Pochi giorni or sono, in questo diario si annunciava un modesto rito, in cui si trovava implicato l'alter ego di Apollonio. "Non vorrà Apollonio negarci di sapere come è andata", scriveva amabilmente in calce un Lettore o una Lettrice. E, in risposta, Apollonio negava d'essere adatto all'ufficio.
Non si fa perciò una cronaca dell'evento, anzi si prova a trascenderla (o a sublimarla, nel consueto spirito), se qui si riferisce soltanto che, nell'occasione, è stata la pietas a fare da tratto pertinente.
A credere ai lessicografi, pietas, come prestito dal latino, è parola comparsa solo nel corso del Novecento, nello scritto letterario italiano. Il Grande dizionario italiano dell'uso, ispirato, come si sa, da Tullio De Mauro, la dice "comune", quanto a "marca d'uso". Essa sarebbe quindi "generalmente not[a] a chiunque abbia un livello mediosuperiore di istruzione". A dire il vero, l'attribuzione suona dubbia, già riferita al tempo in cui fu esposta. Oggi, opina Apollonio in maniera impressionistica, essa è crudamente anacronistica.
Un quarto di secolo, di questo secolo, in particolare, non è poco in funzione di certi usi linguistici. Non hanno tempo, al contrario, le maniere e le attitudini umane che l'astratto pietas include per marcatezza e, ovviamente, anche quelle non marcate che appunto esclude.
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