rivolte agli studenti disabili che quest'anno hanno già partecipato a delle visite guidate nel Centro Storico della città (10 aprile 1998)”».
http://www.comune.palermo.it/Comune/Avvisi/1998/Aprile/Aprile_1998.htm
Lo è meno il testo che mette a disposizione la seconda, dal momento che (giochi del caso) tira inopinatamente in ballo la Spagna, ancora una volta, e vi si rifrange l’eco dei modi di un’antica civiltà cavalleresca, se non ippomontata. Si vede che, come altri umani istituti e la vita stessa talvolta, anche le parole partecipano, precipitando, di oscuri e imperscrutabili destini: «1 Ottobre 1998. Il Re di Spagna cittadino onorario di Palermo. La cerimonia questa mattina a Villa Niscemi seguita dal pranzo offerto dal sindaco Orlando. E' cominciata alle ore 14.02, con l'arrivo del corteo a Villa Niscemi, sede di rappresentanza della Città di Palermo, la visita in Sicilia del Re di Spagna Don Juan Carlos de Borbon Y Borbon e della sua consorte, Regina Sofia. Ad accoglierli, all'ingresso della settecentesca residenza, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando e la moglie Milli. Un picchetto del nucleo ippomontato della Polizia Municipale di Palermo - composto da otto cavalieri in alta uniforme - ha reso gli onori ai Sovrani di Spagna»
Passano appena quattro mesi dal quel fausto e regale ottobre e, dice la rete, nel febbraio del 1999 ippomontato (ormai maturo, e certo di non far più ridere o anche solo pensare) entra nell’italiano dei documenti pubblici e della carta da bollo. E male fanno, di conseguenza, i dizionari anche nelle più recenti edizioni a non registrarlo (destinando me, come si è visto, e molti altri all’ebete sorriso dell’ignorante), laddove bene hanno appunto fatto Adamo e Della Valle, pur con più di sei anni di ritardo, a rendere la nazione linguistica consapevole della lacuna lessicografica. Della cresima di ippomontato si fa onorevolmente carico (come stupirsene, a questo punto della storia?) un’istituzione siciliana, anzi, l’istituzione siciliana per eccellenza: la Regione.
Memori delle cinquecentesche teorie dell’Arezzo (nell’Isola - rivendicava - è nato l’idioma nazionale, merito culturale sottrattole dalla Toscana con abile plagio), gli odierni Siciliani illustri che operano in quella sede istituzionale, forti come sono anche delle prerogative loro concesse dall'istituto autonomistico, non si peritano infatti di provvedere di tanto in tanto e per legge a aggiustamenti e innovazioni linguistiche. E appunto, l’otto febbraio 1999, per decreto, l’Assessore per l’agricoltura e le foreste della Regione siciliana istituisce «i reparti ippomontati del Corpo forestale»
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A partire da quella data, come fiore sbocciato a nuova vita nel corso della Primavera palermitana, l’ippomontato referenziale e, come si è visto, privo del sale (originario?) di un non troppo riposto sfottò comincia a dilagare e, serio e composto, a risalire la penisola, sulle gambe del Corpo forestale. Come la linea della palma, in cui Leonardo Sciascia vide l’immagine graziosamente arborea dell’espandersi sul continente di altri modi siciliani.
Nello stesso 1999, un ippomontato appare però già in Toscana (in un documento del Ministero degli Interni): autoctono? O, avrebbe detto l'Arezzo, la storia si ripete? Si osservi infatti che, ancora un paio di anni dopo (diversamente dagli organismi regionali siciliani, per i quali ippomontato è ormai la norma) la Prefettura di Firenze ha modi linguistici oscillanti e sembra indecisa tra il vecchio a cavallo, nobilmente riferito all'Arma, alla Polizia e persino ai Vigili urbani, e il neologismo, limitato al Corpo forestale: «percorso didattico con dimostrazioni pratiche di soccorso a infortunati, allestito dall'VIII Reparto Mobile, dall' VIII Reparto Volo e dal Reparto a Cavallo della Polizia di Stato, dalla Questura di Firenze, dal Nucleo Cinofilo e dal Reggimento a Cavallo dei Carabinieri, dal Nucleo Regionale Ippomontato e dal Coordinamento Provinciale del Corpo Forestale dello Stato, dai Vigili del Fuoco, dal Reparto a Cavallo dei Vigili Urbani, dal Ministero delle Comunicazioni, dalla Regione Toscana, dalla Provincia e dal Comune di Firenze, dall' INAIL, dall' Associazione». Del resto, ancora nel gennaio 2003, con intenti di variatio lessicale, il periodico Polizia moderna, come cauto enunciatore, mette il preservativo di un paio di virgolette tra sé e la qualificazione che va imponendosi (e che, come lascia intendere il testo, è "il nuovo" che, irresistibile, "avanza"): «Abbandonata per sempre la vecchia funzione di sola rappresentanza che tempo fa vedeva intervenire il reparto a cavallo esclusivamente in occasione di cerimonie ufficiali o cortei, oggi il personale “ippomontato” controlla abitualmente il traffico nelle aree urbane, vigila nei parchi, fa da scorta ad importanti personalità».
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Il fiore attecchisce ormai in ogni dove e, a valanga, oggi - dice la rete - sono ippomontati non solo i gloriosi Carabinieri ex-a cavallo e i reparti della Polizia di Stato, ma, per far qualche esempio, i Vigili urbani nella sabauda Torino (il gruppo «ippomontato» fa bella mostra di sé in foto facilmente reperibili in rete) come nella Rimini felliniana, la Polizia municipale della Leonessa d'Italia e i “ghisa” milanesi: uno di loro incappa qualche anno fa in una storiaccia sentimentale e un quotidiano cittadino, tracciandone il profilo, in cronaca gli dà pacificamente dell’«ippomontato».
Quando il 7 aprile 2006, insieme con il Corpo forestale, ippomontato giunge a Ispra, che (non inganni il nome da località marina calabrese o siciliana) è una ridente località lacustre della lombardissima provincia di Varese, consummatum est, si direbbe prendendo a prestito quella che, per essere in sospetto d’essere divina, è la più definitiva delle formule espressive umane.
Il bel sito web dell’Amministrazione comunale non manca di una galleria fotografica dedicata alle celebrazioni di quel giorno per il cinquecentenario della «Guardia Svizzera Pontificia» (ecco spingersi ancora verso Nord la linea della palma?). Tra le immagini della galleria, tre foto in cui su sfondi anonimi compaiono degli uomini in divisa e a cavallo. Il commento suona: «Cavalieri ippomontati». Il lettore penserà a questo punto: impossibile! Può, se vuole, cliccare per credere:
E dirsi contento di avere così assistito con semplicità e in diretta a ciò che dottissimi Balanzoni, chiamati a consulto in occasione di noiose e paludate assise scientifiche, qualificherebbero come un accadimento lessicale (quanto durevole, nessuno lo sa) del mutamento linguistico.

3 agosto 2006

"Siamo a cavallo!"


"Polizia municipale. Gruppo ippomontato": percorrendo il parco della Favorita, tra Palermo e Mondello, tolti il blu del cielo e la luce del sole (fin quando immutevoli?), non sono molte, come sempre, le ragioni di sorridere. Benemerita, provvede a fornirne una, con un cartello stradale, la fantasia lessicale della burocrazia militare (in cui certo il Burocrate Eterno soffia forte il suo spirito).
"A cavallo"? Ma come si può andare in giro con una qualificazione del genere? Che figura si fa, alle feste, a petto dei Reparti cinofili della Polizia, così fieri di esibire il loro grecismo?
"A cavallo" è un'espressione desueta e, si aggiunga, di sospetta qualità morale, con quel suo involontario alludere. Imprecisa, poi. Come attribuirla a un gruppo, che per altro esiste perché avrà un capogruppo (naturalmente ippomontato), un'amministrazione (dell'ippomontaggio? dell'ippomontatura? dell'ippomontamento?), una sede (dove non solo gli "ippi" staran pronti a essere "montati", ma dietro le scrivanie, tra un cruciverba e l'altro, (ci) si monta reciprocamente con la nobile arte dell'invenzione lessicale). E così via.
Insomma, dietro quel cartello (e la corrispondente carta intestata) pullula la vita di un vero paradiso neolessicale. E neoespressivo. Come non immaginare il capogruppo (ippomontato) ordinare ai suoi subalterni (pronti a ippomontare), al posto di un usurato "Signori, a cavallo!", un aggiornato "Signori, ippomontàte!". E una giovane recluta, desiderosa d'una cavalcata romantica con una bella da conquistare, così (se ne può star certi) si esprimerà: "Signorina, giovedì pomeriggio mi concederà, spero, di ippomontare con lei? Ne sarei molto felice".
Apollonio giura, non c'è ombra d'ironia nel commento finale, ineluttabile: "Siamo a cavallo! Pardon, ippomontati!"

[Illustrazione: J.-L. David, Bonaparte (ippomontato) valica il Gran San Bernardo]