"Gli askari marciavano scalzi e in perfetto ordine. L'ufficiale girò nello spiazzo e si fermò di fronte all'emporio, imitato dai soldati. A quel punto, la colonna si disfò come una collana di perle cui fosse stato tagliato il filo": si legge così sul finire di Paradiso, romanzo di Abdulrazak Gurnah pubblicato anni fa in traduzione italiana da "La nave di Teseo". L'alter ego di Apollonio si è trovato a doverlo leggere, per uno dei suoi rarissimi impegni sociali, e ne ha preso in prestito per un paio di settimane una copia digitale dalla piattaforma mlol.
Nel passo, come si è visto, ricorre la forma disfò, voce del verbo disfare. Nel contesto di ricorrenza, quanto ad analisi grammaticale, a tale forma vanno di necessità attribuiti i seguenti valori: modo, indicativo; tempo, passato remoto; persona, terza; numero, singolare.
Per il traduttore Alberto Pezzotta e per la redazione della casa editrice, che ha a suo tempo licenziato la pubblicazione, disfò è dunque la terza persona singolare del passato remoto di disfare. Nello stesso passaggio, girò è d'altronde la terza persona singolare del passato remoto di girare e fermò è la terza persona singolare del passato remoto di fermare. E, se si vuole aggiungere un ulteriore esempio di fantasia, defecò è la terza persona singolare del passato remoto di defecare. Apollonio chiede venia: alla ricerca di qualcosa che fosse all'altezza di quel disfò, l'isotopia gli è sorta spontanea e non è riuscito a bloccarla; sotto spiegherà il perché.
Evitino tuttavia i due lettori di questo diario di stracciarsi le vesti. E non gridino allo scandalo. Ci si intenda, avrebbero ragione di farlo. La terza persona singolare del passato remoto di disfare suona infatti disfece, correttamente. E tale la si vorrebbe ancora incontrare nella stampa di un libro pubblicato da tanta casa editrice, "all'atto fondativo" della quale "è indissolubilmente legata la figura di Umberto Eco", proclama con alterigia la sezione Chi siamo del suo sito. "Mica pizza e fichi!", si dice in circostanze simili a Roma. Ma il vascello, come si sa, è ancorato a Milano.
Disfare si coniuga in effetti come il verbo semplice, fare, da cui è ottenuto per aggiunta di un prefisso. Perciò, se fece, disfece; se faceva, disfaceva. E non disfava, per esempio, visto che il legume - o altro metaforico - proprio non c'entra.
Attenzione, associabile a disfare, esiste anche un disfò: è la prima persona del presente indicativo e, in bocca toscana, corrisponde a ciò che, altrove, suona disfaccio o, per un andazzo che è andato crescendo, a disfo. "Disfo il letto", "Disfo le valigie" sono infatti ormai e da lungo tempo comuni. E da lì, a cascata, disfi, disfa, disfiamo, disfano sono forme che circolano brade e nessuno può più fermarle. Ne soffrono disfai, disfà, disfacciamo, disfanno. Solo punto di contatto, la seconda plurale, disfate, presente nell'uso e conforme alla norma. Come spesso accade, allora, né tutto corretto né tutto scorretto: quel guazzabuglio che finisce sempre per muovere le lingue (e il mondo).
Certo che però, pur arrendendosi a disfo, un disfò, terza persona singolare del passato remoto di disfare, resta ancora raccapricciante, anche per chi sa che, ineluttabilmente, le lingue cambiano e che dovrà rassegnarsi. Infatti, consapevolmente o no, con il suo grande nume tutelare "La nave di Teseo" ormai l'"ha sdoganato" (non si dice così, tra coloro che sanno come si dice?).
Lagnarsi quindi a qual pro? La fatta sta lì (ecco chiarita la sommessa scatologia). Rappresa sulla pagina di quel libro, olezza e la decora. È un dato, come lo era appunto una fatta per chi praticava l'attività ancestrale che, in tempi più seri dei presenti, consentì all'umanità di sopravvivere e di prosperare. E sopra un dato, anche quando tale dato è una fatta, non ha senso disperarsi.
Una volta che lo si è colto (magari turandosi il naso), se se ne è capaci, lo si descrive e se ne trae partito, discettando di regolarità e irregolarità, di analogia e diacronia, di marcatezza e produttività, di Junggrammatiker e Ferdinand de Saussure. Ma di ciò, caso mai, un'altra volta.
Caro Apollonio, grazie per la tua nota. Neanche le case editrici sono più quelle di una volta e sono tante, d'altronde, le cose che si stanno disfacendo sotto il nostro sguardo.
RispondiEliminaAl Lettore o alla Lettrice senza nome, Apollonio è grato del sostegno e consiglia d'altra parte d'essere perverso come lui: osservare, descrivere, provare a capire come si stanno disfacendo, lasciandone episodiche testimonianze, è un gran divertimento. E, visto che non si sa mai, potrebbe persino essere di spasso anche per qualcuno in futuro. Mancherà al presente, incluso chi scrive, ci si intenda, l'intelligenza, ma come, e non si sa come, apparve in passato, nessuno può escludere che lo faccia domani, quando ciò che oggi pare il suo disfacimento e la sua disfatta paiono compiersi.
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