Non c'è realismo meno conforme alla realtà di quello che pretende, irrealisticamente, d'essere il solo punto di vista realistico.
23 maggio 2013
22 maggio 2013
Indirizzi di metodo, per giovani che non ne necessitano (3)
Chi, per inspiegabile dono, sa godere di cose preziose e, perfezionando il piacere, si mette sulla difficile strada di imparare a farne, apprezzi l'andazzo del mondo. Da gran tempo, le cose preziose vi si fanno più rare. Vi si fanno dunque sempre più preziose.
20 maggio 2013
Indirizzi di metodo, per giovani che non ne necessitano (2)
A casaccio per un ripido sentiero, come capita senza eccezione, chiedersi con amorevole curiosità e privi d'angoscia quanto indietro sia necessario risalire per trovare almeno l'ultimo degli innumerevoli bivi in cui chi vi ha lasciati lì ed è sparito abbia, ragionevolmente, sbagliato strada.
Indirizzi di metodo, per giovani che non ne necessitano (1)
Partecipare alla corsa senza por cura all'eventualità che, con serenità incontenibile, se ne tagli il traguardo fuori tempo massimo.
Linguistica candida (2): Sistema, ordine e variazione
Sistematico suona per qualcuno come 'ordinato'. A fare un sistema generatore di note di armonia, com'è quello della lingua, l'ordine serve a poco però senza la variazione.
Nella lingua, non c'è variazione che non sia in funzione di un ordine. Non c'è ordine che non sia in funzione di una variazione. Dove manca la sua relazione con l'ordine, la variazione è il nulla della non-nascita. Dove manca la sua relazione con la variazione, l'ordine è il nulla della morte.
Metafore, certo. Ma chi non amerebbe dire che è così anche della vita, la morale e la materiale?
19 maggio 2013
A frusto a frusto (59)
Nell'istante in cui una spiegazione t'è richiesta come indispensabile non val più la pena darla. Nell'istante in cui una spiegazione t'è proposta come indispensabile non val più la pena ascoltarla.
15 maggio 2013
11 maggio 2013
A frusto a frusto (57)
Tanto inorgoglisce essere esclusi da certi noi quanto infastidisce (e talvolta oltraggia) sentirsi inclusi in altri.
9 maggio 2013
Cronache dal demo di Colono (12): Singapore
Come la sciocca Parigi del cuore dell'Ottocento, la Singapore di oggi, forse altrettanto sciocca, ha già o avrà presto un Gustave Flaubert per riscattarsi?
[Profetica di quanto sta accadendo e del suo modo di accadere un'innocente canzonetta del 1972. E, con la profezia, l'oggi.]
Linguistica candida (1)
Chi, per professione o per diletto, s'interessa (e talvolta si appassiona) alla lingua, bisognerebbe avesse una qualche consapevolezza del fatto che il suo studio non è facilmente disposto verso uno sviluppo e un progresso: almeno quanto al suo fondamentale strumentario concettuale. Che poi è quasi tutto.
Non per mera ed arbitraria denominazione ma per individuare dati ed enti linguistici con loro proprietà specifiche e positive, da quanto tempo possessivo è 'possessivo'? Neutro è 'neutro', maschile è 'maschile' e femminile è 'femminile'? Da quanto attivo è 'attivo' e passivo è 'passivo'? Almeno dal tempo in cui atomo era 'atomo', cosa che invece (e non da ieri) esso non è più.
Apollonio si chiede allora se non sia così per necessità. A differenza di quanto è accaduto con la materia (o con la vita) e relative discipline, sarà perché, della lingua, da così gran tempo si è già capito tanto bene cosa e come essa è, che non è proprio il caso che ci si muova da quel bagaglio di concetti. Essi la descrivono in essenza, da sempre e per sempre: per farne scienza del giorno, secolo dopo secolo, decennio dopo decennio e, adesso, anno dopo anno (con relativa fresca bibliografia), basta acconciarli alla mutevolezza dei tempi con le riverniciature del caso. Insomma cambiar tutto per non cambiare niente.
Se è così di necessità, però, perché non pensare allora che è anche meglio così? Il punto di vista è noto e ben illustrato da tempo. Se il mondo in cui accade di vivere è così di necessità, esso è di necessità sempre il migliore dei possibili. Anche la linguistica in cui ci si imbatte sarà quindi, di necessità, sempre la migliore delle possibili. Non mancano le ragioni di ottimismo: "cauto", come pare sia oggi necessario dire, per navigare nello stretto tempestoso che divide sfacelo palese e nebulosa speranza.
Apollonio se ne dichiara affatto convinto: la corrente è la migliore delle linguistiche possibili. E se ne dichiara contento, a scanso di equivoci e per non passare (già con se medesimo prima ancora che con i suoi cinque lettori) per l'ennesimo token del type di demente che nelle vignette d'un tempo era impersonato da un Napoleone (gli emblemi della Modernità erano ancora trasparenti: ora, appunto, non lo sono più).
Non perché si voglia riformare, allora, o migliorare qualcosa, ma solo per tenere in libero e gratuito esercizio la mente, capita si rifletta in queste piccole prose su concetti di base della scienza della lingua e su termini correlati. Magari per capire, come si sa e può, cosa si fa quando li si pratica coltivando il proprio orto: piccolo e privato.
Le risorse per tale riflessione, lo si sa, sono quelle di una linguistica candida, molto alla buona, per niente dottrinale. Le risorse intuitive del semplice parlante. Di altre, Apollonio non dispone: "la perspective du locuteur".
Pare del resto fosse proprio questa l'idea di Ferdinand de Saussure, per la sua linguistica: un'isola che non c'è e le cui spiagge, perciò, restano incontaminate.
7 maggio 2013
A frusto a frusto (56)
L'esperienza umana non è infinita ma fuori della lingua è o, meglio, sarebbe indefinita: la lingua la definisce e le dà forma, per relazioni e differenze.
1 maggio 2013
A frusto a frusto (55)
Basta essere certi di sapere dove ciò che è bello, vero, buono si trovi per rendersi impraticabile la via che vi tende.
[Alla riverita memoria di Edward Sapir]
30 aprile 2013
A frusto a frusto (54)
Sul cammino per divenire ciò che si è capita d'imbattersi, come miraggio, in chi è ciò che diviene.
[Alla riverita memoria di Ferdinand de Saussure]
[Alla riverita memoria di Ferdinand de Saussure]
9 aprile 2013
"Piangi..." e "Or ti fa lieta..."
2 aprile 2013
A frusto a frusto (53)
Tôt ou tard, une école de pensée, aussi illustre et noble qu'elle soit, cesse la production d'élèves et entame celle de déchets.
30 marzo 2013
Farse in due battute (12)
- Muoio...
- Mi dia ascolto: solo se non può farne a meno. Altrimenti, rimandi. Non è proprio il momento.
29 marzo 2013
Libertino, detto Tino, Faussone
È preziosa perla di onomastica letteraria. Si chiama così il protagonista della Chiave a stella di Primo Levi: montatore di storie, oltre che di tralicci, di ponti sospesi e di altre avventurose diavolerie dell'ingegno umano.
Per le vie velatamente trasparenti di allusione ed etimologia, in tale nome risuona la congiunta menzione di falsità e libertà. Sono valori d'ogni artificio, ivi compreso naturalmente il narrativo. Forse quelli che gli sono più intrinseci. Falsità e libertà: umane. E ambedue incoercibili, ambedue irriverenti, ambedue spalancate sopra usi probi o depravati, ambedue poste, quasi a forzarlo, sul limite della tragicomica finitezza che fa da stoffa della condizione umana.
L'opera di Levi fa sì la lode dell'operosità, come fu facilmente detto sin dal suo apparire. A partire dal nome proprio del suo protagonista, ammonisce però sulla perenne opinabilità etica di tale operosità e sulla sua continua falsificabilità teoretica. Lo fa senza pedantesca iattanza o
moralistica condanna ma con l'aperta simpatia che ispira un uomo, sempre che questo lo sia, almeno libero d'esser falso nella sua forse falsa libertà.
27 marzo 2013
Sommessi commenti sul Moderno (8)
Non la serena e antichissima (se non ancestrale) consapevolezza umana di un incessante divenire ma una sua ideologizzazione è tratto pertinente del Moderno e, forse, fattore determinante della sua putrefazione. Così, ogni moderno cantore del cambiamento ne è in realtà più un astratto ideologo che un saggio esperiente, quando non si tratti (e non è caso raro né esclusivo) di un saccheggiatore della memoria (cioè della cosa più sacra, proprio in funzione dell'esperienza del mutamento) che veste di impersonali pretesti la personale miseria dei propri atti: "Sto devastando un'antica e valorosa bellezza, sì. Ma come diversamente? Non vedi? Tutto sta cambiando".
22 marzo 2013
Linguistica da strapazzo (15): Prestidigitazione
"Col suo visuccio di povero nato per soffrire, per essere sempre messo da parte o picchiato o sfruttato, Mosè mi accarezzava la mano e si rallegrava per me...": di chi è la mano? Che sciocca domanda! Ovviamente è la mano di chi, per parlare di sé in questo passo, dice mi: 'la mia mano'.
"Alba, che mi dava la mano, assistette alla cerimonia funebre. Vide la bara calare nella terra, nel posto provvisorio che avevamo ottenuto...": e qui, di chi è la mano? Domanda ancora più sciocca. Non è la mano di chi dice mi. È la mano di Alba.
"...mi accarezzava la mano...", "...mi dava la mano...": un pronome di prima persona, una forma verbale e il nesso nominale la mano. E la mano, come per incanto, cambia proprietario.
Esplicitamente e irrevocabilmente: nessuno pensa che nel primo caso la mano sia di Mosè; nessuno pensa che nel secondo non sia di Alba.
Ma una cosa tanto chiara e sulla quale nessuno si sbaglierebbe, dov'è formalmente detta? Accarezzava lascia che tra mi e la mano ci sia una relazione, che dava, invece, recide implacabile, collegando la mano col suo soggetto. I fili ci sono. Ci si inciampa. Solo che sono invisibili.
"E in quelle condizioni venne a cercarmi e mi trovò. lo giacevo nel letto stordita dal male, dalle medicine, e sognavo che qualcuno mi accarezzava una mano...". Chi possiede qui una mano è di nuovo chi dice mi: 'una delle mie mani'.
"...mi accarezzava la mano...", "...mi accarezzava una mano..." sono diverse, certo. Si tratta tuttavia d'una diversità trascurabile. Anche nel primo caso la mano è solo 'una delle mie mani', se chi lo dice (ed è il caso banale) ne possiede più d'una. La determinazione di la mano, come la non-determinazione di una mano, gioca il ruolo, in tali contesti, di variante libera, determinata, eventualmente, solo dal gusto.
L'alternanza dell'articolo non è sempre però una trascurabile variante. Si metta a confronto il "mi dava la mano" di poco sopra con "Fernanda ci aiutava come poteva. Era la prima volta che una donna mi dava una mano per un'impresa alpinistica e questo complicò in un certo senso le cose...". Qui (ed è un bel paradosso) la mano, come referente dell'espressione linguistica, è letteralmente scomparsa. Nel valore corrente dell'espressione dare una mano (che è idiomatica), di mano, a ben vedere, proprio non si tratta. A mano, nel contesto che comporta il verbo dare, basta così cambiare l'articolo per farla diventare un fantasma.
La mano è la mia, la mano non è la mia; la mano c'è, la mano non c'è più. Stupidi giochi di prestigio permessi da una cosa lampante, a viverla, e problematica (se non misteriosa), quando si cerca di capirla e di metterla in chiaro a se stessi e agli altri: la ratio della lingua. Nel caso specifico, sotto forma di lessico-sintassi.
11 marzo 2013
Linguistica da strapazzo (14): Conformità della lingua
Non c'è lingua possibile senza conformità né conformità possibile senza lingua, come ben sapeva Ferdinand de Saussure: "La guerre, je vous dis, la guerre!". Già nel necessario rapporto che chi parla instaura con se stesso, la lingua è conforme: non si istituisce per sé, infatti, ma per relazione. Tende a essere conforme, di conseguenza, negli usi sociali più espliciti.
Conformità non è conformismo, però, e l'acutissimo Barthes mostra forse di non cogliere la differenza quando addita la lingua come "fascista", in una celebre pagina.
O fa finta di non coglierla per desiderio di spararla grossa e per comprensibile insofferenza verso gli eterni benpensanti: comprensibile ma non ragionevole, visto che non c'è clima nel quale il benpensante non cresca e non si riproduca. Così è accaduto anche sotto le condizioni che Barthes, imponendole alla discussione con quella sortita, s'illudeva fossero definitivamente inospitali al suo sviluppo. E invece...
Meglio allora, con modestia e senza volere scandalizzare nessuno, provare a tenere distinti conformità e conformismo. Conforme per via di relazione, la lingua non è fascista. Può diventarlo in ogni momento, però, se qualcuno s'impadronisce per un po' (per sempre, è impossibile) della sua necessaria conformità per coltivarci dentro la mala pianta del proprio conformismo.
Quanto al piccolo e, grazie al Cielo, innocente orto della linguistica, ciò significa che è meglio stare sempre vigili soprattutto con se stessi, quando si maneggiano, a scopi argomentativi, nozioni critiche come semanticamente accettabile e non-accettabile, pragmaticamente felice o non-felice. Altrimenti si finisce (e quanto sia inquietante, c'è appena bisogno di ricordarlo) per applicare una stella sull'abito di espressioni che hanno solo la colpa di essere inusuali se non d'essere semplicemente ritenute per mero conformismo pericolosa e perturbante minoranza.
10 marzo 2013
Linguistica da strapazzo (13): "Noi"
Il noi è cultura allo stato di natura. Il noi è l'eterna, calda, infida, inestricabile, umida giungla umana in cui, mosso pure che sia dalle migliori intenzioni, s'aggira l'io predatore per nutrirsi, insaziabile, o per far strame, crudele, d'ogni io, fosse anche se stesso, gli capiti a tiro.
9 marzo 2013
A frusto a frusto (51)
E il mondo tocca un livello di falsità altrettanto inquietante quando è fin troppo facile la ricerca di autentici farabutti.
A frusto a frusto (50)
Il mondo tocca un livello inquietante di falsità quando diventa ardua persino la ricerca d'un farabutto autentico.
Caratteri (13)...
o Sommessi commenti sul Moderno (8)
Rifiutandosi di riconoscerne l'essenziale tragedia, della vita non coglie la connaturata comicità: i suoi pensieri galleggiano così, capricciosi, nella fangosa pozzanghera d'una falsa e stucchevole elegia.
8 marzo 2013
Linguistica da strapazzo (12): "Difficiles nugae"
Si è sempre controllato con attenzione e Si è sempre controllati con attenzione sono un'esemplare coppia minima sintattica. Basta commutare la -o con la -i per provocare una catastrofe interpretativa (che è ovviamente effetto d'una catastrofe sintattica) e per passare, quanto a diatesi, dall'attivo al passivo o, forse meglio, dal non-passivo al passivo (non si irrita così l'alter ego secolare di Apollonio, che, come sanno gli intimi, ha la fisima del medio). E per scivolare, quanto ai tempi verbali, dal passato prossimo al presente. Pare poco, per un cambio di vocale?
Il valore impersonale resta costante nelle due proposizioni e, con esso, quel 'noi' funzionale che occhieggia sovente, se non sempre, dietro un impersonale formale. Nel caso del participio terminante in -o, però, è il soggetto (non-specificato) ad aver controllato: "Carne equina nel ragù? Impossibile! Nella nostra ditta si è sempre controllato con attenzione". Nel caso del participio terminante per -i, è il soggetto (sempre non-specificato) a essere controllato: "Mi raccomando, niente liquidi o altre diavolerie nel bagaglio a mano. A Kloten si è sempre controllati con attenzione".
Càpita poi, a ben vedere, che la terminazione in -i, mantenendo costante, quanto al numero, il valore di un arbitrario plurale, possa essere, come maschile, non-marcata quanto al genere: si sa, è questa un'ingiustizia forse riparabile nel lessico ma certo insanabile in morfosintassi. O essere maschile a tutti gli effetti, se posta in opposizione con una possibile -e. "Al concorso di Miss Italia, si è sempre controllate con attenzione" potrebbero magari dire le candidate reginette, servendosi di un impersonale passivo in cui il soggetto non-specificato è ovviamente di genere femminile.
In funzione di numero e genere, non va allo stesso modo con controllato e la sua -o. Anche se può sembrarlo, controllato non è singolare né maschile, come non lo sono parlato né smesso in Si è parlato a lungo di trasformazioni, in proposito, poi d'improvviso si è smesso.
Tra gli apparecchi descrittivi disponibili sul mercato grammaticale, a conoscenza di Apollonio, solo uno, messo di fronte a una minuzia come questa, riesce a trattarla e a trattarne la differenza con accettabile eleganza e a inserirla nel leggero quadro sistematico di evidenti regolarità. Gli altri la ignorano o s'appellano, balbettando metafore di movimenti e simili, a cigolanti ordigni concettuali. O forse pare così ad Apollonio, che è appunto un linguista da strapazzo.
In funzione di numero e genere, non va allo stesso modo con controllato e la sua -o. Anche se può sembrarlo, controllato non è singolare né maschile, come non lo sono parlato né smesso in Si è parlato a lungo di trasformazioni, in proposito, poi d'improvviso si è smesso.
Tra gli apparecchi descrittivi disponibili sul mercato grammaticale, a conoscenza di Apollonio, solo uno, messo di fronte a una minuzia come questa, riesce a trattarla e a trattarne la differenza con accettabile eleganza e a inserirla nel leggero quadro sistematico di evidenti regolarità. Gli altri la ignorano o s'appellano, balbettando metafore di movimenti e simili, a cigolanti ordigni concettuali. O forse pare così ad Apollonio, che è appunto un linguista da strapazzo.
7 marzo 2013
5 marzo 2013
A frusto a frusto (48)
Che noia, che tristezza e, soprattutto, che volgarità è allegare cause o scopi alle proprie sciocchezze.
3 marzo 2013
Farse in due battute (11)*
"Ma mi ha preso alla lettera? Suvvia! Era solo per dire."
* [Non-fiction]
* [Non-fiction]
2 marzo 2013
A frusto a frusto (47)
Ironica e impersonale compassione dell'umano destino: l'infelice che vince paga sempre la sua vittoria con la cecità. Non vede così quanto l'infelice che perde, nella dolce sospensione che s'accompagna al quieto abbandono della disfatta, ne compianga le future, ineluttabili e certo più crude pene.
1 marzo 2013
Numeri (4): Bibliografie
Un elenco di riferimenti bibliografici capita si gonfi proporzionalmente alla brama che nessuno, sul tema, possa esibirne uno più turgido.
Caratteri (12)
Come esaltatore di disgusto, nel dubbio non ne susciti già a sufficienza, sfoggia appena può un affettato rispetto delle forme.
Sommessi commenti sul Moderno (7)
Lo si sa per sempre rinnovata prova: alle idee di libertà, di eguaglianza, di rispetto è precluso il buon fine. In un sorridente silenzio interiore, tocca perciò tenerle per sacre e, forse, ineffabili. E, come si fa con l'amore, porle al riparo almeno lì dagli esiti spregevoli di cui, al pari appunto dell'amore, capita siano regolarmente fatte pretesto.
A frusto a frusto (46)
Per chi s'interroga sulla misura di ciò che fa, la riprovazione d'un cretino è rassicurante quanto inquietante è l'approvazione d'un ipocrita.
27 febbraio 2013
A frusto a frusto (45)
Ingannare l'ingenuità infantile illudendosi di farla franca è ridicola ingenuità della supponenza adulta.
26 febbraio 2013
Linguistica da strapazzo (11): "E"
"In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio". Riflettere un momento su questo celebre incipit è quanto basta a chi è curioso di sapere cosa vale e in italiano e cosa vale ciò che, per funzione, corrisponde a e in idiomi apparentati. Sì, e: la congiunzione, come la si definisce, di coordinazione.
Basta infatti egli si chieda non solo dove e compare in quel passo d'apertura del Vangelo di Giovanni ma anche dove non compare, cercando d'intendere il valore di tale opposizione. L'opposizione qualifica tanto il dato positivo quanto il negativo. Il valore del negativo giganteggia, per la sua chiarezza, e getta la sua luce su quello del positivo: miseria della filologia e del culto ontologico del dato attestato.
E non ricorre in principio. Una volta che si sia principiato, per e la via è spianata.
Nel Big Bang di un'espressione, in altre parole, e, forse, in quello dell'espressione, e non c'è. E se e c'è, il Big Bang è simulato o, se è un Big Bang, è un Big Bang che simula di non esserlo.
Una e è insomma sempre marca d'una ripresa. È marca, al massimo, di un nuovo inizio ma non dell'inizio. Così capita che una e d'apertura (come sovente se ne trovano) possa alludere a un precedente indefinito e arcano o a uno ben noto e definito, almeno per convenzione. Fare, insomma, poesia, anche a buon mercato, o valere come ammiccamento per chi, della storia, conosce già le puntate precedenti e funzionalmente omologhe.
Perché e coordina, si dice, ma appunto solo ciò che è reciprocamente coordinabile ed è rispettosa delle differenze funzionali né mai potrebbe passarci sopra. E non crea, aggiunge un anello e fa catena.
Modesta, servile, dignitosamente umana. Odiosamente umana.
24 febbraio 2013
A frusto a frusto (44)
Cosa c'è di più odioso ed esecrabile della spudoratezza? Eppure, accompagnata dall'abbandono di sé, diventa complice espressione di confidenza, aspra talvolta, talaltra dolce: di rado, miracolosamente, insieme. Tocca a quel punto all'eccezione dell'intelligenza riscattarla, rinnovandola senza guastarla, dalla rapida noia dell'abitudine.
23 febbraio 2013
A frusto a frusto (43)
A redimere la vanagloria di sconsiderate (e sovente involontarie) generosità interviene sempre, moralmente salvifica, l'ingratitudine.
21 febbraio 2013
Anagramma
L'incidente d'un tweet ed ecco apparire, quasi a casaccio, la lampante evidenza d'una banalità. Tra gli omofoni cielo e celo, solo il primo, ovviamente, vanta celio come anagramma ma per puro effetto di norma ortografica. La realtà di una relazione anagrammatica è assoluta, dunque, ma è relativo o, meglio, convenzionale il fondamento di tale realtà, come lo è, naturalmente, ogni scrittura.
Per atto dovuto.
Per atto dovuto.
20 febbraio 2013
Letto
È ragione di fierezza sapere che il luogo che il luogo comune associa all'italiano è il letto, scenario in cui, come può e persino alla sua fine, la vita umana offre il meglio di sé.
16 febbraio 2013
Cronache dal demo di Colono (11): Sanremo
Il politicamente corretto non farà mai le veci del garbo e della buona educazione né una sussiegosa sufficienza intellettuale avrà mai la grazia della cultura e della canzone popolare.
Lingua loro (28): "Messa in mora"
Rapita dal caldo e sicuro ricetto della lingua di specialità in cui, talvolta per secoli, ha prosperato tranquilla, a un'espressione può capitare di tutto. Se suona bene (e motivo del rapimento è sovente proprio il fatto che sia sembrata carina a chi l'ha orecchiata), la si può trovare adoperata anche per valori molto lontani dai suoi d'origine, se non affatto opposti. E la nominalizzazione messa in mora, anzi, nell'orale, messimmora pare suoni benissimo tra le labbra e sotto le penne di chi, dell'uso giusto della lingua, se ne intende e se ne serve come (quasi) sinonimo di abbandono (più o meno lungo), di sospensione: "Oggi assistiamo a una messa in mora d'ogni riflessione sul tema...".
La lingua è benevola, però, e non ha mai messo in mora nessuno; al massimo, col suo candore maligno, mette a nudo il cretino, ma solo nelle more della sua ineluttabile prevalenza.
15 febbraio 2013
A frusto a frusto (42)
Parossistico e implacabile divenire del permanente: per mettere in scena l'incessante replica del medesimo spettacolo, al mondo tocca adeguarsi col periodico avvicendamento, tra l'altro, dell'intero cast delle sue marionette.
11 febbraio 2013
Cronache dal demo di Colono (10): Della verità del dettaglio
Il filmato procura a chi sa intenderla prova tangibile del mutamento dei tempi cui la reboante notizia della conferenza stampa di Padre Lombardi fa esplicativo riferimento. La prova è lampante. Il valore espressivo (e comunicativo) è sistematico, proprio per via della sua toccante modestia, della sua apparente impertinenza.
È la bottiglia di plastica d'acqua minerale che compare sul tavolo, sulla destra dell'oratore. E, con la bottiglia, quel candido bicchiere di plastica, rovesciato, a incappucciarla.
Oggetti qualsiasi, oggi, per gente qualsiasi dalle vite qualsiasi. Sacri feticci di un'epoca che ha perfezionato con un egualitarismo al ribasso un gran sogno della modernità: l'eguaglianza tra gli esseri umani.
Quella bottiglia da mezzo litro e quel patetico bicchiere stanno lì a qualificare, in funzione di ossimoro, una sede un tempo tanto augusta, se non proprio santa: la sede per antonomasia della trascendenza dall'umano.
Stanno lì, invece, come, identici, stanno sul tavolo dove si consuma, in un mondo di finti ricchi produttori principalmente se non esclusivamente di rifiuti, la volgare pausa pranzo di ogni supponente poveraccio che, inebetito, guarda alla TV Padre Lombardi commentare e spiegare l'abdicazione di un papa: un evento ben più raro della morte di un papa, già di suo, come si sa, proverbialmente rara.
Stanno lì, invece, come, identici, stanno sul tavolo dove si consuma, in un mondo di finti ricchi produttori principalmente se non esclusivamente di rifiuti, la volgare pausa pranzo di ogni supponente poveraccio che, inebetito, guarda alla TV Padre Lombardi commentare e spiegare l'abdicazione di un papa: un evento ben più raro della morte di un papa, già di suo, come si sa, proverbialmente rara.
7 febbraio 2013
Lingua loro (27): "Avere un impatto"
“Ho improvvisato il termine “salire in politica” ma questo ha avuto un impatto sul linguaggio“ ST #leinvasioni
— Mario Monti (@SenatoreMonti) 06 febbraio 2013
Frustolo esclusivamente documentario, il presente. Il momento priva di opportunità qualsiasi commento. Quanto a salire in politica come "il termine", dirne sarebbe qui pedantesco. Di "termine", gli usi sono interminati, anche tra gli specialisti e per affettazione. Saggio tacerne.
6 febbraio 2013
A frusto a frusto (41)
Ciò che più si ama, ciò cui più si tiene (forse perché nebulosa ratio d'un accidentale esserci stato) è l'esito di errori iterati, di incoercibili debolezze.
5 febbraio 2013
Linguistica da strapazzo (10): Asterisco
Quasi tutto il valore (e il sapore) della ricerca linguistica consiste nella capacità metodica di cogliere con precisa sottigliezza i modi sistematici con cui, smarcandosi dal non-marcato, il marcato sta temerariamente sospeso, per mera ipotetica differenza, sopra il baratro vertiginoso dell'impossibile.
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