Sul limite d'una crudezza che a lui pare ironica e compassionevole, s'esprime, per allegria, per lucida disperazione, per la sedicente generosità con cui chi sa solo dare maschera malamente la sua volgarità. Sa bene che la nobiltà sta nel silenzio e nella parola, tanto più in questa parola, un'ineludibile dozzinalità. Ha la stupida pretesa di dire, forse solo a se stesso, come le cose si presentano allo scoperto e consapevole testimone d'un punto di vista. Per dirselo, ha bisogno di fare della sua espressione un "altro da sé", di modo che, una volta detta, anche di essa egli possa illudersi, errando nel mondo, di fare severa esperienza. Nuota ineluttabilmente nell'oceano dell'irrilevanza ma capita che il suo sommesso borbottio non piaccia. Capita addirittura che lo si voglia mettere a tacere e con successo, nel pubblico e nel privato. È comprensibile. Di più: doveroso, ove in gioco fosse il turbamento che, al suo ascolto, ne venisse ad anime che si vogliono tenere o vogliono tenersi imbelli e feroci, prima ancora che pericolosamente innocenti. Anche di ciò, scioccamente superbo, non gli manca la sorridente consapevolezza che gli viene (e non sa come e perché) dall'amore, ingenuo, foriero d'errori e, grazie al Cielo, necessariamente effimero, per questo quasi nulla.
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