"Si definisce gattopardismo l'atteggiamento di chi finge di sostenere le innovazioni, ponendosi in realtà l'obiettivo di mantenere lo statu quo e conservare i propri privilegi. La parola deriva dal titolo del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, «il [sic] Gattopardo» che a sua volta prende spunto dallo stemma della famiglia protagonista raffigurante questo felino. Le ragioni per le quali il sostantivo gattopardismo (come anche l'aggettivo gattopardesco) ha assunto tale significato risiedono nel comportamento del principe Fabrizio personaggio principale del romanzo, attento a mantenere inalterata la condizione agiata del proprio ceto, pur mostrando di appoggiare i cambiamenti politico-sociali in atto in Sicilia durante il Risorgimento italiano".
La fonte è autorevole. Parla in rete una casa editrice che da decenni fornisce solide opere di riferimento alla nazione italiana. È infatti l'account di Zanichelli editore (@Zanichelli_ed). Con un thread di tre tweet del 16 marzo 2022, regala questa perla di cultura a chi lo segue nella rete sociale. E, a partire da "Le ragioni per le quali...", con pretesa di fondamento filologico, procura per la famiglia lessicale una bella e chiara motivazione, se non si vuole dire l'etimo concettuale.
La sortita è accidentalmente passata sotto gli occhi di un Apollonio che ancora ne sorride. Lo fa meno il suo un dì pugnace alter ego, intento a progettare in proposito uno dei suoi interventi vanamente vindici, non si vuole dire della verità (quella, c'è umano che sa cosa sia?), ma appunto della molto più modesta filologia. Sbollita la rabbia, però, alzerà le spalle anche lui, lascerà perdere e tornerà alle sue letture, come don Ciccio Tumeo ai suoi cani e alla sua modesta vita di organista dell'oscura Donnafugata.
Qui non ci si scorda del motto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (se ne disse testimone il compianto Francesco Orlando): "Bisogna lasciare sempre gli altri nei loro errori". Soprattutto se si tratta di "altri" autorevoli, come @Zanichelli_ed (ci si permette di aggiungere). E poi lo si sa: Il Gattopardo è forse l'opera del Novecento letterario italiano di cui più si è detto e scritto senza averla mai letta e, in ogni caso, sul fondamento di luoghi comuni, oltre che vieti, velenosi. A più di sessanta anni dalla pubblicazione, eccone un lampante esempio.
"For the happy few", basterà allora segnalare soltanto (e tra il molto
altro) che quasi sul
principio del romanzo quel personaggio che il "comportamento" (ovviamente
narrativo) mostrebbe "attento a mantenere inalterata la condizione
agiata del proprio ceto" è moralmente descritto così: "il povero Principe Fabrizio viveva in perpetuo
scontento pur sotto il cipiglio zeusiano e stava a contemplare la rovina
del proprio ceto e del proprio patrimonio senza avere nessuna attività
ed ancora minor voglia di porvi riparo".
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