Si viene a sapere, e lo si viene a sapere dubitativamente (come si deve tra persone serie), che ci sarebbe qualcosa (se di qualcosa si tratta: pare di sì) che, a stare alle rilevazioni di cui si è capaci, viaggerebbe più veloce della luce.
Ottima occasione per sbattere la scienza (anzi la Scienza) in prima pagina: "Superata la velocità della luce".
Nella costruzione participiale di una formulazione del genere prospera rigogliosa la compiuta perfettività d'un passivo e di conseguenza, implicito, un soggetto. Il neutrino, certo. Ma nel non-detto chi non ode riecheggiare, parassitico, il trionfalismo dei presunti successi umani, quello esemplificato appunto un dì da "Superata la velocità del suono"? Dietro il neutrino, dalla massa incerta, l'uomo, insomma. Anzi, l'Uomo.
Umano, troppo umano: ecco la soglia dell'insuperabile.
Il neutrino, certo. Ora. E poi, se quella soglia venisse superata? Rientrare nell'Eden, invertendo il rapporto tra causa ed effetto.
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