"Col suo visuccio di povero nato per soffrire, per essere sempre messo da parte o picchiato o sfruttato, Mosè mi accarezzava la mano e si rallegrava per me...": di chi è la mano? Che sciocca domanda! Ovviamente è la mano di chi, per parlare di sé in questo passo, dice mi: 'la mia mano'.
"Alba, che mi dava la mano, assistette alla cerimonia funebre. Vide la bara calare nella terra, nel posto provvisorio che avevamo ottenuto...": e qui, di chi è la mano? Domanda ancora più sciocca. Non è la mano di chi dice mi. È la mano di Alba.
"...mi accarezzava la mano...", "...mi dava la mano...": un pronome di prima persona, una forma verbale e il nesso nominale la mano. E la mano, come per incanto, cambia proprietario.
Esplicitamente e irrevocabilmente: nessuno pensa che nel primo caso la mano sia di Mosè; nessuno pensa che nel secondo non sia di Alba.
Ma una cosa tanto chiara e sulla quale nessuno si sbaglierebbe, dov'è formalmente detta? Accarezzava lascia che tra mi e la mano ci sia una relazione, che dava, invece, recide implacabile, collegando la mano col suo soggetto. I fili ci sono. Ci si inciampa. Solo che sono invisibili.
"E in quelle condizioni venne a cercarmi e mi trovò. lo giacevo nel letto stordita dal male, dalle medicine, e sognavo che qualcuno mi accarezzava una mano...". Chi possiede qui una mano è di nuovo chi dice mi: 'una delle mie mani'.
"...mi accarezzava la mano...", "...mi accarezzava una mano..." sono diverse, certo. Si tratta tuttavia d'una diversità trascurabile. Anche nel primo caso la mano è solo 'una delle mie mani', se chi lo dice (ed è il caso banale) ne possiede più d'una. La determinazione di la mano, come la non-determinazione di una mano, gioca il ruolo, in tali contesti, di variante libera, determinata, eventualmente, solo dal gusto.
L'alternanza dell'articolo non è sempre però una trascurabile variante. Si metta a confronto il "mi dava la mano" di poco sopra con "Fernanda ci aiutava come poteva. Era la prima volta che una donna mi dava una mano per un'impresa alpinistica e questo complicò in un certo senso le cose...". Qui (ed è un bel paradosso) la mano, come referente dell'espressione linguistica, è letteralmente scomparsa. Nel valore corrente dell'espressione dare una mano (che è idiomatica), di mano, a ben vedere, proprio non si tratta. A mano, nel contesto che comporta il verbo dare, basta così cambiare l'articolo per farla diventare un fantasma.
La mano è la mia, la mano non è la mia; la mano c'è, la mano non c'è più. Stupidi giochi di prestigio permessi da una cosa lampante, a viverla, e problematica (se non misteriosa), quando si cerca di capirla e di metterla in chiaro a se stessi e agli altri: la ratio della lingua. Nel caso specifico, sotto forma di lessico-sintassi.
In effetti mi è capitato di notare come mia cognata, polacca di nascita e formazione e che peraltro parla un italiano ricco e forbito, facessse in passato ripetuto uso di espressioni idiomatiche vagamente appropriate ma comunque sempre lievemente bizzarre e fuori luogo, come immagini appena un po' sfocate, del tipo "niente (di) più", al posto di "nient'altro". Solo la pratica e il moltiplicarsi considerevole delle conversazioni con italiani, così come della visione o dell'ascolto di filmati e trasmissioni radiofoniche nella nostra lingua, ha a poco a poco riassorbito questa e simili sbavature che nemmeno la -- fin dall'inizio -- intensisissima lettura, da parte sua, di libri e riviste italiane sui temi più disparati e vari era mai riuscita prima a correggere. Questo mi fa pensare che la lingua assomigli a una musica o a una danza -- o a una disciplina sportiva -- molto più che a un teorema matematico o all'insieme delle regole di un gioco. Per essere realmente appresa in tutte le sue finezze e sfumature deve essere a lungo osservata in azione, "in vivo"; nella forma scritta, anche dialogica, anche nello stile più realistico possibile, non rende altrettanto bene l'idea, e dunque si fatica molto più ad impararla, e non soltanto per ovvie questioni attinenti alla pronuncia, ma anche per quelle che concernono, appunto, sintassi e "modi di dire".
RispondiEliminaCosì almeno sembra a me.
Sempre con gratitudine, Sua Licia.
Come dire, con Saussure e ad altezze ormai alle sue assimilabili: "La regola è praticamente infallibile, teoricamente senza valore".
RispondiEliminaE si potrebbe aggiungere:
RispondiEliminaLui gli ha preso la mano
Il problema gli ha preso la mano