Colta al volo nella traduzione italiana di un saggio recente, di buon successo internazionale: "Alcune famiglie nobili ingaggiavano dei tutori per le loro figlie, ma la maggior parte di questi insegnava materie frivole, come in epoca vittoriana: italiano, musica e un po' di aritmetica per la gestione domestica".
La compagnia (musica, aritmetica per la gestione domestica) non potrebbe essere più deliziosa e, in onore di Lorenzo da Ponte, il Cielo voglia ancora conservare a questa lingua non comune il carattere che la rende insostituibile tra le lingue del mondo: la sua femminile, amabile, irritante, profonda frivolezza.
"V'ingannai, ma fu l'inganno / Disinganno ai vostri amanti, / Che più saggi omai saranno, / Che faran quel ch'io vorrò. / Qua le destre, siete sposi, / Abbracciatevi e tacete, / Tutti quattro ora ridete, / Ch'io già risi e riderò".
"V'ingannai, ma fu l'inganno / Disinganno ai vostri amanti, / Che più saggi omai saranno, / Che faran quel ch'io vorrò. / Qua le destre, siete sposi, / Abbracciatevi e tacete, / Tutti quattro ora ridete, / Ch'io già risi e riderò".
a omaggio alla più frivola tra le lingue, lascio questo passo, di un autore forse tra i più frivoli che la letteratura italiana conta, Carlo Dossi:
RispondiEliminaDa qual caminetto di letterato o banco di drogherìa, da qual latrina di gazzettiere o biblioteca in saccheggio bonghiano, hai tù, mio temerario editore, saputo salvarmi questa copia rarìssima della prima edizione della «Desinenza in A», che t'intestasti a ristampare?
Vedi quanto è làcera e unta! ¡quanto è macchiata e scorbiata!
Nelle sue pàgine, come in suola alpinìstica irta di chiodi, scorgi e fiuti la traccia del lunghìssimo giro che ha fatto per ritornare a mè. Serba essa il meretricio profumo del boudoir della dama e il tanfo carcerario della caserma; e cèneri dell'ozio elegante (la sigaretta) e il pelime del dotto. Io vi ritrovo il baffo de' polpastrelli della cuoca che se la leggeva a voce alta e tenèndola stretta, per non lasciarsi almeno sfuggire il suono d'idèe che non arrivava a comprèndere, e lo sgraffio furioso della padrona di lei che le avèa fin troppo comprese; io v'incontro la tabaccosa goccia, caduta insieme agli occhiali dal naso del mio vecchio maestro di belle lèttere che blandamente ci si appisolava compassionàndomi, e la gualcitura del criticuccio novello che la scagliava lontano da sè al primo dubbio che l'autore fosse men bestia di quanto ei sperava.
Nè solamente indovino ma leggo. Segni in matita di tutti i colori, pudiche cancellature effetto d'impudicizia, punti esclamativi, e, più ancora, d'interrogazione, postille e paraffi adulatorii e ingiuriosi, stèndono sulle pàgine della rèduce copia una ragnaja d'interpretazioni e di note che più grottesca e contraddicèntesi non èbbero Dante e il Burchiello.
Chi siete voi, mièi inèditi crìtici? In questo ripescato esemplare, nè il frontespizio nè i màrgini han mantenuto le vostre riveritìssime firme. Ogni suo ùltimo possessore - imitando quanto si tenta ora di fare nella genealogìa letteraria, a differenza della gentilizia in cui i nipoti gènerano i nonni - raschiò diligentemente il nome dell'antecessore. Senonchè tutti io ringrazio e miti e spietati, perocchè a mè giova tanto la lìrica di chi mi ama quanto la sàtira di chi m'odia. Per pensare, per scrìvere, per vìvere intellettualmente mi è indispensabile che le molècole, ora pigre, del mio cervello, riaquìstino la primitiva rapidità e combustibilità. Venga la spinta dall'applàuso, venga dall'oltraggio, a mè basta che non difetti. Ad un morso di cane, Gerolamo Cardano, bizzarramente grande, dovette (com'egli narra) il suo ingegno; a quello dei crìtici dèbbono il loro non pochi scrittori. Un vento infatti è la crìtica, che, se i mòccoli spegne, ingagliarda i falò.
Bella pagina battagliera, tempestivo Lettore. Forse un po' sopra le righe, a commento di un post tanto alla buona. Ma anche ai post di un blog si applica l'habent sua fata libelli, con quel che precede.
RispondiEliminadiciamo (e lo dico) che è prevalso il piacere di condividere una bella pagina di un autore frivolo e virtuoso.
RispondiEliminaCredo che difficilmente gli abitanti di questo bel paese sarebbero sopravvissuti, se non avessero avuto la fortuna di plasmare la loro storia, collettiva e personale, parlandone in italiano. Sarebbe interessante scoprire la relazione (ammesso che ci sia) tra la storia delle nazioni e le lingue che vi si parlano.
RispondiEliminaMa poi, questo suo sereno lettore sale su una nuvola e con i piedi che penzolano, dondolando nel vuoto, sente il dovere - si sente, arriva fin quassù - di mettere in guardia l'illustre Apollonio su quanto, dopo quest'inno alla frivolezza, dovrà ascoltare dalla bocca del suo stesso sangue, in un prossimo convito familiare.
Apollonio concorda, amabile Lettore. Il tema è di nuovo futile. Ma, primo, tra futilità e frivolezza ne corre. Secondo, trova che l'intervento sia antipatico? Ad Apollonio non pareva e sperava (si vede, ancora una volta inutilmente, come sotto si dimostra) in una maggiore indulgenza.
RispondiEliminaA me no, illustre Apollonio, tutt'altro che antipatico. Né futile e, a dir la verità, neanche frivolo. Tanto per dirne una, i greci avrebbero inventato la democrazia se avessero parlato come i persiani? E noi, saremmo come siamo, se da sempre avessimo parlato il tedesco?
RispondiEliminaL'indulgenza, lo sa, la si può ottenere da tutti assai più facilmente che dai propri figli. Come (forse) è giusto.
Dio salvi l'italiano e, dato che ci si trova, anche gli Italiani: non so quale delle cose sia più semplice.