1 maggio 2020

"...non perché vogliamo sostituirci alla scuola che c'è..."

"...non perché vogliamo sostituirci alla scuola che c'è...", dice più o meno così una voce autorevole di Radio 3 nel corso di un sermoncino mandato in onda in questi giorni, a cadenze regolari. Il discorsetto illustra l'offerta di trasmissioni cui l'emittente radiofonica annette un valore didattico. 
Come si sa, nella presente temperie, si è prontamente individuato nella scuola che c'era un istituto sociale (e morale) da sottoporre a una restrizione rigidissima: la si è chiusa. Sia chiaro: lo si è fatto con le migliori intenzioni. 
Se un atto di portata sociale è accompagnato da un discorso, si dica però cosa nel mondo non si sia fatto con le migliori intenzioni, perlomeno da Costantino il Grande in avanti, con qualche retorica verecondia. E, con parole prive di remore, dalla Rivoluzione francese in avanti: migliori intenzioni a volontà. 
Poi, se le intenzioni sono veramente le migliori o, migliori o no che siano, cosa da esse sortisce sono faccende di cui ai sedicenti meglio intenzionati cale di norma pochissimo. Chi vivrà vedrà e, fatte buone, anzi, migliori le intenzioni, cosa altro c'è da fare per avere la coscienza a posto? Andasse male (capita più spesso di quanto ci si immagini), c'è sempre, assolutorio, un "noi credevamo...". 
E va detto: se in una fase perigliosa la scuola che c'era è stata forse il primo e l'unico istituto sociale (e morale) a essere destinato a uno schianto, è difficile pensare che, per i criteri correnti, non meritasse uno schianto. Quando c'è il rischio di affondare, ci si libera anzitutto di ciò che si giudica zavorra. La scuola com'era aveva un compito? Certo. Lo dice il dibattito corrente: quanto al graduale ritorno verso la normalità, permanendo chiusa la scuola, emerge chiaro un solo problema. Rappresentato dalla domanda "E allora i pupi, a noi, chi ce li tiene?", cui con fantasia apertamente disneyana risponde la promessa di un generalizzato bonus Mary Poppins. 
Per sopravvivere nella procella "del tempo del Coronavirus", secondo una formula oggi vieta, le migliori intenzioni hanno così avviato la scuola che ci sarà verso pratiche massimamente omogenee e standardizzate, se non nei contenuti, certo nelle procedure: "Bisogna si fronteggi un'emergenza". Alla bisogna, ecco pronti radio, TV e media diversi. E siccome - lo si sa - questi non sono certo ecosistemi favorevoli alla sobrietà delle litoti, è tutto un fiorire di sgargianti iperboli: "maestri" discesi direttamente dalle accademie più esquisite, contenuti avvincenti e "imperdibili", lezioni come "eventi". Così racconta la propaganda. Altro che la misera scuola dei banchi rotti, della precarietà di professori e professoresse con titoli avventurosamente acquisiti, dei muri scrostati e delle improbabili aule di scienze, delle biblioteche con quattro libri da quattro soldi tenuti per giunta sotto chiave e dei bagni generalmente sudici. Futura (quindi finta), ecco la migliore tra le scuole possibili in un mondo che magari buono non sarà, ma è il presente che prefigura il futuro e sarà certo il migliore dei mondi possibili. Non buono, appunto, ma il migliore dei possibili.
Che l'operazione didattica stia andando bene o male non è il punto. In proposito, va detto con un amaro sorriso che talvolta il torpore, l'inattitudine, la vischiosità sono i soli modi naturali con cui l'umanità fa resistenza a un'ideologia degradante che fa dell'efficienza un valore morale assoluto e dell'efficacia un esclusivo criterio di giudizio. E, tra gli altri, Zygmunt Bauman ha mostrato quali possono essere e, fuori delle ipotesi, storicamente furono e ancora sono le velenose fonti a cui si abbevera un credo siffatto. 
Del resto, in un momento che è difficile dire sia crepuscolo, alba o (più credibilmente) né l'uno né l'altra, alla luce in ogni caso radente del pensiero critico della modernità matura e tarda, tutto quanto sta accadendo è così chiaro e scontato, che Apollonio ha a tratti il sospetto di sognare, tante e tali sono le ipotesi elaborate da quel pensiero che la realtà sta adesso corroborando. La stupidità non può fare nulla per non somigliare al volto protervo che, in ogni tempo, ne ha illuminato il flash di qualche rado e fulmineo apparire dell'intelligenza.
Quando si sente della scuola e delle sue nuove procedure che, se ne può stare certi, sopravviveranno alla contingenza, banalmente "il medium è il messaggio" si avrebbe allora voglia per esempio di ricordare a chi pensa o fa sembiante di pensare che scuola "in-praesentia" e "dal-vivo" e scuola "non-in-praesentia" o "non-dal-vivo" vadano considerate varianti della medesima istanza sociale e morale o (che è lo stesso) a chi si esercita dottamente nel comico gioco di dire quale è meglio e quale è peggio, cosa è e sarà più pregevole nell'una e cosa nell'altra.
A sua volta, l'apertura di un celebre scritto del 1925 di Sigmund Freud reca un'ottima chiave per intendere le parole in esordio del presente frustolo. I due lettori di questo diario avranno già capito: è Die Verneinung, titolo che, sia detto di passaggio, ad Apollonio parrebbe reso con La denegazione forse meglio di quanto non lo sia con il corrente La negazione.
Nella traduzione di Elvio Fachinelli, quell'apertura suona così: "Il modo in cui i nostri pazienti presentano le loro associazioni durante il lavoro analitico ci fornisce lo spunto per alcune osservazioni interessanti. «Ora Lei penserà che io voglia dire qualche cosa di offensivo, ma in realtà non ho questa intenzione». Comprendiamo che questo è il ripudio, mediante proiezione, di un'associazione che sta or ora emergendo. Oppure «Lei domanda  chi possa essere questa persona del sogno. Non è mia madre». Noi rettifichiamo: dunque è la madre. Ci prendiamo la libertà, nell'interpretazione, di trascurare la negazione e di cogliere il puro contenuto dell'associazione". 
"...non perché vogliamo sostituirci alla scuola che c'è...". Ecco: in una formula che, ripetuta meccanicamente centinaia di volte, si vuole evidentemente penetri nelle teste di chi la ascolta, come un mantra, basta appunto si trascuri la negazione. Si saprà così quale intenzione abbia il futuro, quello cui l'espressione appartiene veramente e che mette le sue parole sulla bocca di un portavoce crudo e forse inconsapevole. Proclamando presente una scuola che manifestamente non c'è, questo dichiara appunto che non la si vuole sostituire. Dichiara che non si vuol fare, insomma, ciò che si sta evidentemente sognando di fare e che in parte si è già fatto. 

2 commenti:

  1. Con tutto il rispetto per l'inappuntabile deprecazione di Apollonio, continuo a non immaginare come si possa desiderare l'abolizione della scuola. Sarà che appartengo ad una generazione per la quale la scuola non era la sede cui consegnare la prole in mera custodia, ma ben altro. L'arrivo dell'ottobre mi era sempre di grande conforto.
    A meno che, naturalmente, la custodia alla quale si mira sia ancora più stretta: non solo i corpi ma anche le giovani menti informate a canoni orwelliani.

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  2. Apollonio Discolo3/5/20 17:32

    Non di desiderio si tratta, cortese Lettore o Lettrice senza nome, ma di osservazione. Ben condotta o no, è l'eventuale questione: questione presente ad Apollonio, che prova a non dimenticare mai che insopprimibile correlato di un'osservazione è un punto di vista. D'altra parte, nell'evo di cui si sta vivendo la fase estrema (o forse già quella al di là dell'estrema), è già accaduto di osservare circostanze che si sarebbero pensate un dì inimmaginabili (c'è bisogno di nominarne qualcuna?). La scuola come la concepì l'alba e la maturità di quell'evo è già da tempo oggetto di studi storico-culturali. In fasi successive, si è continuato a chiamare scuola, per la consueta inerzia delle designazioni, un istituto sociale (e morale) progressivamente mutato, com'è inevitabile (né augurabile né deprecabile) che sia. Dire che niente è eterno è una banalità. Una banalità di cui si fa tuttavia fatica a intendere individualmente e personalmente la portata. Ma è proprio così che va: un giorno, della scuola come l'ha vissuta Lei e come Lei l'immagina per sempre non ci sarà più traccia. E quel giorno potrebbe anche essere già cominciato ieri.
    Così, per il Suo divertimento, Apollonio Le segnala qualche vecchio frustolo dedicato, per esempio, alla persistenza di “università”. Le cose cambiano, i nomi restano, perché capita che i nomi siano più solidi delle cose:
    https://apolloniodiscolo.blogspot.com/2014/07/vocabolaria-11-riciclaggio-di-universita.html
    https://apolloniodiscolo.blogspot.com/2015/12/sommessi-commenti-sul-moderno-20.html
    https://apolloniodiscolo.blogspot.com/2015/12/sommessi-commenti-sul-moderno-21-ancora.html

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