"Aspettando il Salone internazionale del Libro di Torino: trent'anni e non sentirli": qualche giorno fa il portale di un importante istituto culturale nazionale ha intitolato così un articolo che annunciava l'evento adesso in corso.
Impossibile dire a chi, nella prosa gazzettiera, si debba il conio dell'espressione "X anni e non sentirli" per celebrare anniversari di personalità (o di personaggi) della scena pubblica e, conseguentemente, di iniziative, di istituti e di tutto il resto di cui possa farsi prosopopea.
Certo è invece che l'espressione è piaciuta a tanti. Oggi è un topos. La variabile X è da saturare con un aggettivo numerale cardinale. Non con uno qualsiasi, però. Con un numerale che, in riferimento all'esistenza della persona o della cosa celebrata, dica d'una durata, di una resistenza, di una permanenza rimarchevoli. La coordinazione dei due membri è solo formale. Il suo valore è avversativo-concessivo: 'son tanti ma...', 'malgrado siano tanti...'.
Nel caso sia adoperata per celebrare esseri umani, senza dirlo esplicitamente, l'espressione lascia dunque intendere di un arco della vita che, in funzione del tema del discorso, si trova nella sua ineluttabile fase discendente; lascia intendere che si tratta di tradizioni percepite o percepibili come vetuste, nel caso di istituti, di manifestazioni e dell'altro che esorbita dall'umano.
Nello spirito commerciale del tempo, è evidentemente questo il caso della fiera torinese. Al compimento del suo terzo decennio di esistenza, essa conta già tra le cose antiche.