26 ottobre 2009

"Il est trop intelligent..."

Puntuale, arriva con l'autunno la stagione dei convegni. "Noi andiamo a *** per il convegno di *** " informano Apollonio, gentili, alcuni giovani conoscenti: "Andate, andate...".

Mentre li congeda, per una delle involontarie oblique associazioni che affliggono i pensieri degli anziani, si riaffaccia alla sua memoria un motto di Antoine Meillet. Gli giunse anni fa per tradizione orale.
Meillet aveva appena allontanato dagli studi linguistici un giovane promettente, a lui forse poco gradito, sconsigliandogli di proseguirli. Per giustificarsi, del benavventurato (o malcapitato) pare così dicesse: "Il est trop intelligent: il ne serait pas à l'aise parmi mes collègues".

"...e, mi raccomando, salutate per me la bella e felicissima città".

18 ottobre 2009

"L'influenza A é una normale influenza"

Strilla così da un annuncio pubblicitario che compare in questi giorni sui quotidiani italiani il povero Topo Gigio (povero ma, a quanto pare, ben remunerato: et pour cause).
E sotto, caso mai ci fossero dubbi su chi muove e fa parlare il simpatico pupazzo, si precisa: "é un'iniziativa congiunta" del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri - Palazzo Chigi e del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali.
Lo stridulo sorcio assoldato come sicario per una strage di stato dell'ortografia? Pagato a peso d'oro per dare il cattivo esempio linguistico? Per nulla. Piuttosto per celebrare l'apoteosi della genialità comunicativa dei persuasori occulti al servizio delle istituzioni, che (come i loro committenti) ne sanno una più del diavolo e mandano messaggi per via subliminale.
Con raffinata sottigliezza infatti mettono così l'accento sul fatto che il morbo non è grave ma che il suo attacco è già acuto.

L'annuncio, come compare nell'opuscolo ufficiale

14 ottobre 2009

Assoluto

"What fetters the mind and benumbs the spirit is ever the dogged acceptance of absolutes": parole di Edward Sapir, che non smettono di essere valide quando ciò che viene preso per assoluto è l'esito della prassi sociale popolarmente designata, da qualche secolo, come scienza.
Lungi dall'esser tale, si tratta piuttosto di nuova forma - neppure troppo sofisticata - dell'eterno rinascere dell'idra del conformismo, che signoreggia subdola in laboratori ed università (oltre che nelle redazioni dei giornali, nelle case di produzione di spettacoli, nei circoli e nei partiti politici) esattamente come tra seminaristi e tricoteuses.
Sempre ridicolo, il conformismo, ma non perciò meno pericoloso, per la buffa combinazione (colta da sempre nella tragedia e grandiosamente nelle tragedie della storia recente) che del peggio dei conformisti fa proprio ciò per cui essi sono comiche e grottesche marionette, meritevoli al massimo (anche da parte delle loro vittime) di sorridente scherno.
Sempre stupido, il conformismo, senza riguardo ai pulpiti da cui esso viene propagato: vi tuoni, per appropriazione che più indebita non potrebbe essere, la parola di un dio, anzi di Dio, o quella di un merito laico, di una competenza disciplinare solo presunta. Irrimediabilmente umani, merito e competenza sono infatti miserabili, se tromboneggiano e non sanno riscattarsi sorridendo anzitutto e dolceamaramente di se stessi e della propria relativa nullità.

4 ottobre 2009

«L'opposition au darwinisme s'est évaporée...»

Anthropologue, membre de l'Académie française, «parfois qualifié de 'Darwin des sciences sociales'», c'est René Girard qui l'affirme, dans une de ses interventions publiées dans le Monde des livres, au sujet du naturaliste anglais.
Girard ajoute: «...un peu comme si on voulait s'opposer à Newton ou à Einstein dans leur domaine. La première fois que je l'ai lu [Darwin], l'attitude était totalement différente. Il y avait encore une possibilité d'antidarwinisme réelle. Ce n'est plus le cas aujourd'hui, que l'on soit croyant ou pas: Jean-Paul II n'a-t-il pas dit qu'il voyait dans le darwinisme 'plus qu'une hypothèse'?».
Rien d'étonnant, à vrai dire. Un pape peut-il s'exprimer différemment? Tout ce qu'il imagine juste est par principe plus qu'une hypothèse. Parfois, c'est un dogme.
L'opposition au darwinisme s'est-elle finalement évaporée? Un pape (et quel pape!) a-t-il pu le définir comme plus qu'une hypothèse? Voilà des preuves écrasantes que le darwinisme dont l'immortel Girard parle n'a rien à faire avec la science.
Si une idée a une valeur quelconque, dans la science, c'est qu'elle ne peut jamais devenir un dogme: et il faudrait se demander sérieusement pourquoi au contraire le darwinisme a une nette tendance à le devenir. La valeur scientifique d'une idée réside dans sa nature de défi, qui réclame des objections. Et elle meurt, en tant qu'idée scientifique, si elle cesse de les provoquer.
Bref, une idée scientifique doit sa valeur à son éternel statut de simple hypothèse: elle peut se présenter parfois et temporairement comme la meilleure hypothèse, jamais comme plus qu'une hypothèse.

1 ottobre 2009

Dall'ultimo banco, il buon Nando (1)

"Possiamo dire che il linguaggio è la facoltà di associare il contenuto all'espressione allo scopo di manifestarlo". Professoreggia così oggi il docente di linguistica dalla sua prestigiosa cattedra, in una delle sue prime lezioni.
Seduto all'ultimo banco, ponendo la massima attenzione a non farsi notare troppo, perché è sempre stato l'ultimo della classe, il buon Nando lo ascolta.
Del resto, ciò che il professore sta dicendo è quanto sta testualmente scritto sul principio del suo manuale: un manuale fondamentale. E su quello bisognerà studiare, per passare l'esame: Nando lo sa.
Se io mi prefiggo lo scopo di manifestare uno specifico contenuto - pensa però Nando - non posso che possedere già tale contenuto e possederlo consapevolmente. E come faccio a sapere che lo possiedo, se esso è ancora contenuto senza espressione e l'espressione devo ancora trovargliela? Come me lo sono detto, quel contenuto? Come do contenuto alla mia intenzione?
Ma - continua a pensare Nando - io sono solo l'ultimo della classe e sono anche un po' scemo. Che sto a chiedermi?
Per essere diventato professore, il professore, ai suoi tempi, sarà certo stato il primo della classe e se dice così, lo dice perché sa ciò che dice. Significa che ai primi della classe e ai professori capita così: hanno nella testa contenuti. E lo sanno. E viene loro voglia di vestirli di un'espressione, per manifestarli magari ai poveri cristi come me.
Agli ultimi della classe, invece, i contenuti vengono sempre associati ad espressioni e le espressioni associate a contenuti. Ed è chiaramente per questa ragione - conclude - che sono gli ultimi della classe: e io con loro.
Abbassa ancor di più la testa, il buon Nando, e continua ad ascoltare il professore: "...questa definizione può essere illustrata con esempi di diversa natura..."

[Ancora una nuova rubrica - se Apollonio ce la fa -, dedicata non solo ai manuali di linguistica ma, in genere, a chi sta in cattedra]