22 agosto 2023

Linguistica da strapazzo (52): Ferdinand de Saussure, Roman Jakobson e Renato Carosone

In questa canzonetta di Renato Carosone c'è materiale per più di un'osservazione linguistica.
Di una linguistica modesta e da strapazzo, s'intende, che si occupa alla buona dell'espressione umana com'è, con gli strumenti messi a disposizione da Saussure e da Jakobson, per esempio. Non di quella importante e da scienziati che, visto che delle lingue umane ritiene di sapere tutto, pare sia già passata a trattare di lingue impossibili. O di quella da seri tecnici e ingegneri che, per considerare le reali, pretende si vada di corpora giganteschi.
In funzione poetica, allora, Carosone valorizza l'iterazione, variandola tanto sull'asse delle combinazioni, quanto su quello delle commutazioni. Cioè nei rapporti sintagmatici, come in quelli paradigmatici.
L'iterata variazione o la variata iterazione gli sono consentite dalla metafonesi. È questo un processo fonetico-fonologico (con eventuale fall out morfosintattico, com'è qui il caso) da cui è interessato, tra tante altre varietà, il napoletano, anche quando si fa letterario e canoro.
La vocale colpita dall'accento, se è media ([o] o [e]), mantiene o muta la sua altezza in funzione di quella atona della sillaba seguente. E se questa è alta ([u] o [i]), si innalza.
Nella lingua, cioè nell'umano, il passato è sempre presente nel presente e bisogna imparare a vederlo (diacronia e sincronia). E dunque, una volta introdottasi nel sistema, come è avvenuto nell'epoca ormai remota in cui, anche se atone, le vocali venivano tutte proferite distintamente, la metafonesi opera anche quando della vocale atona non rimane ormai che un uniforme vestigio: senza innalzamento, rossə, ma, con innalzamento, russə; senza innalzamento, essə, ma, con innalzamento, issə.
Il processo ha finito per procurare così forma rigorosa e lampante manifestazione all'opposizione di genere grammaticale, cruciale alla confezione della canzonetta e del suo tessuto semanticamente allusivo (significato e significante), come si vede o, meglio, si sente dalla voce di Carosone (langue e parole).
In anticipata e permanente barba, si direbbe da una prospettiva di politica linguistica, alle fantasiose e transeunti proposte che vorrebbero si credesse che, a ottundere certe differenze nell'espressione, basti la mutanda di uno scevà.

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