26 ottobre 2025

Linguistica candida (78): Erasmo, aggiornato

La lingua ha sempre imposto a se stessa le sue norme. Immaginarsi in diritto e soprattutto in grado di imporgliene altre è μωρία tradizionale ma sempre rinnovata, secondo mode di epoche diverse.
Ne sono afflitti esseri umani che, per eccessiva opinione di sé, pensano di detenere un potere di giudizio sopra ciò che si realizza e procede incurante di qualsiasi giudizio.
A tale μωρία etica se ne è aggiunta una seconda, da qualche tempo. È teoretica e forse non è meno grave.  
La prima vaneggia infatti d'avere effetti di legge; la seconda farnetica di avere la stoffa di una scienza. Con i suoi arzigogoli pretende di essere in grado di spiegare lingua e suo funzionamento più chiaramente di come, momento per momento, lo fa la lingua medesima a chi l'ascolta con il rispetto, il rigore, l'apertura di spirito e la radicale semplicità di cui diede certa (e forse ultima) prova quando, da infante che era venendo al mondo, in breve tempo, si fece parlante. 

3 commenti:

  1. Nutriente e decisivo. Grazie!

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  2. Radicale posizione, alle estreme conseguenze potrebbe risultarne caducata la possibilità stessa di una scienza della lingua, l'intento di Saussure. Da riflettere, dico per me; ad Apollonio mi permetto di dire: forse da mettere meglio a fuoco.

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    1. Apollonio Discolo27/10/25 09:42

      Grato Apollonio al primo Lettore forse troppo generoso e al Lettore o alla Lettrice senza nome dell'intervento successivo. È vero: affiorano spesso in questo diario immagini dai contorni sfumati che poi qui, da parte di Apollonio, o altrove, da parte del suo alter ego, si prova a precisare. Quindi, raccomandazione ben accetta. Ma forse non è stavolta il caso. E il fuoco c'è. Se non si considera, perlomeno di tanto in tanto, l'eventualità dell'inane futilità e della irragionevolezza di ciò a cui si è, spesso in mancanza di meglio, consacrata la propria vita si finisce per presumerne troppo e, correlativamente, per montarsi la testa. Meglio allora la via indicata da Flaubert con la fulminea descrizione morale di un minuscolo personaggio che compare quasi in chiusura di Madame Bovary e in cui si dice che lo scrittore abbia ritratto suo padre: un medico che "praticava la virtù senza crederci". Vale anche per una disciplina. Praticarla senza crederci. Non sarà forse il modo migliore o socialmente più produttivo per praticarla, ma, visto che di fuoco si parla, potrebbe essere il modo migliore per amarla.

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