Gentile Apollonio, càpito nel blog e, forse senza comprendere a fondo, reagisco. Il divenire è ineludibile esperienza: apparire e essere convivono in ogni istante. Le fini che esperiamo possono ben essere apparenze. Non si vede perché la fine dovrebbe avere un qualche privilegio sull'essere, al netto del senno del poi, che è poca cosa. Se poi proprio la fine fosse ciò che rivela l'essere, lo sarebbe, e per paradosso, solo alla fine assoluta dell'essere stesso. Del resto, il post inizia con 'càpita': ma càpita? Grata della riflessione.
Sì, ma miele e fieno continuano a profumare di buono, e anche ad esserlo. Al contrario "i gigli, quando marciscono, putono assai più della malerba", come notava Shakespeare.
Quelle vecchie comari di noia, tristezza e volgarità bisbigliano che è per via dell'invidia.
Convengo che è molto più elegante, rapido e indolore limitarsi a parlare dell'epifania di un'essenza. (L.)
La qualità di un pasto, la verifica e la certifica la sua digestione: semplice omaggio morale, dunque, alla dura intelligenza di un padre, è la risposta alla teoretica Lettrice del primo commento. Il frustolo non nega peraltro che "il divenire sia ineludibile esperienza". La stoffa di un evento, d'ogni singolo e anche minuscolo evento di quel divenire, càpita però la riveli, facendolo perfetto, solo il suo finire. Fuori del riparo d'ogni astratta teoresi, cadono allora molti veli di cui le rosee albe non mancano mai di coprire l'esordio e si smorzano gli abbagli del mezzogiorno. E cadono e si smorzano non per l'inutile senno del poi ma, come appunto ammoniva Apollonio con dura intelligenza suo padre (e con altre e forse migliori parole), per la secca coscienza di una Erlebnis di non più che dignitosa consapevolezza.
Grazie poi a L. (se è la solita L.) per l'amabile chiosa dal Bardo.
Sì, sono la solita, e la ringrazio a mia volta della sempre amabile ospitalità. Mi spiace crearle qualche imbarazzo nei riconoscimenti, ho sempre detestato mascherarmi; se e quando càpita, dunque, è solo per amor di brevità ovvero per un divenire del tutto accidentale o comunque non programmato in alcun modo. Con gratitudine, Sua L.
Gentile Apollonio,
RispondiEliminacàpito nel blog e, forse senza comprendere a fondo, reagisco. Il divenire è ineludibile esperienza: apparire e essere convivono in ogni istante. Le fini che esperiamo possono ben essere apparenze. Non si vede perché la fine dovrebbe avere un qualche privilegio sull'essere, al netto del senno del poi, che è poca cosa. Se poi proprio la fine fosse ciò che rivela l'essere, lo sarebbe, e per paradosso, solo alla fine assoluta dell'essere stesso. Del resto, il post inizia con 'càpita': ma càpita?
Grata della riflessione.
Sì, ma miele e fieno continuano a profumare di buono, e anche ad esserlo. Al contrario "i gigli, quando marciscono, putono assai più della malerba", come notava Shakespeare.
RispondiEliminaQuelle vecchie comari di noia, tristezza e volgarità bisbigliano che è per via dell'invidia.
Convengo che è molto più elegante, rapido e indolore limitarsi a parlare dell'epifania di un'essenza.
(L.)
La qualità di un pasto, la verifica e la certifica la sua digestione: semplice omaggio morale, dunque, alla dura intelligenza di un padre, è la risposta alla teoretica Lettrice del primo commento. Il frustolo non nega peraltro che "il divenire sia ineludibile esperienza". La stoffa di un evento, d'ogni singolo e anche minuscolo evento di quel divenire, càpita però la riveli, facendolo perfetto, solo il suo finire. Fuori del riparo d'ogni astratta teoresi, cadono allora molti veli di cui le rosee albe non mancano mai di coprire l'esordio e si smorzano gli abbagli del mezzogiorno. E cadono e si smorzano non per l'inutile senno del poi ma, come appunto ammoniva Apollonio con dura intelligenza suo padre (e con altre e forse migliori parole), per la secca coscienza di una Erlebnis di non più che dignitosa consapevolezza.
RispondiEliminaGrazie poi a L. (se è la solita L.) per l'amabile chiosa dal Bardo.
Sì, sono la solita, e la ringrazio a mia volta della sempre amabile ospitalità.
RispondiEliminaMi spiace crearle qualche imbarazzo nei riconoscimenti, ho sempre detestato mascherarmi; se e quando càpita, dunque, è solo per amor di brevità ovvero per un divenire del tutto accidentale o comunque non programmato in alcun modo.
Con gratitudine, Sua L.