Apollonio Discolo
Dell'espressione, in una lingua non comune
17 novembre 2024
Onomastica cinematografica (2): Anora
12 novembre 2024
Spettatore pagante (7): "Parthenope" di Paolo Sorrentino
8 novembre 2024
A frusto a frusto (139)
4 novembre 2024
Spettatore pagante (6): "Megalopolis" di Francis Ford Coppola
1 novembre 2024
Lingua loro (49): "Potente" e "potenza"
Ho cominciato a leggere Yoga [...] piano piano nella mia testa si è formata chiara l'idea che [...] stava riuscendo a spiegarmi qual è la caratteristica più potente di Otto e mezzo: la vitalità (200).
Questa volontà di stare bene è molto potente quando si vede Otto e mezzo, è molto potente quando si legge Yoga. E per quanto mi riguarda è molto potente anche dentro di me (202-3).
Bisogna dire, a questo punto, che Il Gattopardo e Otto e mezzo, insieme, rappresentano ancora altro, al di là di sé stessi. La potenza di questo momento, il fatto che due autori così importanti abbiano fatto due film così grandiosi contemporaneamente [...] e che quando sono usciti abbiano avuto un effetto devastante, potente [...] ecco, bisogna dire che questi due film rappresentano non so se il punto di alto, ma di sicuro il punto di arrivo di venti anni di grande potenza del cinema italiano nel mondo (211).
Questa potenza e questa specie di ultima esplosione, si manifesta soprattuto nei riconoscimenti ottenuti nei vari festival internazionali (211).
In Otto e mezzo c'è la fine della giovinezza (o la paura della fine della potenza) per un individuo e soprattutto per un artista (213).
Ma quella potenza produttiva non si vedrà più (213).
e in contrasto vede non solo la bellezza, ma la potenza ormai irresistibile di Angelica, e tutta questa potenza sta per culminare proprio di fronte a lui (244).
Ed ecco che l'autobiografismo di Visconti diventa potente oltre ogni sua volontà (245).
Quindi il contrasto tra la giovinezza potente, voluttuosa, e il vecchio che muore (245).
Angelica è assolutamente potente e desiderabile. Come dice Tomasi del quadro, al centro c'è la fine di don Fabrizio, ma in realtà il quadro è stato fatto per la potenza di Angelica (246).
sente il desiderio potentissimo che arriva dal profumo di questa ragazza e anche dalla potenza di questa ragazza (247).
Mentre il finale che vediamo noi [...] è una potente accettazione della vita (251).
si sentono parte di uno stesso mondo che è quel mondo che ha avuto quella potenza assoluta e che adesso, casomai, è meno potente e più in difficoltà (255).
30 ottobre 2024
Lingua nostra (14): "Ultimo" (e, sullo sfondo, come "Lingua loro", "estremo")
26 ottobre 2024
Spettatore pagante (5): "Iddu - L'ultimo padrino" di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza
18 ottobre 2024
Lingua loro (48): "Incassare"
11 ottobre 2024
Per il centoventottesimo anniversario di Roman Jakobson
7 ottobre 2024
Luchino Visconti, araldo di "quella che è..."
4 ottobre 2024
"Linguaggio", "significato", "noi" nella letteratura (divulgativa) delle Scienze: un esempio
29 settembre 2024
Linguistica candida (70): Storia e diacronia
Lingue ipotetiche, insomma, non documentate né documentabili: con buona pace della storia, che senza documenti (o monumenti) va notoriamente a ramengo. Eppure, la disciplina che se ne occupa, come si diceva, passa (quasi) universalmente per storica.
Sono i paradossi prodotti dalla leggerezza, se non dall'inconsapevolezza con cui capita usino le parole coloro che pretendono appunto di occuparsi scientificamente di parole (e di altro dell'espressione). Lo sospettò, ai suoi tempi, Ferdinand de Saussure.
Orbene: quando è questione di lingua, la prospettiva storica prende in considerazione e descrive, su base documentaria, quanto è accaduto: idealmente, a tappeto. Idealmente, perché pensare che tutto l'accaduto sia documentato sarebbe gigantesca illusione.
La prospettiva storica è invece giustamente refrattaria all'idea di sistema. Tutto vi è accidente, nel senso proprio: se accade ed è documentato è quanto basta perché se ne debba dare conto. Anche la determinazione di cause o effetti dell'accaduto, nella prospettiva storica, ha un senso sotto il segno di tale fondamentale accidentalità: una volta accertato, l'accidente è, come dato, la costante ed è insopprimibile; la sua (eventuale) spiegazione, causale o finale, la variabile.
Al contrario, per la prospettiva diacronica, il dato è un costrutto e si correla sempre a un sistema: senza tale correlazione, esso letteralmente svanisce. Il dato è in altre parole un rapporto, una dipendenza, una funzione e anche le sue cause e i suoi fini (se determinabili) sono parziali epifanie di un valore funzionale.
In altri termini, la cosiddetta linguistica storica è una filologia settorialmente orientata verso i fenomeni linguistici (e, ben fatta, ha un suo corso vigoroso e rispettabile). I filologi a tutto campo, come dovrebbero essere (ma talvolta non sono) gli storici, hanno però tenuto sempre in sospetto di incompletezza questa filologia specialistica, con qualche iattanza: un'ancella, infine, troppo formale ed esteriore per essere capace di cogliere la carnosa sostanza delle vicende umane. Insomma, una disciplina minore.
Un'oltre-filologia, insomma, capace di ponderare fatti e dati iuxta propria principia. Negli ultimi due secoli, di tanto in tanto, la si è vista baluginare, qui e là. E già questo consola.