30 marzo 2025

29 marzo 2025

Linguistica candida (74): Perché disperare...

Con la lingua si dice il vero e il falso ma, più spesso di quanto si creda, né l'uno né l'altro. Con la lingua ci si comporta in modo conforme a una norma e difforme da essa ma, più spesso di quanto si creda, né nell'uno né nell'altro. 
Prima di tutto e sempre, la lingua è espressione e come tale si può provare a conoscerla, facendola oggetto di una scienza ragionevole, soprattutto in quanto covata dalla lingua medesima. 
Un giorno o l'altro, filosofi e grammatici di tutti i generi e di tutte le specie dovrebbero accorgersene. Ma andrebbe contro i loro interessi. Potrebbe infatti conseguirne la fine di signorie che somigliano a usurpazioni. 
E in ogni caso, a considerare la storia millenaria della civiltà e, in scala minore ma molto probante, quella degli ultimi due secoli, prima ancora di disperare della loro probità, c'è da farlo del loro acume. 

23 marzo 2025

Caratteri (23)


C'è chi l'accusa d'essere una banderuola. Sbaglia. Non ne ha rettamente inteso la linea di condotta, specchiata e inflessibile: dire a ciascuno ciò che ciascuno ama sentirsi dire. 

20 marzo 2025

Di "se stesso"

Tra coloro che benevolmente leggono questo diario, c'è chi ha osservato che il titolo del frustolo immediatamente precedente dichiara una scelta ortografica e, interpretandolo come un segno, ne ha chiesto ragione ad Apollonio.
Non c'è tema comparso in questo diario che non sia una quisquilia: stanno lì la sua forza e la ragione della sua esistenza, ritiene vanitosamente chi lo tiene in vita.
Anche alle quisquilie c'è però un limite. E quella ortografica che concerne eventualmente il titolo in questione oltrepassa il limite e di molto. Non è nemmeno tra quelle che, con Galileo, si definirebbero "di lana caprina". Si spinge con vertiginosa temerarietà verso la nullità assoluta, verso il Néant
Può così farne oggetto di giudizio e di opinione solo chi riempie con la debordante pienezza della sua figura un vuoto privo persino di un'eco. 
Non è appunto il caso di Apollonio. Non sono lui e il suo parere a dare valore alle quisquilie con cui perde il suo tempo. Sono tali quisquilie a dargli, caso mai, la fantasmatica consistenza che può vantare.
In conclusione: Apollonio scrive se stesso. E continuerà a farlo. Non è un'opinione. È un comportamento.  

19 marzo 2025

Di se stesso



Il piacere sopraffino che gli procura accompagnare un pezzo di pane con qualche oliva dà a chi scrive queste righe, riflessivamente, la migliore idea di chi sia e di donde venga.  

16 marzo 2025

Linguistica candida (74): Il Cielo guardi lingua, lingue e parlanti...

Venendo al mondo, una creatura della specie umana, tra il molto altro, incappa in una lingua di cui non sa nulla. Ma, umana com'è, è predisposta alla lingua (cioè a esprimersi) e con la lingua particolare in cui è incappata si accostuma in brevissimo tempo alla perfezione. Si accostuma in altre parole con un particolare sviluppo culturale della sua natura.
Si immagini allora, solo per un momento, che per assolvere a tale compito, cruciale per la sua sopravvivenza, essa fosse invece immediatamente affidata a cure e spiegazioni con le quali, per tradizione, si dottrineggia e si soloneggia sopra quella lingua in particolare o sopra ogni altra. La creatura non capirebbe nulla e sarebbe destinata, se non all'afasia, a gravi disturbi del comportamento espressivo e comunicativo.
Già solo a immaginarlo, che, per il suo sviluppo linguistico, sin dalla più tenera età, una creatura possa trovarsi in balia di un indottrinamento grammaticale provoca un'istintiva repulsione, anche a chi non ha letto le spassose pagine che l'Erasmo qui rappresentato dedica a deridere la follia di grammatici e grammatiche (già comico, in effetti, a dirlo così, per il gioco del genere). E si può stare certi che una madre grammatica o un padre grammatico, esprimendosi e comunicando con la propria creatura, depongono ogni superfetazione dottrinale e ricorrono, senza nemmeno pensarci, alla loro natura culturale. Parlano, non fanno sfoggio di precetti o di spiegazioni.
In effetti, a chi, predisposto, l'ascolta in una lingua qualsiasi, la lingua si spiega da sé. Anzi, si può dire che questa sia la caratteristica principale della lingua: la sua mirabile capacità di spiegarsi, senza, per dire così, intervento umano. Priva di tale capacità, se ci si pensa, la facoltà della specie di esprimersi, ammesso ci fosse stata in origine, si sarebbe rapidamente spenta. E a nulla sarebbero valsi, in proposito, grammatici e grammatiche. 
Di costoro, a lungo l'umanità ha fatto certamente a meno, senza danni, per la permanenza e lo sviluppo delle sue molteplici espressioni linguistiche. E c'è da ritenere che, nella vicenda dell'umanità, ci siano state lingue che hanno attraversato millenni di storia senza che a nessuno venisse in mente di farle oggetto di grammatiche. In altre parole, di un costrutto culturale che in effetti porta inscritto nel suo stesso nome la dipendenza da una tecnologia nata da poco: la scrittura. A qual pro perdere il proprio tempo con qualcosa cui la natura culturale degli esseri umani provvede ottimamente da sé medesima?
Agli esseri umani, come si sa, il fato ha tuttavia dato di complicarsi la vita, sotto pretesa di migliorarsela. In inespiabile pena o, in mancanza di meglio, in ragione di gioia. E, ammesso che per un breve momento una fase precedente sia esistita, non si è più ovviamente in una siffatta età dell'oro. L'età dell'oro della lingua rinasce tuttavia ogni volta che una creatura viene al mondo, come si è detto, e non bisogna perciò scordarsi che così stanno fondamentalmente le cose, con la lingua e con le lingue. 
Ne consegue allora che, nel mondo come è venuto fatto, inesorabilmente, l'unico insegnamento grammaticale sensato, con il procedere di un essere umano verso una personale e augurabile maturità, consisterebbe in un nobile "conosci te stesso, quando ti esprimi e comunichi". O, come variante, in un consapevolmente disperato "tenta di sapere almeno un po' cosa fai, quando ti esprimi e comunichi". O ancora, con spirito più illusoriamente prometeico, in un "prova coscientemente a padroneggiare a tua volta ciò in cui sei penetrato nascendo e che da quando vivi, senza che tu lo sappia, ti padroneggia e ti permette di sopravvivere". 
Ecco a cosa lavora, se ha un po' di sale in zucca, chi consacra la sua attenzione a lingua e lingue. E fu questo, per una breve stagione (oggi trascorsa), il vero programma della linguistica, nella qualità di disciplina ragionevolmente scientifica, quando essa provò a riscattarsi dall'erudizione che le aveva fatto da utero indispensabile, ma a lungo andare (e a rimanervi oltre il dovuto) malsano e mortifero. 
Come altre volte qui s'è scritto, sono infatti lingua e lingue a spiegare eventualmente quei bizzarri costrutti concettuali, trasformati sovente in cervellotici precetti di comportamento, che vengono detti grammatiche. E il Cielo guardi lingua, lingue e parlanti da chi crede il contrario. Non perché costui o costei possa nulla, in realtà, ma perché la sua rabbia impotente diventa ragione, per lingua, lingue e parlanti, di inutile, contingente infelicità. 

9 marzo 2025

Del "Gattopardo" in serie...

...Apollonio ha poco da dire. E ne ha anche meno il suo alter ego che intrattiene con il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (e con altre sue pagine) un rapporto di lunga fedeltà e di mai esausta goduria. Riflessi ne ha procurato, nei suoi venti anni, questo diario. Chi volesse verificare può inserire nella piccola casella in alto a sinistra, destinata alla ricerca, "gattopardo", "lampedusa", "tancredi" o "fabrizio", per esempio. Ne avrà esiti copiosi. 
Con quasi cinquemila e seicento contatti (non si osa dire letture), il frustolo "Quanti figli ha Fabrizio?", dell'undici febbraio 2009, è forse il più fortunato dei mille e cento che si sono qui accumulati sopra ogni sorta di futile tema. Un numero straordinario per un'impresa culturale nemmeno artigianale, ma meramente dilettantesca e individuale come è questo blog. Merito, ovviamente, di Lampedusa. 
Una predilezione, se non una dipendenza siffatta di Apollonio e alter ego è nota a più sodali. Ne è venuto da parte loro un invito, meglio, quasi un ordine a seguire la serie televisiva che, prendendo a pretesto l'opera di Lampedusa, Netflix, la gigantesca società statunitense che opera nel mercato globale dell'intrattenimento, ha prodotto l'anno scorso e ha immesso in queste settimane sul mercato italiano. Non solo a seguirla, ma anche a dirne. Di comune accordo, Apollonio e alter ego disobbediscono. Pensano non ne valga la pena. 
Si fidano in proposito di un buono, vecchio e malmostoso amico. Nanni Moretti. Ci s'intenda: amico non simmetrico e solo ideale. Con cui è capitato talvolta di intrattenere uno spassoso e ironico dialogo, altrettanto ideale. Sopra qualsivoglia produzione di Netflix, da lui è in effetti venuto, or sono pochi anni, negli opportuni modi dell'arte, un giudizio definitivo:



4 marzo 2025

Impossibile non amare il cinema...

 


...quando è capace di dire, con una sorta di ironico e amaro aforisma, tutto ciò che va detto di un paradosso perenne: la labile ed effimera compagine che volta per volta mette insieme, opponendoli, il "con" e il "contro". 

2 marzo 2025

A frusto a frusto (142)

 



Un potere che si fa vanitosamente rabbioso proclama, lo sappia o no, il suo inesorabile tramonto.