"Mamma, stasera non ritorno" è l'incipit del tormentone del momento: "tutta l'Italia, tutta l'Italia, tutta l'Italia ah...". Esso si avvia a diventare la canzone dell'estate e, sempre sotto il segno delle relazioni famigliari, si candida a fungere da (alternativa popolare all') inno nazionale, che, come si sa, si apre invece con "Fratelli...".
Di passaggio, qualche giorno fa, s'era qui fatta d'altra parte cursoria menzione della Mamma come costante tematica della canzonetta italiana: Se n'era colta una variazione timica, tra passato e presente, nella sua più recente epifania sanremese. L'immagine della Mamma italiana vi sconta infatti il declino cognitivo che, fuori di festeggiamenti che hanno l'aria di essere posticci, colpisce la nazione. Di essa è ormai appropriata sineddoche e adeguato emblema una Mamma appunto la cui senilità non si accompagna più, come un tempo, a una dolce saggezza, ma alla demenza e alla perdita della memoria. Dietro le sdolcinature del testo specifico e i suoi legittimi intenti commerciali, avrebbe potuto esserci specchio più veritiero?
Apollonio non aveva fermato ulteriormente la sua attenzione sul resto della merce presente in quella fiera musical-letteraria. Ed è stato un errore. Glielo fa notare (e quasi glielo rimprovera) una persona con cui Apollonio corrisponde da un quarto di secolo e che, di conseguenza, di Apollonio conosce e condivide parecchie fissazioni, come il gusto per l'osservazione quotidiana non tanto delle parole, ma di quelle forme e di quei concetti grammaticali che, come insegnava Edward Sapir, sono il vero nocciolo funzionale delle lingue (e del pensiero).
Ebbene, la persona in questione ha osservato, informandone Apollonio, che il quid ideologico corrente della competizione sanremese è procurato dal suo esito. Le quattro canzoni che sono risultate favorite, "il podio", come si dice adesso con metafora sportiva, e quella a immediato ridosso, pur nelle loro differenze tematiche, hanno un tratto che le accumuna. Eccolo, per specimina:
Prima classificata. Balorda nostalgia: "Io le ho risposto che vorrei vorrei vorrei vorrei vorrei vorrei vorrei tornare a quando ci bastava ridere, piangere, fare l'amore...".
Seconda classificata. Volevo essere un duro: "Volevo essere un duro che non gli importa del futuro un robot un lottatore di sumo uno spaccino in fuga da un cane lupo... Volevo essere un duro...".
Terza classificata. L'albero delle noci: "Vorrei cambiare la voce vorrei cantare senza parole senza mentire per paura di farti soffrire vorrei cantarti l'amore amore il buio che arriva nel giorno che muore...".
Quarta classificata. Battito: "Vorrei guarire ma non credo vedo nero pure il cielo vetri rotti schegge negli occhi...".
Ammesso che, nei testi e nei discorsi, le parole in quanto tali esistano (la questione è complessa e Apollonio non vuole annoiare qui i suoi due lettori), volere è sempre ben più di una parola e non c'è testo o discorso che ne alberghi un'epifania che non sia determinato dalla sua ingombrante portata predicativa.
Come espressioni, tra dire Parto e dire Voglio partire, per fare l'esempio più banale, c'è un abisso. Un abisso al cui fondo c'è, come concetto grammaticale (Sapir, appunto, e Benveniste), una caratterizzazione morale del soggetto, che nel caso specifico è una prima persona.
La faccenda diventa più gustosa e intricata quando ad attualizzare volere e il suo soggetto di prima persona sono modi e tempi che (si scusi il bisticcio) ne modalizzano appunto il valore. Vorrei (come modo) e volevo (come tempo, ma in realtà anch'esso come modo) sono due casi esemplari e, spesso, in eventuale commutazione di registro, valgono come mere varianti (Coseriu e Ambrosini). Vorrei o Volevo aggiungere qualcosa... dice per esempio e alternativamente chi si propone di intervenire in una discussione. Una voglia in sordina, che si atteggia a perenta, meglio, a non attuale.
Va a questo punto precisato, a scanso di equivoci, che forme come vorrei e come volevo, con il loro pesante portato, sono da sempre tutt'altro che rare nelle canzonette: è una parte importante di ciò che, come cascame, esse hanno ereditato dall'"io" lirico della tradizione romantica e tardo-romantica.
Il narrato di ciascuna delle quattro tuttavia permette di integrare l'osservazione generale con un'interessante e contemporanea prospettiva pragmatica. A riassumerla con una battuta, come qui è indispensabile, si è nei quattro casi davanti a un 'vorrei (o volevo), ma non posso (o non ho potuto)'. Condizione (esistenziale o, se si preferisce, di vita) che si combina bene, oggi, con un ulteriore tratto comune dei componimenti: l'inequivocabile genere maschile dei quattro "io" che vi prendono la parola. Nelle quattro canzoni, insomma, pur nelle differenze, ha uniforme presenza un "io" maschile dal volere esposto, ma ben più che attenuato. Forse, affatto frustrato. Aggiungere qualcosa, in proposito, sarebbe ridondante.
Sopra la musica popolare, è un luogo comune che si menzioni e si citi L'éloge de la mauvaise musique di Marcel Proust, ma a questo punto, ringraziando chi, ammonendo il distratto Apollonio, ha procurato lo spunto a questo frustolo, cursorio perlomeno quanto il primo, la lettura del relativo passaggio è d'obbligo: "Détestez la mauvaise musique, ne la méprisez pas. Comme on la joue, la chante bien plus, bien plus passionnément que la bonne, bien plus qu'elle, elle s'est peu à peu remplie du rêve et des larmes des hommes. Qu'elle vous soit par là vénérable. Sa place, nulle dans l'histoire de l'Art, est immense dans l'histoire sentimentale des sociétés. Le respect, je ne dis pas l'amour, de la mauvaise musique n'est pas seulement une forme de ce qu'on pourrait appeler la charité du bon goût ou son scepticisme, c'est encore la conscience de l'importance du rôle social de la musique" (Les plaisirs et les jours, XIII).
Ay ay ay canta y no llores... nobile La Fauci ben ritrovato. Colpevole chis crive di avervi smarrito. Il fatto è che da mo' non ricevevo avvisi. Scopro che non c'è più la possibilità di restarsene collegati. Vabbuò, verrò se vorrò ma sì lo voglio passare in visita di tampo in tempo. Acute osservazioni sulla musica. Proust convalida. A presto D'Ascola
RispondiEliminaApollonio non ha mai disertato questa sua modesta tribuna, vivace Lettore e Collega Blogger, né sa cosa sia successo con gli avvisi. In ogni caso, bentornato e grazie del conforto.
Eliminaio son sempre collegato...!
Elimina«Non parto e non resto, ma provo il martire che avrei nel partire, avrei nel restar» Citazione a memoria (umana, non artificiale)
RispondiEliminaAll'amabile Lettrice che, per altra via, ha trasmesso all'alter ego di Apollonio il Suo desiderio di aggiungere una bella immagine a una citazione di tanto nobile cantabilità, Apollonio confessa di non sapere come accontentarLa. E spera perdonabile tale sua insipienza.
Elimina"Vorrei / volevo" una generazione fa o poco più era "voglio (andare a vivere in campagna)" - qualcosa sarà successo...
RispondiEliminaMa anche "io vorrei... non vorrei... ma se vuoi..." e mille e mille altre ricorrenze. Bisogna che qualcuno assegni una tesi di dottorato sul tema, Lettore o Lettrice senza nome: "Dal 'volli' a Olly"...
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