"The things 'as they are' exist in words; therefore words should be handled with care lest the picture, the image of truth abiding in facts, should become distorted - or blurred", scrive Joseph Conrad al suo corrispondente Hugh Clifford sul finire del 1899.
Gli sta dicendo cosa pensa di un libro che Clifford gli ha mandato in lettura e il giudizio è amichevolmente positivo. Conrad "si permette di fargli solo un'osservazione": "Non lasci abbastanza spazio alla fantasia. Non intendo i fatti - i fatti non possono essere narrati troppo esplicitamente - alludo semplicemente all'espressione. È vero che un uomo che conosce tanto (senza tener conto della maniera in cui la sua conoscenza è stata acquisita) può ben risparmiarsi il disturbo di meditare sulle parole; solo che le parole, i gruppi di parole, le parole isolate, sono simboli di vita, posseggono nei loro suoni e nelle loro forme la capacità di presentare proprio ciò che tu desideri imporre alla visione mentale dei tuoi lettori [...] Puoi dire che queste sono considerazioni adatte ad un semplice artigiano, e puoi anche dire - ed è concepibile - che non ho altro a cui pensare. Comunque tutta la verità sta nella presentazione, e di conseguenza la forma dovrebbe essere curata nell'interesse della veracità. Questa è l'unica moralità dell'arte, a parte il soggetto" (i corsivi sono nel testo e l'italiano è di Alessandro Serpieri).
Questo diario inaugura il suo nuovo anno e Apollonio è felice di farlo con simili parole, in compagnia, spera, dei suoi due lettori. Aprire un libro a caso, nella propria biblioteca, procura il piacere sopraffino di trovare, dopo anni, dimenticate sottolineature. Anzitutto, esse ricordano ad Apollonio come quelli che crede suoi pensieri, per fortuna, non sono suoi e, passati di mano in mano, molto meglio detti, chissà da qual fondo di antichissima, si direbbe, primordiale consapevolezza essi vengono. Vale insomma la pena di rompere il silenzio, per farli ancora echeggiare, anche sommessamente.
Dietro il silenzio, ammette, c'è di tanto in tanto qualche sconforto. Meglio, c'è un'incidenza talvolta acuta, nella sua faccia depressiva, di quel sentimento di inanità che, di norma, al contrario gli fa euforicamente da corroborante garanzia dell'accettabile grado della sua libertà.
Non servire a nulla e a nessuno aiuta a non servire nessuno e nulla.
E un certo lettore di Apollonio ha sempre il dubbio di non aver completato le operazioni di "pubblica"
RispondiEliminaE quando si riprendono in mano vecchi libri, meglio se quelli con i fogli cuciti e non sbrigativamente incollati, le sottolineature non sono neppure necessarie: le pagine più lette tornano ad aprirsi, esibendo di nuovo quel che aveva fatto soffermarvisi.
RispondiEliminaUn anno libero, è il mio sentito augurio.
RispondiEliminaIl suo sempre affezionato lettore
Mauro Lena