7 ottobre 2024

Luchino Visconti, araldo di "quella che è..."

In italiano, da qualche tempo, il sistema della determinazione nominale si sta evolvendo. Ancora poche settimane or sono, questo diario lo ha nuovamente documentato: "la Stampa ricorda anche quelle che sono le tre vittime nel Canton Ticino", per esempio. Ma hanno già più di tre lustri acute osservazioni in proposito di Stefano Bartezzaghi. 
Da esse, qualche anno dopo, l'alter ego di Apollonio prese in effetti spunto per un contributo specialistico che provò a collocare il fenomeno recente, in apparenza solo peregrino e frutto di un momentaneo andazzo, in una deriva diacronica plurisecolare: l'affiorare dell'articolo romanzo, come forma della determinazione nominale, a partire da un sistema, il latino, che, senza alcun danno, ne faceva bellamente a meno. Non per celia vi si affermava che nella deriva si vedesse già allora e di nuovo all'opera una "prevalenza del cretino".
Si individuava così, ancora grossolanamente, un vettore del mutamento linguistico dal rilievo pancronico di norma trascurato o, meglio, non (ancora) riconosciuto nella sua forza. Proprio come lo è "le rôle de la betîse dans l'Histoire", secondo Raymond Aron. A tempestiva conferma dell'ipotesi, venne il successivo reperimento di un dato e l'alter ego di Apollonio lo offrì a una considerazione più vasta della specialistica in un intervento divulgativo sul tema. 
Eccolo qui ripreso (il corsivo è aggiunto per segnalare ciò che è pertinente): "Un gruppo di studiosi fascisti docenti nelle Università italiane sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare ha fissato nei seguenti termini quella che è la posizione del Fascismo nei confronti dei problemi della razza" si legge in effetti, come esordio, nel primo fascicolo (agostano) della prima annata (1938) della rivista La difesa della razza. Non serve altro, qui si opina.
Il dato mostra altresì freddamente come lo sviluppo in questione non sia cominciato proprio ieri. Se è stato segnalato nella letteratura linguistica negli ultimi decenni, è solo perché esso è frattanto divenuto un fenomeno macroscopico. Oggi è visibile a chiunque presta un'anche modesta attenzione alle condizioni del mare dell'espressione e della comunicazione in cui si trova immerso. In una pausa delle stesura di questo frustolo, per esempio, Apollonio si è fatto spettatore di un notiziario teletrasmesso e, senza intenzione particolare di ricerca, ha udito dalla viva voce di intervistati e intervistate parecchie ricorrenze della perifrasi. 
Per dirla in altro modo figurato: la frana è ormai inarrestabile, a parere di Apollonio, ma i sassolini che la segnalavano come prossima avevano cominciato a rotolare per la china già molto tempo fa. Ed è oggi appunto chiaro (facile senno del poi) che si trattava di sassolini molto significativi, in funzione del criterio pancronico cui si è fatto riferimento. Una lettura stravagante procura adesso un'ulteriore stagionata e pregnante testimonianza ad Apollonio, che è felice di condividerla con i suoi due lettori. 
Erano stavolta i primi anni Sessanta del secolo scorso: un'epoca di "intellettuali". Diversamente da oggi, letteratura e cinema, anche per le loro implicazioni politiche e di vita civile, agitavano gli interessi del pubblico di quotidiani e rotocalchi. 
Nel loro Operazione Gattopardo. Come Visconti trasformò un romanzo di "destra" in un successo di "sinistra" (edizione più recente, Feltrinelli, Milano 2023), Alberto Anile e M. Gabriella Giannice riferiscono appunto di numerose interviste concesse alla stampa da Luchino Visconti nel corso della lunga gestazione del suo film ispirato al romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. 
In una di esse, secondo la citazione di Anile e Giannice, il regista si sarebbe espresso così (anche qui il corsivo è aggiunto): "Non conosco ancora l'esatto binario su cui correrà il mio Gattopardo [...]. Il nome mi affascina di per se stesso, come un aroma forte di odori e di sensazioni. Comunque, mi lascerò guidar da quella che è l'improvvisazione del momento, ma quello che ho in mente di trattare a fondo è la non accettazione dell'immobilismo storico del Lampedusa".
La filologia impone cautela. Il testo che ora si legge è frutto di due mediazioni: anzitutto, quella di chi trascrisse a suo tempo l'intervista; oggi, quella di chi ne riporta la trascrizione. Potrebbe quindi albergare interpolazioni. 
Non stupirebbe tuttavia che Visconti fosse allora all'avanguardia e dettasse la tendenza anche quanto agli usi linguistici: il "conte rosso", così era detto il nobiluomo a quei tempi e con ragione. Di quel colore politico e all'avanguardia, tra cultura, spettacolo e vita pubblica, lo era in tutto, da qualche decennio e in particolare in quei frangenti. 
E a proposito della direzione della sua deriva e di ciò che ne sarebbe seguito, fulminante sarebbe stata di lì a poco l'amara opinione di Ennio Flaiano (riferita da Francesco Piccolo, nel suo La bella confusione, Einaudi, Torino 2023): "Fellini non mi interessa più perché va verso la sartoria. Visconti perché va verso l'arredamento". 
Si dirà di nuovo figurata tale definizione, ma essa è precisa e appropriata anche quanto alla perifrasi "quella che è...". Dietro l'apparenza di raffinatezza, già allora manifestazione (preparatoria ed efficace) di manieristico cattivo gusto nell'arredamento del discorso. 


7 commenti:

  1. A questo bel cucire ed arredare con le parole, aggiungo la citazione attribuita a Zappa, ma di Martin Mull: “Scrivere di musica è come ballare di architettura”, tanto per prolungare la “prevalenza del cretino”.

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  2. Dove è lo "scandalo"?

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    1. Apollonio Discolo11/10/24 12:10

      Al Lettore o alla Lettrice senza nome, che forse solo per accidente ha avuto nell'occasione la pazienza di leggere la pagina che così commenta, Apollonio risponde che il suo diario non è mai andato a caccia di "scandali". Non si stupisca dunque se qui non lo trova. I mutamenti linguistici procedono, di norma, senza fare chiasso. Nessuno gridò allo scandalo, mentre al latino, passo dopo passo, crescevano (per dire così) gli articoli (determinativi) e, dopo, i cosiddetti articoli indeterminativi (che, dietro la comune designazione categoriale, sono in realtà tutt'altro, dalla prospettiva funzionale). "Quello che è..." e forme correlate, come ulteriori sviluppi, non scandalizzano nessuno e, un dì, saranno probabilmente un'inderogabile norma. Se il Lettore o la Lettrice cerca "scandali" e "indignazioni", il diario di Apollonio non fa dunque al caso suo.

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  3. Forse parliamo lingue diverse...

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    1. Apollonio Discolo11/10/24 18:30

      Apollonio ritiene piuttosto, Lettore o Lettrice senza nome, che ci siano modi diversi di parlare e di scrivere la stessa lingua e che ciascuno ha il suo. Per esempio, nella presente circostanza Apollonio si sarebbe servito difficilmente di un "noi" inclusivo come quello del Suo parliamo, marca di una confidenza con la persona con cui si interloquisce, di cui gli pare appunto non si dia qui il caso.

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  4. Preciso: forse abbiamo sensibilità diverse

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    1. Apollonio Discolo11/10/24 18:52

      Ha certamente ragione, Lettore o Lettrice senza nome. Tanto è vero che, in un caso del genere, Apollonio direbbe "La mia sensibilità è diversa dalla Sua".

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