21 marzo 2022

"Si definisce gattopardismo..."

"Si definisce gattopardismo l'atteggiamento di chi finge di sostenere le innovazioni, ponendosi in realtà l'obiettivo di mantenere lo statu quo e conservare i propri privilegi. La parola deriva dal titolo del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, «il [sic] Gattopardo» che a sua volta prende spunto dallo stemma della famiglia protagonista raffigurante questo felino. Le ragioni per le quali il sostantivo gattopardismo (come anche l'aggettivo gattopardesco) ha assunto tale significato risiedono nel comportamento del principe Fabrizio personaggio principale del romanzo, attento a mantenere inalterata la condizione agiata del proprio ceto, pur mostrando di appoggiare i cambiamenti politico-sociali in atto in Sicilia durante il Risorgimento italiano".
La fonte è autorevole. Parla in rete una casa editrice che da decenni fornisce solide opere di riferimento alla nazione italiana. È infatti l'account di Zanichelli editore (@Zanichelli_ed). Con un thread di tre tweet del 16 marzo 2022, regala questa perla di cultura a chi lo segue nella rete sociale. E, a partire da "Le ragioni per le quali...", con pretesa di fondamento filologico, procura per la famiglia lessicale una bella e chiara motivazione, se non si vuole dire l'etimo concettuale.
La sortita è accidentalmente passata sotto gli occhi di un Apollonio che ancora ne sorride. Lo fa meno il suo un dì pugnace alter ego, intento a progettare in proposito uno dei suoi interventi vanamente vindici, non si vuole dire della verità (quella, c'è umano che sa cosa sia?), ma appunto della molto più modesta filologia. Sbollita la rabbia, però, alzerà le spalle anche lui, lascerà perdere e tornerà alle sue letture, come don Ciccio Tumeo ai suoi cani e alla sua modesta vita di organista dell'oscura Donnafugata.
Qui non ci si scorda del motto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (se ne disse testimone il compianto Francesco Orlando): "Bisogna lasciare sempre gli altri nei loro errori". Soprattutto se si tratta di "altri" autorevoli, come @Zanichelli_ed (ci si permette di aggiungere). E poi lo si sa: Il Gattopardo è forse l'opera del Novecento letterario italiano di cui più si è detto e scritto senza averla mai letta e, in ogni caso, sul fondamento di luoghi comuni, oltre che vieti, velenosi. A più di sessanta anni dalla pubblicazione, eccone un lampante esempio.
"For the happy few", basterà allora segnalare soltanto (e tra il molto altro) che quasi sul principio del romanzo quel personaggio che il "comportamento" (ovviamente narrativo) mostrebbe "attento a mantenere inalterata la condizione agiata del proprio ceto" è moralmente descritto così: "il povero Principe Fabrizio viveva in perpetuo scontento pur sotto il cipiglio zeusiano e stava a contemplare la rovina del proprio ceto e del proprio patrimonio senza avere nessuna attività ed ancora minor voglia di porvi riparo".
 
[Sparse testimonianze di una sempre lieta costanza, in vecchi interventi, talvolta con protagonisti inattesi: qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui.]

17 marzo 2022

Indirizzi di metodo, per giovani che non ne necessitano (31): Emozioni e argomenti

 
 
Malgrado oggi ci sia chi pensa il contrario e ne fa gran pratica comunicativa, un'emozione non è un argomento. Ancor meno lo è fare palese al mondo, senza verecondia, di avere un'emozione, di provarla. Ancora peggio è mascherarla da argomento, con tipico vezzo intellettuale, e venderla sul mercato delle idee. Quanto alle cose sulle quali si hanno emozioni e non argomenti vale sempre meglio tacere. Rigorosamente.

4 marzo 2022

Sulla fibra del ceto accademico

Con il necessario distacco, Apollonio condivide con il suo alter ego e trascina quindi con sé il bagaglio di quasi mezzo secolo di vita nell'università. Di più di mezzo secolo, se si includono gli anni da studente dell'alter ego, validi a pieno titolo come esperienza pertinente.
Due tratti caratterizzavano un tempo le figure migliori del ceto accademico (si precisa, a scanso di equivoci: le figure migliori, poche come sempre, certamente, ma radicate e persistenti). Erano  un tenace rigore e una scabra e disincantata sprezzatura, in necessaria combinazione.
La combinazione era in apparenza bizzarra, ma, a ben riflettere, provvida. Senza sprezzatura, il rigore sarebbe stato in effetti fanatica pedanteria. Senza rigore, la sprezzatura sarebbe stata indifferenza teoretica. 
L'insieme pareva talvolta produrre una superbia cinica e amorale, ma l'acuta consapevolezza critica di quelle figure, senza darlo troppo a vedere, smascherava ipocrisie, sciocchezze e ciarlatanerie. Non c'è ricerca autentica che non sia zetetica e che non germogli da una scepsi radicale. Ma si sa che non è da tutti e da tutte intenderlo: una fede, qualunque fede è sempre stata la via più facile.
Oggi, l'università non è più l'ambiente adatto per figure siffatte. Lo è per altre e Apollonio non ha cuore né penna per illustrarne appunto la fibra diversa. Ancor meno ne ha il suo alter ego, che alla lettura di questo frustolo sorride sconsolato.