Nell'Italia delle assemblee condominiali, dei consigli universitari, delle società bocciofile e d'ogni altro consesso c'è al momento sovente qualcuno che s'alza e, con aria grave e importante, propone l'introduzione di qualche nuova tassa: sul calpestio delle scale, sull'uso della carta igienica nei gabinetti dei dipartimenti, sui lanci del boccino.
Nel demi-monde intellettuale degli accademici, soprattutto, la moda dilaga: le evocazioni di tasse, tributi, imposte e gabelle si sciolgono come dolci caramelle in bocche dalle dentature rinforzate di schiatte trinariciute.
Tassare fa tendenza, insomma, e permette a ciascuno di sentirsi, fosse anche solo nel suo piccolo, un "mariomonti", cioè professore, appunto, e competente, serio, severo, rigoroso. Anche elegante. In una parola di "mariomonteggiare".
Tassare fa tendenza, insomma, e permette a ciascuno di sentirsi, fosse anche solo nel suo piccolo, un "mariomonti", cioè professore, appunto, e competente, serio, severo, rigoroso. Anche elegante. In una parola di "mariomonteggiare".
La conclusione è la solita. Non c'è sciocco di mondo che non corra dietro all'andazzo e non c'è andazzo, neanche il più probo, che non abbia dietro di sé un codazzo di sciocchi di mondo. L'uso linguistico, inconfutabile, l'attesta.
E se si tassasse l'uso di tassa?
E se si tassasse l'uso di tassa?
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